TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, 17 dicembre 2014, n. 1419

Dottorato di ricerca-Criteri erogazione borsa di studio-Giurisdizione giudice ammnistrativo

Data Documento: 2014-12-17
Area: Giurisprudenza
Massima

In materia di aiuti economici allo studio universitario accordati dalla p.a., fra i quali all’evidenza rientra la borsa di studio, è ben noto il criterio generale di riparto: ricorre un diritto soggettivo, la cui tutela spetta all’A.G.O. allorquando l’aiuto è riconosciuto in via diretta dalla legge e alla p.a. spetta soltanto il controllo in ordine alla effettiva sussistenza dei presupposti indicati dalla legge stessa ; ricorre invece un interesse legittimo, la cui tutela spetta al Giudice amministrativo, se la legge attribuisce alla p.a. il potere di accordare l’aiuto stesso, previa valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati coinvolti e previo apprezzamento discrezionale in ordine alla concessione, nonché all’entità e alle modalità di sua erogazione (ex multis, Cassazione, Sezione Unite,  20 febbraio 2007 n° 3848).
 
In tema di erogazione della borsa di dottorato, sussiste la giurisdizione del Giudice amministrativo essendo in questione il corretto esercizio di un potere autoritativo di valutazione del “merito comparativo” dei candidati.
 

Contenuto sentenza

N. 01419/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00918/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 918 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
[#OMISSIS#] Felleti, rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] Romano, con domicilio eletto presso T.A.R. Segreteria in Brescia, Via [#OMISSIS#] Zima, 3; 
contro
Universita’ degli Studi di Bergamo, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliata in Brescia, Via S. [#OMISSIS#], 6; 
per
( A – ricorso principale)
l’annullamento, previa sospensione,
della nota 28 giugno 2013 prot. n°15439/IV/9, comunicata il successivo 3 luglio, con il quale il Responsabile dei servizi amministrativi generali e della gestione delle procedure concorsuali e selezioni presso l’Università di Bergamo ha sospeso l’erogazione della borsa di dottorato afferente il dottorato di ricerca in diritto pubblico e tributario nella dimensione europea al quale è stata ammessa [#OMISSIS#] Felleti;
di ogni altro atto antecedente o successivo, presupposto, connesso, collegato o consequenziale;
( B – ricorso per motivi aggiunti, depositato il 19 dicembre 2013)
nonché l’annullamento
della nota 4 ottobre 2013 prot. n°22928/IV/9, comunicata il successivo 23 ottobre, con la quale il Responsabile dei servizi amministrativi generali e della gestione delle procedure concorsuali e selezioni presso l’Università di Bergamo ha richiesto a [#OMISSIS#] Felleti di fornire il proprio indicatore della situazione patrimoniale equivalente al fine di erogare la borsa di dottorato afferente il dottorato di ricerca in diritto pubblico e tributario nella dimensione europea cui la stessa è stata ammessa;
di ogni altro atto, anche endoprocedimentale, antecedente o successivo, presupposto, connesso, collegato o consequenziale, ancorché non conosciuto;
nonché in ogni caso la condanna
dell’amministrazione intimata alla erogazione della predetta borsa di studio;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Universita’ degli Studi di Bergamo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 novembre 2014 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
[#OMISSIS#] Felleti, odierna ricorrente, dipendente dell’Amministrazione degli archivi notarili presso il Ministero della giustizia (fatto pacifico in causa), è stata ammessa al corso di dottorato di ricerca in “diritto pubblico e tributario nella dimensione europea” ed è risultata assegnataria della relativa borsa di dottorato, essendo risultata prima nella graduatoria formata all’esito della selezione indetta con il bando di cui al decreto del Rettore dell’Università degli studi di Bergamo 6 giugno 2012 prot. n°11322/IV/9 (doc. 2 ricorrente, copia bando; doc. 3 ricorrente, copia graduatoria; doc. 4 ricorrente, copia decreto di ammissione al corso e assegnazione borsa).
In ragione della sua qualifica di dipendente pubblico, [#OMISSIS#] Felleti veniva quindi richiesta dall’amministrazione, per poter frequentare il corso in base all’art. 10 comma 9 del relativo regolamento di ateneo (doc. 5 ricorrente, copia di esso, p. 5), di farsi collocare in congedo straordinario, ovvero di trasformare il proprio rapporto di lavoro da tempo pieno in tempo parziale, e nell’impossibilità di percorrere la prima alternativa, optava per la seconda (doc. ti 6 e 7 ricorrente, copia corrispondenza in merito) e presentava quindi il 10 dicembre 2012 la domanda di immatricolazione (doc. 8 ricorrente, copia di essa), ottenendo pochi giorni dopo il citato contratto a tempo parziale (doc. 12 ricorrente, copia di esso); iniziava quindi il corso il 1 aprile 2013 (fatto non contestato).
Avendo provveduto ad inviare tutta la documentazione necessaria, ma non avendo sino a quel momento percepito alcun rateo della borsa di dottorato, oltretutto necessaria alle proprie esigenze di vita normale, dato il modesto stipendio corrispondente al rapporto a tempo parziale, [#OMISSIS#] Felleti presentava quindi in data 11 giugno 2013 un sollecito in merito (doc. 15 ricorrente, copia di esso; il reddito da lavoro percetto all’epoca dalla ricorrente, pari a circa 860 euro mensili, è non contestato; risulta comunque dalle copie dei cedolini prodotti sub 27).
In risposta, [#OMISSIS#] Felleti riceveva la nota 28 giugno 2013 prot. n°15439/IV/9 meglio indicata in epigrafe, la quale le comunica che “essendo la materia interessata da un ricorso presentato al TAR Lombardia Sez. Brescia, che dovrebbe definirsi in tempi rapidi, resta sospesa l’erogazione della borsa di studio in attesa di acquisire elementi utili a comprendere la compatibilità dell’erogazione della stessa con la posizione di titolare di reddito da lavoro” (doc. 1 ricorrente, copia nota citata). Precisamente, si tratta del ricorso n°228/2013 R.G. presentato da [#OMISSIS#] Josefina [#OMISSIS#], seconda classificata nella stessa graduatoria della ricorrente e anch’essa assegnataria di borsa di dottorato, ricorso però volto inizialmente ad impugnare non la mancata concessione della borsa, ma il diniego di immatricolazione al corso stesso; la relativa domanda cautelare era stata rinunciata alla camera di consiglio del 3 luglio 2013 stante l’immatricolazione poi concessa in via di autotutela; successivamente il ricorso era stato integrato da motivi aggiunti, depositati il 18 maggio 2013 volti a contestare, come nella presente causa, il mancato pagamento della borsa stessa; per la relativa seconda domanda cautelare, chiamata alla camera di consiglio dello stesso 3 luglio 2013, era stato chiesto un rinvio; in esito alla camera di consiglio del 4 dicembre 2013 così fissata, la domanda stessa, era stata accolta nel senso di una sollecita fissazione, alla data odierna, della udienza di merito..
Avverso il suindicato provvedimento di sospensione, [#OMISSIS#] Felleti ha quindi proposto il ricorso principale, articolato nei seguenti tre motivi:
– con il primo di essi, deduce violazione degli artt. 21 quinquies e 3 della l. 7 agosto 1990 n°241, in quanto a suo dire la sospensione sarebbe stata disposta al di fuori dei casi previsti dalla legge. Non costituirebbe infatti grave motivo la pendenza del ricorso presentato da [#OMISSIS#] Josefina [#OMISSIS#], che è relativo alla posizione di un terzo e non sarebbe suscettibile, contrariamente a quanto affermato, di esser definito in tempi certi
– con il secondo motivo, deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 34 Cost., dell’art. 12 della l. 241/1990, nonché della l. 3 luglio 1998 n°210, del D.M. 30 aprile 1999 n°224, della l. 2 dicembre 1991 n°390, del D.P.C.M. 30 aprile 1997, del D.M. 9 aprile 2001 e del d. lgs. 29 marzo 2012 n°68, ovvero della complessiva normativa che disciplina l’assegnazione degli ausili economici agli studenti. La ricorrente premette in fatto che l’amministrazione intimata avrebbe sospeso l’erogazione della borsa a seguito di un parere reso dalla Avvocatura di Stato, secondo la quale la corresponsione della borsa di dottorato sarebbe subordinata al mancato superamento di dati limiti massimi di reddito, così come definiti dall’Indicatore di situazione economica equivalente universitario – ISEEU e dall’Indicatore di situazione patrimoniale economica equivalente universitario – ISPEEU, e quindi, in sostanza, riservata a dottorandi indigenti, al pari di qualunque altra borsa di studio. Ciò posto, la ricorrente contesta tale tesi, ritenendo che la borsa di dottorato non sia riconducibile al generale istituto delle borse di studio, ma vada attribuita a prescindere dal reddito personale ovvero familiare dell’interessato, unicamente “previa valutazione comparativa del merito” e secondo l’ordine di graduatoria, così come del resto previsto dal bando in questione (doc. 2 ricorrente, cit. art. 8 lettera A);
– con il terzo motivo, deduce infine eccesso di potere per disparità di trattamento, in quanto a suo dire solo nel caso suo e della sua collega di graduatoria [#OMISSIS#] l’Università avrebbe subordinato l’erogazione della borsa all’accertamento del rispetto dei parametri ISEEU e ISPEEU, mentre a tutti gli altri ammessi, anche negli anni precedenti, a tutti i vari corsi di dottorato non sarebbe stato chiesto di documentare alcunché e sarebbe stata pagata la borsa senza riguardo agli altri redditi percepiti.
Resiste l’amministrazione intimata, con memoria 15 novembre 2013, in cui:
– in via preliminare, eccepisce il difetto di giurisdizione in favore della Autorità giudiziaria ordinaria – AGO, per essere a suo avviso la causa relativa al diritto soggettivo a percepire una borsa di studio, di cui la borsa di dottorato sarebbe un esempio;
– nel merito, chiede che il ricorso sia respinto, sostenendo la tesi del proprio parere sopra esposta.
Con memorie 15 novembre e 16 novembre 2013, la ricorrente ha illustrato la propria copiosa produzione documentale, volta a provare quanto dedotto nel terzo motivo; ha poi replicato all’eccezione di difetto di giurisdizione osservando come, a suo avviso, si sia in presenza di un potere discrezionale di attribuire la borsa di dottorato previo apprezzamento del merito.
Con ordinanza 5 dicembre 2013 n°611, la Sezione ha accolto la domanda cautelare ai soli fini di una sollecita definizione del merito, disponendo nelle more istruttoria nei confronti dell’Università, per stabilire quali fossero nei dettagli i criteri riferiti all’ISEEU ovvero ISPEEU presupposti dal provvedimento impugnato, se e quali provvedimenti generali fossero stati adottati dall’Università per ragguagliare la percezione della borsa di dottorato alla situazione economica dell’avente titolo, nonché se e in quali altri casi della prassi si fosse fatta applicazione di tali criteri o di criteri consimili.
Nelle more, [#OMISSIS#] Felleti ha impugnato con motivi aggiunti la nota 4 ottobre 2013 prot. n°22928/IV/9, pure meglio indicata in epigrafe, nella quale viene richiesta di indicare, per poter eventualmente ricevere la borsa, i propri parametri ISPEEU (doc. 28 ricorrente, copia di essa), e a sostegno ha dedotto cinque motivi:
– con il primo di essi, deduce violazione dell’art. 3 della l. 241/1990, perché a suo dire il provvedimento rappresenterebbe una illegittima motivazione postuma del provvedimento già impugnato con il ricorso principale;
– con il secondo motivo, ripropone in buona sostanza i contenuti del secondo motivo di ricorso principale;
– con il terzo motivo, parimenti, ripropone i contenuti del terzo motivo di ricorso principale;
– con il quarto motivo, deduce eccesso di potere per contraddittorietà con i precedenti atti del procedimento, in cui mai sarebbe stato chiesto di documentare il proprio reddito o patrimonio;
– con il quinto motivo, deduce infine ulteriore violazione dell’art. 1 2 l. 241/1990, per non esser stato predeterminato il criterio di erogazione della borsa.
Con memoria 29 novembre 2013, la ricorrente ha ancora insistito sulle proprie presunte ragioni, allegando fra l’altro ampi stralci dei lavori preparatori della l. 210/1998, che a suo dire avrebbe inteso disporre la possibilità di cumulare la borsa di dottorato con il reddito da lavoro proprio per rimediare alle carenze del precedente regime, ispirato alla regola opposta, in cui l’istituto aveva fatto registrare molti abbandoni proprio perché poco appetibile economicamente.
Nelle more, l’Università ha depositato il 28 gennaio 2014 la relazione richiesta.
Con memoria finale 3 ottobre 2014, l’Amministrazione ha eccepito la improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso per motivi aggiunti, per avere la ricorrente consegnato il documento richiestole; ha poi ribadito tutte le precedenti difese, e così ha fatto la ricorrente con memoria 25 ottobre e replica 4 novembre 2014, precisando di avere effettivamente consegnato il documento, ma di avere sempre interesse all’annullamento dell’atto di richiesta.
La Sezione, all’udienza del giorno 26 novembre 2014, fissata così come sopra, tratteneva infine il ricorso in decisione.
DIRITTO
1. In ordine logico, va scrutinata per prima l’eccezione preliminare di difetto di giurisdizione, dedotta dalla difesa erariale nei termini di cui in epigrafe.
2. In materia di aiuti economici accordati dalla p.a., fra i quali all’evidenza rientra la borsa di studio per la quale è causa, è ben noto il criterio generale di riparto. Ricorre un diritto soggettivo, la cui tutela spetta all’A.G.O. allorquando l’aiuto è riconosciuto in via diretta dalla legge e alla p.a. è spetta soltanto il controllo in ordine alla effettiva sussistenza dei presupposti indicati dalla legge stessa ; ricorre invece un interesse legittimo, la cui tutela spetta al Giudice amministrativo, se la legge attribuisce alla p.a. il potere di accordare l’aiuto stesso previa valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati coinvolti e previo apprezzamento discrezionale in ordine alla concessione, nonché all’entità e alle modalità di sua erogazione: così precisamente, fra le molte, Cass. S.U. 20 febbraio 2007 n°3848; lo stesso criterio, peraltro, è implicitamente sotteso dalla recente C.d.S. a.p. 29 gennaio 2014 n°6.
3. Nel caso di specie, pertanto, la giurisdizione spetterebbe a questo Giudice se la borsa di dottorato, così come sostiene la ricorrente, fosse attribuita per ciò solo allo studente ammesso al corso, perché in tal caso rappresenterebbe una delle conseguenze della sua valutazione, all’evidenza discrezionale, come studente idoneo; spetterebbe al Giudice ordinario se invece, così come sostiene la difesa erariale, la borsa di studio spettasse, fra gli studenti ammessi, solo a coloro i quali presentassero una data situazione reddituale: l’attribuzione della borsa sarebbe in tal caso sganciata da ogni discrezionalità.
4. Questo Giudice ritiene, lo si anticipa, che soluzione corretta sia la prima, e quindi ritiene la propria giurisdizione; le ragioni per cui ciò afferma, peraltro, sono inscindibili dalla valutazione del merito, e pertanto verranno esposte di seguito, nell’ambito della relativa trattazione.
5. Nell’ordine, va quindi scrutinata, e risulta fondata, l’altra eccezione preliminare, quella di improcedibilità del ricorso principale per sopravvenuta carenza di interesse pure proposta, come in narrativa, dalla difesa erariale. In proposito, è sufficiente riassumere in termini semplici il contenuto dei due provvedimenti in discussione. Il primo, impugnato col ricorso principale, sospende il pagamento della borsa, afferma quindi, in buona sostanza, che l’amministrazione ignora se la borsa sia dovuta o no, e nel dubbio, in attesa di chiarimenti, preferisce non pagarla (doc. 1 ricorrente, cit.).
6. Il secondo provvedimento, impugnato con i motivi aggiunti, appartiene ad una fase successiva anche in termini logici: l’amministrazione ha superato il proprio dubbio, ritiene che la borsa sia dovuta solo a certe condizioni, e chiede all’interessata di documentarle (doc. 28 ricorrente, cit.). In tali termini è evidente che, intervenuto questo secondo provvedimento, più nessuna utilità la ricorrente potrebbe ricavare dall’annullamento del primo, che come si è detto descrive una situazione ormai superata in via definitiva.
7. Sempre seguendo l’ordine logico, va ancora scrutinata, e risulta stavolta infondata, l’ulteriore eccezione di improcedibilità del ricorso per motivi aggiunti, pure dedotta dalla difesa erariale argomentando dal fatto, di per sé non controverso, per cui la ricorrente avrebbe spontaneamente consegnato la documentazione attinente i propri parametri ISPEEU richiesta dalla nota impugnata.
8. In proposito, è necessaria una precisazione. E’ vero che alla lettera la nota 4 ottobre 2013 per cui è causa si limita a chiedere “che la S.V. fornisca il suo indicatore della situazione patrimoniale equivalente, secondo quanto previsto dal d. lgs. 68/2012” (doc. 28 ricorrente, cit.). Tale contenuto va però letto nel contesto: la nota stessa all’oggetto si qualifica come concernente la risposta alla istanza di pagamento della borsa; in chiusura del testo spiega poi che l’indicatore viene richiesto poiché, come ritenuto dall’amministrazione, la borsa stessa può essere pagata ai soli studenti privi di mezzi.
9. In tali termini, è del tutto chiaro che il provvedimento stesso esprime un contenuto implicito, ma inequivoco, di diniego di corresponsione di quanto richiesto a chi, come la ricorrente, non rientri nella categoria dei bisognosi. Di fronte a tale contenuto consegnare la documentazione richiesta, anche senza cautele o riserve, non esprime di per sé nessuna acquiescenza, ravvisabile come è noto solo a fronte di comportamenti univoci in tal senso: per tutte, di recente C.d.S. sez. IV 25 settembre 2014 n°4825.
10. Ciò posto, e venendo al merito, il primo motivo di ricorso per motivi aggiunti, secondo il quale la nota impugnata rappresenterebbe una motivazione postuma, come tale non ammissibile, è infondato. Si è già riassunto il significato dei due provvedimenti che si sono susseguiti nella vicenda in esame: in un primo momento, l’amministrazione dubita della possibilità di pagare e quindi, in buona sostanza, motiva con l’impossibilità, allo stato, di dare una motivazione, in un senso o nell’altro. Successivamente, l’amministrazione stessa supera il dubbio, e della soluzione scelta dà una motivazione che certo non è postuma, perché rappresenta l’esito ultimo del proprio percorso logico, esito che nella presente sede è posto in discussione.
11. A tale proposito, risulta invece fondato ed assorbente il secondo motivo, fondato sull’illegittimità del diniego. A fini di chiarezza, va riassunta, per quanto rilevante, l’attuale disciplina degli aiuti economici allo studio universitario, in base alla quale risulta più agevole comprendere le tesi contrapposte delle parti, cui s’è già accennato trattando di giurisdizione.
12. Norma fondamentale in materia è, come noto, l’art. 34 comma 3 della Costituzione, per cui “I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. In dichiarata attuazione di tale precetto, è stata quindi emanata, e rimane di fatto in vigore per le ragioni che si diranno, la l. 2 dicembre 1991 n°390, recante “Norme sul diritto agli studi universitari”, la quale, per quanto qui rileva, prevede all’art. 8 che le Regioni, eventualmente anche assegnando i fondi alle Università, “determinano la quota dei fondi destinati agli interventi per il diritto agli studi universitari, da devolvere annualmente all’erogazione di borse di studio per gli studenti iscritti ai corsi di diploma e di laurea nel rispetto dei requisiti minimi stabiliti ai sensi dell’articolo 4 e secondo le procedure selettive di cui all’articolo 7, comma 1, lettera c)”, ovvero con procedure selettive che tengano conto, con trattamento uniforme, del reddito degli interessati.
13. In attuazione della norma di legge citata, sono stati emanati il D.P.C.M. 30 aprile 1997, recante appunto “Uniformità di trattamento sul diritto agli studi universitari, ai sensi dell’art. 4 della l. 2 dicembre 1991, n°390”, e il D.P.C.M. 9 aprile 2001, di identico contenuto e rubrica quasi uguale, i quali prevedono, sempre per quanto qui interessa, l’erogazione di borse di studio a studenti capaci e meritevoli, ma privi di mezzi, requisito quest’ultimo da apprezzare “sulla base della natura e dell’ammontare del reddito, della situazione patrimoniale e dell’ampiezza del nucleo familiare” (art. 3 D.P.C.M. 30 aprile 1997) e in definitiva sulla base dell’ISEE (art. 5 D.P.C.M. 9 aprile 2001).
14. Si ricorda poi per completezza che il recente d. lgs. 29 marzo 2012 n°68, all’art. 24 ,ha abrogato la l. 390/1990; ha poi nuovamente previsto all’art. 7 in via generale l’istituto della borsa di studio da attribuire in via concorsuale agli studenti capaci e meritevoli, ma privi di mezzi, in termini identici a quanto previsto dalla legge abrogata e descritto sopra; allo stesso art. 7 ha però demandato la propria attuazione a successivi regolamenti allo stato non emanati, lasciando quindi la materia ancora soggetta alle norme, pure sopra descritte, fondate appunto ancora sulla l. 390/1991.
15. La borsa di dottorato, per parte sua, è disciplinata da norme formalmente distinte, ovvero dall’art. 4 della l. 3 luglio 1998 n°210, che demanda al comma 5 ad appositi decreti del Rettore di stabilire “il numero e l’ammontare delle borse di studio da assegnare e dei contratti di apprendistato di cui all’articolo 50 del decreto legislativo 10 settembre 2003 n°276, e successive modificazioni, da stipulare, previa valutazione comparativa del merito”, precisa allo stesso comma che “In caso di parità di merito prevarrà la valutazione della situazione economica determinata” e al comma 3 che a tali borse “si applicano le disposizioni di cui all’articolo 6, commi 6 e 7, della legge 30 novembre 1989 n°398”, ovvero, in sintesi, l’esenzione fiscale e la possibilità, per il beneficiario dipendente pubblico, di collocarsi in aspettativa non retribuita.
16. Completa il quadro l’art. 7 del regolamento attuativo, D.M. 30 aprile 1999 n°224, che per le borse in questione ribadisce la competenza dell’Università ed il criterio della “valutazione comparativa del merito… secondo l’ordine definito nella relativa graduatoria”, soggiungendo che solo “a parità di merito prevale la valutazione della situazione economica determinata”.
17. A fronte del descritto quadro normativo, la tesi dell’Università, sostenuta dalla difesa erariale, è che la borsa di dottorato rappresenterebbe pur sempre una specie particolare dell’ampio genere delle borse di studio di cui alla l. 390/1991, e quindi per fruirne si dovrebbe soddisfare un duplice ordine di requisiti. In primo luogo, si dovrebbe riuscire, come è ovvio, vincitori del concorso per il dottorato, collocandosi in una posizione di graduatoria cui viene riconosciuta la possibilità di fruire della borsa. In secondo luogo, occorrerebbe dimostrare in concreto di rientrare nei parametri ISEE fissati ai sensi della l. 390/1991, ovvero di essere uno studente privo di mezzi.
18. Opposta è la tesi della ricorrente, secondo la quale la borsa di dottorato sarebbe un istituto a sé stante, fruibile dal vincitore del relativo concorso a prescindere dalla propria preesistente situazione economica.
19. Il Collegio ritiene, per le ragioni che seguono, che corretta sia la seconda tesi, della non soggezione della borsa di dottorato ai requisiti di situazione economica previsti in generale per le borse di studio, e ciò per ragioni sia letterali sia sistematiche.
20. In primo luogo, non va condivisa la tesi dell’Avvocatura, per cui il citato comma 3 dell’art. 34 Cost. vieterebbe a priori qualsiasi aiuto economico a studenti capaci e meritevoli, che non fossero ad un tempo privi di mezzi. In proposito, si nota subito che la norma riconosce il diritto all’istruzione superiore anzitutto ai “capaci e meritevoli”, quindi senza ulteriori qualificazioni, aggiunge poi come precisazione che il diritto a costoro spetta “anche”, e quindi non “solo”, se privi di mezzi economici; consente quindi provvidenze volte ad incentivare il merito in quanto tale. Si osserva che ciò risponde anche per il senso comune all’interesse pubblico, non essendo certo impossibile che soggetti intellettualmente dotati e non bisognosi preferiscano, ad una valorizzazione accademica del proprio talento, altre strade che portano a più immediati guadagni.
21. In secondo luogo, va nel senso visto anche quanto emerge da una attenta lettura delle norme regolamentari sopra citate, relative alle borse di studio in generale: tanto il D.P.C.M. 30 aprile 1997 all’art. 10 quanto il D.P.C.M. 9 aprile 2001 al’art. 12 prevedono che le Università, a fianco delle borse erogate dalle Regioni, possano prevederne di proprie, e in proposito distinguono due categorie: le già note borse destinate a “coprire i costi di mantenimento agli studi degli studenti capaci e meritevoli privi di mezzi” nonché “altre borse di studio con specifiche e diverse finalità rispetto a quelle indicate al comma 1, anche con l’obiettivo di premiare studenti particolarmente meritevoli”; consentono quindi, in una frase, di premiare il merito a prescindere dal bisogno.
22. Sull’altro versante, la normativa in tema di borse di dottorato è anzitutto costruita come un sistema in sé concluso, che non si presta ad integrazioni da parte della disciplina generale. In tal senso è la formula già riportata, propria della legge e ripetuta dal regolamento, per cui la borsa di dottorato si attribuisce “previa valutazione comparativa del merito” e solo a parità di merito guardando la situazione economica.
23. In secondo luogo, l’art. 4 comma 5 citato prevede che, in alternativa alla borsa di studio, il dottorato di ricerca possa essere sostenuto con la stipulazione di uno speciale contratto di apprendistato: è inusuale, se pure non teoricamente impossibile, che un contratto di lavoro venga assegnato in base ad un apprezzamento della situazione economica.
24. In terzo luogo, lo stesso art. 4, come si è detto, richiama “le disposizioni di cui all’articolo 6, commi 6 e 7, della legge 30 novembre 1989 n°398”, ovvero la legge generale sulle borse di studio universitarie. Di detto articolo 6, richiama però, come si è visto, i soli commi concernenti il regime fiscale e l’aspettativa dei pubblici dipendenti, non già il comma 4, in tema di determinazione, con decreti applicativi, dei “limiti e … natura del reddito personale complessivo” richiesti “per poterne usufruire”. Ragionevole quindi ritenere che l’esclusione sia voluta, anche alla luce dell’argomento storico sistematico di cui subito.
25. La difesa della ricorrente ha infatti prodotto ampi estratti dei lavori parlamentari concernenti la l. 210/1998, in cui si disse in modo espresso che le borse di dottorato si volevano attribuite solo in base a criteri di merito: nel relativo dibattito, si spiegò che si intendeva rimediare, per quanto possibile, al sistema precedente, in cui le borse di dottorato stesse, di importo oltretutto modesto, non potevano essere fruite da chi fosse già titolare di un minimo reddito.
26. Ciò aveva portato all’insuccesso dell’istituto, con molti abbandoni di dottorati già iniziati, e quindi con un pregiudizio all’interesse pubblico allo sviluppo della ricerca scientifica (doc. ti 52 – 54 ricorrente, estratto atti parlamentari). E’ del resto di immediata comprensione che un dottorato, indirizzato per sua natura a soggetti che per età dovrebbero essere economicamente indipendenti, risulta più attraente se consente di introitare un sufficiente incentivo economico in aggiunta a quanto già si guadagna, come del resto avvenuto fin da ora nella prassi seguita dall’Università di Bergamo (il dato storico è incontestato in causa).
27. Quanto sin qui esposto vale a dimostrare che il rispetto dei parametri ISEE o equivalenti non è imposto dalla legge per fruire della borsa di dottorato; ai fini di causa, è però necessaria una considerazione ulteriore. La difesa erariale ha infatti sostenuto (v. ad esempio memoria 15 novembre 2013 p. 7 § c) che tali parametri si applicherebbero ugualmente al caso di specie in virtù di una previsione in tal senso del bando, che in tale ordine di idee si fonderebbe sul citato art. 4 comma 5 della l. 210/1998, che attribuisce all’Università uno spazio di autonomia per determinare con propri regolamenti, decreti del Rettore, il regime della borsa.
28. L’assunto, peraltro, nel caso di specie è infondato in fatto. In primo luogo (v. relazione 28 gennaio 2014), l’Università, espressamente richiesta dal Collegio di dare chiarimenti sul punto, ha confermato di non avere adottato “nessun provvedimento generale” per correlare il pagamento della borsa di dottorato alla situazione economica dell’avente diritto. In secondo luogo, il bando (doc. 2 ricorrente, cit.) contiene due previsioni di borsa di studio ben distinte: all’art. 8 lettera a), la borsa di dottorato di che trattasi, da attribuire “previa valutazione comparativa del merito”, con formula che riproduce quella normativa sopra illustrata; allo stesso art. 8 lettera b) invece la “borsa di studio ex legge 3910/91”, da attribuire, come pure già spiegato, in base alla situazione economica.
29. Tale previsione del bando, secondo [#OMISSIS#] giurisprudenza, va interpretata secondo buona fede, ovvero nei soli significati chiaramente desumibili dai vocaboli usati- così C.d.S. sez. V 17 giugno 2014 n°3093- e secondo quanto il destinatario può secondo ragione intendere – come ritenuto da C.d.S. sez. III 2 settembre 2013 n°4364 e sez. V 16 gennaio 2013 n°238, del resto in conformità col principio di buon andamento, che mal s’accorda con atteggiamenti poco chiari dell’amministrazione. Di conseguenza, non può non intendersi nel senso di una distinzione fra i due tipi di aiuto.
30. A tale conclusione porta poi, come accennato, anche la [#OMISSIS#] prassi dell’Università, cui si è accennato, che è stata documentata dalla ricorrente (doc. 51 ricorrente, notizie in merito ai vari corsisti) e non contestata dalla difesa erariale, per cui mai in precedenza la borsa di dottorato era stata ragguagliata alla situazione economica.
31. Il secondo motivo di ricorso va quindi accolto, e riveste carattere assorbente, dato che porta come conseguenza che la borsa sia dovuta, e ciò rappresenta l’intero bene della vita di cui la ricorrente ha chiesto tutela. Sono però necessarie due precisazioni.
32. In primo luogo, quanto fin qui esposto dimostra e giustifica l’affermazione di cui al precedente § 4, nel senso della giurisdizione di questo Giudice, dato che è in questione il corretto esercizio di un potere autoritativo di valutazione del “merito comparativo” dei candidati.
33. In secondo luogo, la corresponsione della borsa è effetto conformativo dell’annullamento della nota di cui al dispositivo, e quindi non richiede una distinta statuizione di condanna: in tal senso, la domanda proposta dalla ricorrente va riqualificata come precisazione degli effetti auspicati della domanda di annullamento.
34. La novità e particolarità della questione, sulla quale non constano precedenti editi negli esatti termini, è giusto motivo per compensare le spese.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:
a) dichiara improcedibile il ricorso principale;
b) accoglie il ricorso per motivi aggiunti, e per l’effetto annulla la nota 4 ottobre 2013 prot. n°22928/IV/9 del Responsabile dei servizi amministrativi generali e della gestione delle procedure concorsuali e selezioni presso l’Università di Bergamo;
c) compensa per intero fra le parti le spese del presente giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 26 novembre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Angelo De Zotti, Presidente
[#OMISSIS#] Mosconi, Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/12/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)