TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 30 aprile 2018, n. 1153

Procedura concorsuale posto ricercatore-Chiamata-Designazione componenti commissioni esaminatrici

Data Documento: 2018-04-30
Area: Giurisprudenza
Massima

La legge 30 dicembre 2010, n. 240, ha inciso sul precedente sistema previsto dall’art. 3 del d.p.r. 23 marzo 2000, n. 117,  sulla designazione dei componenti delle commissioni giudicatrici, già demandata al “consiglio della facoltà che ha richiesto il bando” (consigli di facoltà soppressi, a quanto consta, dal 1° ottobre 2012), introducendo una nuova disciplina, che ha trasferito le competenze in materia di reclutamento e di attività didattica, in precedenza attribuite alle Facoltà, ai Dipartimenti, con conseguente attribuzione dei relativi compiti ai Consigli di Dipartimento.

Contenuto sentenza

N. 01153/2018 REG.PROV.COLL.
N. 02347/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2347 del 2016, proposto da 
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Saporito, domiciliata in Milano, presso la Segreteria del T.A.R. Lombardia, ex. artt. 16 sexies d.l. n. 179/2012, 82 r.d. n. 37/1934; 
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato e con essa domiciliato in Milano, Via Freguglia, 1; 
Cineca, non costituita in giudizio; 
Università degli Studi di Pavia, in persona del Rettore pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata ex lege in Milano, Via Freguglia, 1; 
nei confronti
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Salina, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Milano, Via A. Cadamosto, 8; 
per l’annullamento
– del decreto rettorale n. 1020/2016 del 16 giugno 2016, prot. n. 50365, recante in oggetto: «Approvazione atti procedura di valutazione comparativa per la copertura di un posto di Ricercatore Universitario di ruolo – SSD L-ANT/02 – Storia greca», notificato alla ricorrente con raccomandata a.r. 1521832188-0, spedita in data 21 giugno 2016 e ritirata dalla destinataria in data 27 giugno 2016;
– di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso, con particolare riferimento: al provvedimento di nomina della Commissione, di cui al decreto rettorale n. 2509 del 24 novembre 2015, prot. n. 56533; alla delibera adottata in seno al Consiglio del Dipartimento di Studi Umanistici del 20 ottobre 2015, nella parte in cui procede alla designazione del componente interno della Commissione giudicatrice; a tutte le operazioni di sorteggio della “nuova” commissione; a tutti i verbali e alla relazione finale della Commissione giudicatrice.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del dr. -OMISSIS-, del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e dell’Università degli Studi di Pavia;
Visto il ricorso incidentale proposto dal controinteressato dr. -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 febbraio 2018 la dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La ricorrente ha partecipato alla procedura comparativa bandita dall’Università degli Studi di Pavia nel 2010, per un posto di ricercatore universitario di ruolo nel S.S.D. L-ANT/02 – Storia greca, di cui è risultato vincitore l’odierno controinteressato.
2. Sennonché, con sentenza del 19 settembre 2012, n. 2355, il T.A.R. Lombardia, adito dalla ricorrente, ha annullato l’intera procedura, accogliendo il primo motivo di ricorso relativo alla illegittima composizione della Commissione giudicatrice.
3. Si legge, fra l’altro, nella sentenza, che: «in sede di riedizione della procedura, fermi restando i termini procedurali e le candidature proposte, deve essere modificata totalmente la composizione della Commissione giudicatrice».
4. La sentenza ha ricevuto integrale conferma, in parte qua, dal giudice d’appello, che, con sentenza del 5 giugno 2015, n. 2766, ha fra l’altro affermato che: «il rilevato difetto di motivazione del decreto di nomina [della Commissione giudicatrice] non potrà essere emendato, sicché dovrà procedersi all’intero procedimento a cura di diversa commissione».
5. In asserita esecuzione di tali pronunce l’Università di Pavia ha provveduto a nominare una nuova Commissione giudicatrice, composta dalla prof.ssa -OMISSIS-, ordinaria dell’Università di Bologna, in qualità di membro “interno” designato dal Consiglio di Dipartimento, dal prof. -OMISSIS-, ordinario dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, e dalla prof.ssa -OMISSIS-, ordinaria dell’Università di Trieste.
6. L’intimata Amministrazione è giunta alla nomina della nuova Commissione sorteggiandone i componenti dalla stessa lista, composta di dodici sorteggiabili, dalla quale erano già stati estratti i due membri della precedente composizione.
La Commissione così (ri)composta ha, dunque, proceduto all’esame dei titoli e delle pubblicazioni presentate dai candidati.
7. La procedura è stata nuovamente vinta dal dott. -OMISSIS- ma non all’unanimità, poiché la Commissione risulta essersi divisa al suo interno, avendo il Presidente, il prof. -OMISSIS-, espresso, in sede di giudizio comparativo finale, il suo dissenso rispetto alla posizione delle due colleghe, ritenendo il primo preferibile la dott.ssa -OMISSIS- al dott. -OMISSIS-.
8. Contro l’esito della procedura è stato interposto il ricorso in epigrafe, notificato tra il 20 e il 27 settembre 2016 e depositato il 21 ottobre 2016, affidato a quattro motivi.
8.1. Con il primo motivo si deduce la violazione del giudicato, la violazione di legge per contrasto con l’art. 1, commi 5 e ss., del d.l. n. 180 del 2008, nonché, l’eccesso di potere per manifesta illogicità e disparità di trattamento.
La procedura seguita dalle Amministrazioni resistenti per la ricomposizione della Commissione giudicatrice, secondo quanto imposto dalla sentenza di questo Tribunale n. 2355/2012, confermata in appello, risulta illegittima, poiché, lungi dall’avviare ex novo il procedimento di formazione della Commissione mediante l’indizione di nuove elezioni per la formazione della lista dei sorteggiabili, ha attinto i membri della Commissione tramite sorteggio dalla “vecchia” lista, comprendente ben 7 nominativi non utilizzabili.
8.2. In via subordinata, con il secondo motivo si deduce la violazione sotto altro profilo dell’art. 1, commi 5 e ss., del d.l. n. 180 del 2008, poiché i sorteggiabili non erano più presenti in numero triplo rispetto al numero dei commissari complessivamente necessari nella sessione.
8.3. In ulteriore subordine, con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 3, comma 7, del d.P.R. n. 180 del 2008 (rectius d.P.R. n. 117/2000), essendo stata ravvisata una preclusione insussistente alla nomina delle professoresse Orsi e [#OMISSIS#].
8.4. In ulteriore subordine, con il quarto motivo si deduce l’eccesso di potere per irragionevolezza e illogicità manifeste, motivazione apparente in ordine all’esito della valutazione comparativa, disparità di trattamento.
9. Si sono costituiti gli enti intimati, controdeducendo con separate memorie alle censure avversarie. Il Ministero ha chiesto l’estromissione dal giudizio per difetto di legittimazione passiva.
9.1. Si è costituito altresì il controinteressato -OMISSIS-, controdeducendo e interponendo ricorso incidentale condizionato in relazione al quarto motivo, di cui eccepisce l’inammissibilità per carenza di interesse, alla luce delle seguenti censure incidentali condizionate:
9.1.1. Violazione dell’art. 97 Cost., violazione dell’art. 51 c.p.c., violazione dell’art. 6 bis L. n. 241/1990. Violazione dei principi di imparzialità e trasparenza. Difetto di terzietà del componente prof. -OMISSIS-, invalidità dei relativi giudizi.
9.1.2. Violazione dell’art. 2 D.M. n. 89/09 e dei criteri stabiliti dalla Commissione nella prima seduta preliminare.
10. All’udienza pubblica del 20.2.2018 la causa, presenti gli avvocati F. [#OMISSIS#] per la ricorrente, [#OMISSIS#] alle chiamate preliminari per l’Università e il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR) e M. Salina per la controinteressata, è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
11. In via preliminare, il Collegio ritiene di non poter accogliere l’istanza di estromissione del MIUR poiché, in disparte considerazioni di carattere generale sull’ammissibilità dell’estromissione in questa fase del giudizio, sussiste il coinvolgimento ministeriale in relazione ai primi tre motivi di ricorso, con cui si sollevano vizi afferenti il procedimento di costituzione della commissione di concorso (cfr., al riguardo, i docc. 8 e 9 allegati dalla stessa difesa erariale e attestanti la collocazione in ambito ministeriale di funzioni non irrilevanti per la regolarità della procedura di cui trattasi). Risulta, dunque, appropriata l’evocazione in giudizio del MIUR (cfr. T.A.R. Toscana, I, 27/06/2016, n. 1102).
12. Sempre preliminarmente, osserva il Collegio, cui compete ex art. 32 u.co. c.p.a. la qualificazione dell’azione proposta, come nella fattispecie in esame, al di là della terminologia utilizzata – che, come noto, non è vincolante per il giudice -, viene proposta una tipica azione impugnatoria, con cui si lamenta il cattivo uso del potere amministrativo.
12.1. Ciò accade, in particolare, in relazione al primo motivo, con cui a ben vedere si lamenta che l’esecuzione del giudicato portato dalle surrichiamate sentenze sia avvenuto in violazione dell’art. 1, co. 5 D.L. 180/2008 e con eccesso di potere, essendo stati estratti i nominativi della nuova Commissione dalla lista preesistente anziché da una nuova lista.
Sul punto, va in primo luogo disattesa l’eccezione d’inammissibilità, sollevata da parte controinteressata sul presupposto della qualificazione dell’azione in esame come azione di nullità, da proporsi dinanzi al giudice dell’ottemperanza.
Le censure e la corrispondente sottesa domanda di nullità vanno infatti riqualificate, come accennato, in termini di azione di annullamento, in quanto volte ad attingere spazi non coperti dal giudicato (cfr., ex multis, Cons. Stato, Ad. Pl., n. 2/2013).
Nel merito, poi, il motivo è infondato.
Ai sensi dell’art. 1, c. 6, del D.L. n. 180/2008: “…le modalità di svolgimento delle elezioni, ivi comprese ove necessario le suppletive, e del sorteggio sono stabilite con apposito decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca avente natura non regolamentare da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Si applicano in quanto compatibili con il presente decreto le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 2000, n. 117”) …”. Ebbene, con D.M. Istruzione del 27 marzo 2009, n. 139 sono state dettate le “Modalità di svolgimento delle elezioni per la costituzione delle commissioni giudicatrici di valutazione comparativa per il reclutamento dei professori e dei ricercatori universitari”. L’art. 6 di tale D.M. stabilisce che: “In tutti i casi in cui occorre sostituire un commissario sorteggiato si procede secondo le modalità di cui all’art. 5 escludendo dalla lista i professori già sorteggiati come componenti per la stessa commissione”.
Nella fattispecie in esame la rinnovazione imposta dalle sentenze in precedenza richiamate non includeva affatto la riedizione del procedimento elettorale, ma soltanto del procedimento di composizione della commissione “fermi restando i termini procedurali e le candidature proposte” (così, la già citata sentenza n. 2355/2012 di questo Tribunale).
Come spiegato, poi, dalla difesa del Ministero (cfr. memoria dell’Avvocatura erariale del 5.12.2016, pag. 3), nelle due occasioni citate come precedente dalla ricorrente non si versava affatto in situazione sovrapponibile a quella attuale, atteso che, non sussisteva, a differenza che nel caso in esame, una lista di candidati numericamente sufficiente per addivenire al nuovo sorteggio e, per tale specifica ragione, si è reso necessario svolgere nuove elezioni.
All’infuori di tale specifica evenienza, quindi, laddove vi sia necessità di sostituire un commissario già sorteggiato, il D.M. prevede che sia posto in essere un nuovo sorteggio tenendo ferma la lista già formata senza che sia necessario indire ogni volta nuove elezioni. L’art. 5 (cui rinvia l’art. 6) riguarda, appunto, le “operazioni di sorteggio” in relazione alle liste già composte ai sensi del precedente art. 2, di cui presuppone pertanto la persistente validità.
L’art. 6 riguarda, d’altro canto, “tutti i casi”, sicché esso trova applicazione anche nell’ipotesi, qui ricorrente, di rinnovo della Commissione in seguito a pronuncia giurisdizionale.
12.2. Anche il secondo motivo, con cui si deduce la violazione sotto altro profilo (numero dei sorteggiabili inferiore al triplo dei commissari da sorteggiare nella sessione) dell’art. 1, comma 5 del D.L. n. 180 del 2008, non coglie nel segno.
La disposizione da ultimo richiamata prevede che: «le commissioni per la valutazione comparativa dei candidati di cui all’articolo 2 della legge 3 luglio 1998, n. 210 […] sono composte da un professore ordinario o da un professore associato nominato dalla facoltà che ha richiesto il bando e da due professori ordinari sorteggiati in una lista di commissari eletti tra i professori ordinari appartenenti al settore disciplinare oggetto del bando, in numero triplo rispetto al numero dei commissari complessivamente necessari nella sessione».
Quale che sia l’interpretazione da preferire (che potrebbe condurre ad un numero minimo di 6, non considerando quale base di calcolo il componente interno, oppure di 9 nominativi, considerandolo), nel caso di specie risulta che la lista è stata formata correttamente, essendo stati eletti 12 professori ordinari.
Non si deve confondere la procedura “a monte” di formazione della lista (attraverso le elezioni), che deve condurre a comporre una lista di professori sorteggiabili in numero non inferiore a 6 (o 9), con la procedura “a valle”, di sostituzione di un commissario già nominato componente della Commissione giudicatrice.
L’art. 1, co. 5, D.L. 180/08 (laddove stabilisce il numero minimo dei componenti della lista) si riferisce al momento dell’elezione dei professori e di formazione della lista e non invece alla fase, eventuale e successiva, di sostituzione di taluno di essi, una volta sorteggiati dalla lista medesima e nominati componenti della Commissione giudicatrice.
La procedura a valle, di sostituzione dei componenti della Commissione di cui in s.g. è stata ordinata la rinnovazione, non poteva che svolgersi facendo riferimento ad una lista che inevitabilmente non era più composta da 12 “sorteggiabili”: il che è espressamente previsto dal citato D.M. 139/2009, che all’art. 6 ha definito le regole applicabili “in tutti i casi in cui occorre sostituire un commissario sorteggiato”.
L’art. 6 cit. presuppone che, in tali ipotesi, non è oggettivamente possibile (né occorre) reintegrare numericamente la lista originaria (diversamente avrebbe imposto di procedere a nuove elezioni ogni qualvolta si fosse presentato il problema della sostituzione di un componente già sorteggiato e nominato a far parte della Commissione).
Va, dunque, ribadita l’infondatezza anche del secondo motivo.
12.3 Il terzo motivo s’incentra sull’asserita illegittimità commessa dall’Amministrazione la quale, nel procedere all’estrazione dei membri della Commissione, ha ritenuto invalido il sorteggio delle docenti Orsi e [#OMISSIS#] sull’erroneo presupposto che le stesse fossero già state sorteggiate per far parte della Commissione giudicatrice relativa alla procedura indetta dall’Università Normale di Pisa, conclusasi nel 2011. In forza della norma invocata dall’esponente, in dettaglio, il periodo (di 1 anno) ostativo alla nuova nomina (di cui all’art. 3, comma 7, del d.P.R. n. 117/2000, erroneamente indicato in ricorso come d.P.R. n. 180/2008), era già ampiamente decorso alla data del rinnovato sorteggio e, dunque, non rappresentava affatto un ostacolo all’utilizzazione delle due docenti.
Sul punto, la difesa del controinteressato, oltre a contestare nel merito la censura, ne sottolinea l’assoluto formalismo, poiché, senza prospettare alcuna ipotesi di incompatibilità dei componenti della rinnovata Commissione, né altri vizi sostanziali, tende ad una nuova caducazione del concorso, al solo scopo di poter disporre di nuovi docenti e, con essi, di una chance di giudizio più benevolo nei propri confronti, incorrendo così in un evidente abuso del processo.
Sempre in tema di sorteggi, ad avviso del controinteressato risulterebbe inammissibile la censura, sollevata per la prima volta in memoria non notificata, con cui l’esponente deduce che: “immaginando possibile un sorteggio della Commissione ora per allora …il procedimento di sorteggio concretamente eseguito dalle Amministrazioni resistenti si appaleserebbe comunque illegittimo”, in quanto “l’originario sorteggio relativo alla procedura dell’Università di Pavia” sarebbe “avvenuto prima di quello relativo alla procedura “parallela” dell’Università di Pisa”, di tal che “le docenti Orsi e [#OMISSIS#] avrebbero comunque dovuto essere ritenute sorteggiabili, in quanto nei loro confronti non avrebbe potuto trovare applicazione la causa di incompatibilità determinata dall’essere già state sorteggiate per l’altra Commissione” (cfr. memoria del 7/12/2016, pag. 6).
La difesa erariale, dal canto proprio, difende l’operato dell’Amministrazione che, agendo nel pieno rispetto dell’art. 1, co. 5 del D.L. 180/2008, non avrebbe considerato sorteggiabili coloro che erano già stati sorteggiati per la partecipazione come commissari per la procedura di valutazione indetta dall’Università di Pisa, per la stessa fascia e lo stesso settore disciplinare.
Il motivo è infondato.
L’esponente erra nell’individuare la norma in forza della quale ha agito l’Amministrazione nel procedere alla scelta di non utilizzare i nominativi delle Professoresse Orsi e [#OMISSIS#].
Al riguardo, l’art. 3, comma 7 del d.P.R. n. 117/2000, prevede che: “È in ogni caso fatto divieto ai professori ed ai ricercatori eletti o designati nelle commissioni giudicatrici di far parte di altre commissioni, per un periodo di un anno decorrente dalla data del decreto di nomina, per lo stesso settore scientifico-disciplinare e per la stessa tipologia di valutazione comparativa”.
Ebbene, l’istante ha ritenuto insussistenti nel caso concreto i presupposti per l’applicazione del richiamato divieto, stante l’avvenuto decorso del periodo annuale di operatività del divieto medesimo.
Sennonché, l’operato dell’Amministrazione risulta ugualmente legittimo, in quanto radicato sulla base di un’altra disposizione, qual è l’art. 1, co. 5 D.L. 180/2008, che rinvia al comma 4 della stessa norma, a tenore del quale: “Ciascun commissario può, ove possibile, partecipare, per ogni fascia e settore, ad una sola commissione per ciascuna sessione”.
In piana attuazione di tale disposizione la resistente non ha considerato utilizzabili il secondo e il terzo numero estratto, corrispondenti rispettivamente ai nominativi delle professoresse Orsi e [#OMISSIS#], potendo la lista offrire ancora la possibilità di nominativi non utilizzati a termini della citata disposizione.
Il terzo motivo è, dunque, infondato.
12.4 Passando all’esame del quarto motivo, il Collegio osserva quanto segue.
12.4.1. Ad avviso dell’esponente, dai curricula allegati alle domande di partecipazione del dott. -OMISSIS- e della dott.ssa -OMISSIS- emergerebbe una manifesta superiorità di quest’ultima, sia sotto il profilo delle pubblicazioni scientifiche, che sotto il profilo dei titoli preferenziali posseduti. Più in dettaglio, la ricorrente chiarisce che, pur avendo entrambi i candidati presentato una monografia, il dott. -OMISSIS- avrebbe presentato soltanto 7 articoli, a fronte dei 25 presentati dalla dott.ssa -OMISSIS-. Quanto all’attività convegnistica, prosegue, mentre il dott. -OMISSIS- vanterebbe la partecipazione in qualità di relatore a 6 convegni, di cui 3 all’estero, la dott.ssa -OMISSIS- avrebbe partecipato come relatore a 22 convegni, di cui 11 all’estero. Ciononostante, evidenzia l’istante come del tutto immotivatamente nel giudizio comparativo finale sia stato scritto che: «Nella valutazione comparativa dei due altri candidati, dott.ssa -OMISSIS- e dott. -OMISSIS-, due commissari, la prof. Boffo e la prof. -OMISSIS-, sulla base dei propri giudizi individuali e delle proprie considerazioni formulate nei giudizi collegiali sui due candidati, ritengono che la maturità e la versatilità dimostrata dal Candidato dott. -OMISSIS-, per le scelte tematiche, le competenze e l’ampiezza degli argomenti affrontati, lo rendano più idoneo a ricoprire il posto in oggetto».
L’esponente contesta tale motivazione, ritenendo, in primo luogo, manifestamente illogica e irragionevole la valutazione affidata al criterio delle scelte tematiche, che, come tale, non potrebbe assurgere a parametro di confronto, essendo i temi di ricerca rimessi per legge alla scelta degli stessi ricercatori. Non sarebbe stato affatto argomentato, inoltre, il perché della affermata maggior competenza del controinteressato, mentre, quanto all’ampiezza degli argomenti trattati, non emergerebbero differenze nei giudizi individuali delle commissarie Boffo e -OMISSIS-, che avrebbero concordemente riconosciuto alla ricorrente almeno due ambiti di ricerca, lo stesso numero riconosciuto nei confronti del controinteressato. Sempre ad avviso del medesimo patrocinio, l’insufficienza della suesposta motivazione sarebbe ancor più evidente al cospetto della posizione espressa dal presidente della commissione, prof. -OMISSIS-, espressosi nettamente a favore della ricorrente, in ragione dell’alto numero dei titoli preferenziali, della produzione scientifica e dei riconoscimenti conseguiti dalla monografia Libyca. Sarebbero state, infine, superficialmente valutate da parte dei commissari -OMISSIS- e -OMISSIS- alcune delle numerose pubblicazioni prodotte dalla ricorrente.
12.4.2. Si può soprassedere dall’esame dell’eccezione di inammissibilità del motivo sollevata da parte controinteressata, stante l’infondatezza nel merito del medesimo.
La procedura concorsuale in esame è stata bandita e regolata in conformità della disciplina dettata dal D.L. 10 novembre 2008 n. 180 (convertito in legge dalla legge n. 1 del 2009) e delle previsioni recate dal D.M. 28.7.2009 in ordine alla valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche.
Come chiaramente emerge dalla lettura del verbale della prima seduta della commissione giudicatrice, essa ha richiamato, per la valutazione comparativa dei titoli dei candidati, le disposizioni di cui all’art. 1 del D.L. 180/2008 e all’art. 2 del citato D.M. 28.7.2009. Per tale via, essa ha poi chiarito che la valutazione comparativa dei titoli dei candidati è effettuata “sulla base dei seguenti elementi debitamente documentati:
a) possesso del titolo di dottore di ricerca o equivalente, conseguito in Italia o all’estero;
b) svolgimento di attività didattica a livello universitario in Italia o all’estero;
c) prestazione di servizi di formazione e ricerca, anche con rapporto di lavoro a tempo determinato, presso istituti pubblici italiani o all’estero;
d) svolgimento di attività di ricerca, formalizzata da rapporti istituzionali, presso soggetti pubblici e privati italiani e stranieri; …
g) organizzazione, direzione e coordinamento di gruppi di ricerca nazionali e internazionali; …
i) partecipazione in qualità di relatore a congressi e convegni nazionali e internazionali;
j) conseguimento di premi e riconoscimenti nazionali e internazionali per attività di ricerca”.
È stato, altresì, precisato che, ai sensi dell’art. 1, comma 7, della legge 4 novembre 2005, n.230, costituiscono titoli preferenziali il dottorato di ricerca, le attività svolte in qualità di assegnisti e contrattisti ai sensi dell’articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, di borsisti postdottorato ai sensi della legge 30 novembre 1989, n. 398, nonché di contrattisti ai sensi dello stesso art. 1 comma 14 della legge 4 novembre 2005, n.230.
Sempre a norma di regolamento, la commissione ha anche stabilito che la valutazione di ciascun elemento in precedenza indicato (sub lettere a) e ss.) è effettuata considerando specificamente la significatività che esso assume in ordine alla qualità e quantità dell’attività di ricerca svolta dal singolo candidato.
Quanto alla valutazione comparativa delle pubblicazioni, la stessa Commissione ha puntualizzato, sempre nel pieno rispetto del D.M. 89/2009 (art. 3), come essa avvenga sulla base dei seguenti criteri:
I. originalità, innovatività e importanza di ciascuna pubblicazione scientifica;
II. congruenza di ciascuna pubblicazione con il settore scientifico-disciplinare per il quale è bandita la procedura, ovvero con tematiche interdisciplinari ad esso correlate;
III. rilevanza scientifica della collocazione editoriale di ciascuna pubblicazione e sua diffusione all’interno della comunità scientifica.
IV. determinazione analitica, anche sulla base di criteri riconosciuti nella comunità scientifica di riferimento, dell’apporto individuale del candidato nel caso di partecipazione del medesimo a lavori in collaborazione”.
12.4.3 Tale essendo il contesto normativo di riferimento della procedura in esame, reputa il Collegio che le censure sollevate col quarto motivo non abbiamo ragion d’essere.
Non è corretto, in primo luogo, l’approccio metodologico seguito per contestare l’attendibilità della valutazione della commissione, mediante una lettura parziale, qual è quella fornita dall’istante, del giudizio comparativo dalla stessa espresso, avulsa dai giudizi individuali e collegiali, pure in esso richiamati.
Nella specie, proprio la lettura di siffatti giudizi evidenzia come la maggioranza dei componenti la Commissione abbia motivatamente espresso un [#OMISSIS#] giudizio in relazione al profilo scientifico del dott. -OMISSIS-, con particolare riferimento ai criteri della originalità, innovatività e del rigore metodologico (di cui all’art. 3, comma 2, lett. a), D.M. 89/09). È significativo, al riguardo, quanto si legge nei giudizi collegiali (cfr. all. 2 al verbale 4, doc. 6 della resistente) ove, in relazione alla produzione scientifica della dott.ssa -OMISSIS-, “i due altri Commissari rilevano che accanto ad un rilevante numero di contributi si pone una tendenza alla concentrazione di temi di ricerca, che talora porta a ripetitività e scarsa capacità di selezione, e una tendenza ad un approccio più filologico letterario che di motivata contestualizzazione storica”. Si tratta di giudizio inequivocabilmente negativo in ordine al criterio di cui all’art. 3, co. 2, lett. a) citato, che peraltro la ricorrente non ha censurato né contestato. Per contro, nel giudizio collegiale riguardante la produzione scientifica del dott. -OMISSIS-, si legge che “la produzione scientifica ha visto la realizzazione di una solida e importante monografia sull’utilizzo delle iscrizioni in Pausania… Ad essa si affiancano contributi legati all’uso delle epigrafi nell’antichità e inoltre la sua ricerca si è sviluppata intorno allo studio della Politica di Aristotele su cui ha prodotto due interessanti contributi. … I due altri Commissari sottolineano che il Candidato mostra nella sua produzione capacità di utilizzare e dominare due linguaggi storici, quello epigrafico e quello storiografico, e inoltre dimostra un ulteriore interesse per una tematica complessa come la politica di Aristotele, dimostrando capacità di contestualizzare in modo critico l’apporto dei testi e della dottrina”. Si tratta di un giudizio, in questo caso, inequivocabilmente positivo, sempre avuto riguardo ai criteri di originalità, innovatività e rigore metodologico, di cui alla normativa concorsuale, non contestato dalla ricorrente.
Anche i giudizi individuali dei due Commissari -OMISSIS- e -OMISSIS- rivelano una valutazione di maggior favore per il dott. -OMISSIS-, sempre quanto a rigore e originalità nella produzione scientifica, rispetto a quella espressa per la dott.ssa -OMISSIS-.
La valorizzazione di tali giudizi, individuali e collegiali, risulta aderente alla ratio della procedura, atteso che è stato riconosciuto rispettoso del principio di trasparenza il procedimento logico di muovere dalla formulazione di giudizi assoluti per ciascun candidato, giacché un siffatto criterio consente alla commissione proprio di raffrontare le valutazioni globali ed esprimere quel giudizio conclusivo di prevalenza di uno o più candidati rispetto agli altri, che costituisce l’essenza della procedura comparativa (così, ex plurimis, Cons. St., sez. VI, n. 2364 del 2004; sez. VI, n. 2705 del 2009; sez. VI, n. 4708 del 2009).
Con specifico riguardo, poi, alla valutazione delle pubblicazioni, va rammentato come non occorra la valutazione di ogni singola pubblicazione, ma solo delle pubblicazioni costituenti espressione di una significatività scientifica rilevante ai fini del giudizio di idoneità all’attività di ricerca e meritevoli di essere sottoposte ad una valutazione comparativa alla stregua dei criteri dettati dall’art. 3 del citato decreto ministeriale.
Diversamente opinando – ossia ritenendo, come adombra l’istante – che sia necessaria una valutazione comparativa analitica di ogni singolo titolo/attività e di ogni singola pubblicazione, si perverrebbe ad un irragionevole esito di pratica ingestibilità delle procedure valutative in questione (così, Cons. Stato, VI, 11.9.2014, n. 4626, che poi ulteriormente chiarisce che il senso della prescrizione del carattere analitico della valutazione da compiere dalla commissione “non può, dunque, che essere quello di imporre alla stessa di tenere, bensì, conto di tutti i dati curriculari indicati dai candidati (titoli e pubblicazioni), ma di sceverare – ovviamente, secondo percorsi logici coerenti e di congruo apprezzamento scientifico – i dati rilevanti al fine della compiuta valutazione della maturità scientifica dei candidati e della correlativa valutazione comparativa, da quelli non significativi, sulla base di una altrettanto congrua ed adeguata motivazione, e di esprimere il giudizio comparativo sui dati così (motivatamente) enucleati”).
Il confronto numerico tra le pubblicazioni riveste, dunque, una rilevanza estremamente modesta giacché le pubblicazioni devono costituire oggetto di un giudizio di qualità e non di una conta matematica (cfr., ex multis, Cons. St., sez. VI, 22 ottobre 2002, n. 5802).
Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi quanto all’oggetto della valutazione comparativa «analitica» dei titoli, che “deve essere riferito alla singole tipologie o categorie di titoli ed attività individuate dall’art. 2, nelle quali siano sussumibili le singole, concrete attività indicate dai concorrenti nei rispettivi curricula, e non già a queste ultime in sé e per sé considerate, che possono anche sottrarsi ad una valutazione comparativa per il difetto di un omogeneo tertium comparationis, sicché il criterio metodologico da seguire dalla commissione riguarda la analiticità tipologica, e non già la analiticità oggettuale, in funzione di un giudizio comparativo sulla significatività scientifica dei curricula presentati dai candidati” (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, n. 2423 del 2016; sez. VI, n. 4219 del 2015).
Tale modus operandi risulta d’altronde coerente con la finalità della procedura, consistente in un raffronto, attraverso la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni, della personalità scientifica dei vari candidati, dei quali va ricostruito il profilo complessivo risultante dalla confluenza degli elementi che lo compongono, da apprezzare in tale quadro non isolatamente, ma in quanto correlati nell’insieme secondo il peso che assumono in una interazione di sintesi oggetto di un motivato giudizio unitario (Cfr. Consiglio di Stato, Sezione Sesta, 05/06/2017, n. 2684).
12.4.4. Applicando le esposte coordinate normative e giurisprudenziali alla fattispecie sub iudice, deve pervenirsi alla conclusione che in punto di legittimità l’operato della commissione risulti conformato ai criteri normativi e della lex specialis, avendo la stessa, nel corso dei lavori, apprezzabili attraverso l’esame dei verbali in atti, espr