Improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse,dal momento che la ricorrente, pur essendo stata ammessa con riserva dall’Amministrazione a partecipare direttamente al corso di dottorato (DR n. 781 del 6 aprile 2009), non ha accettato di prendervi parte. In tal modo la stessa si è preclusa la possibilità di ottenere il principale bene della vita per cui è causa (la partecipazione al corso di dottorato).
TAR Marche, Ancona, Sez. I, 29 giugno 2017, n. 548
Dottorato di ricerca-Partecipazione esame di ammissione
N. 00548/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00110/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 110 del 2017, proposto da:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso la Segreteria del TAR Marche, in Ancona, Via della Loggia, 24;
contro
Università degli Studi di Macerata, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], in Ancona, [#OMISSIS#] Don Minzoni 4;
nei confronti di
Università degli Studi di Macerata, Coordinatore pro tempore del Corso Dottorato XXXII Ciclo, non costituito in giudizio;
per l’annullamento
previa concessione di idonee misure cautelari,
a) del provvedimento di rigetto del ricorso gerarchico emesso il 25 gennaio 2017, prot. n. 920 Tit. IV cl.1 Fasc.24/2016, avente ad oggetto “Ricorso gerarchico (artt.1, 2 e 3 del D.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199) per l’annullamento della lista degli ammessi alla prova orale del corso di dottorato di ricerca in Scienze Giuridiche (ciclo XXXII)” e di tutti gli atti ad esso presupposti, connessi e consequenziali,
e, in particolare ,
b) della lista degli ammessi alla prova orale del corso di dottorato di ricerca in Scienze Giuridiche (XXXII ciclo) AA.AA. 2016/2019 – [#OMISSIS#] bando rettorale n. 165 del 24 giugno 2016 – pubblicata il 12 ottobre 2016 sul [#OMISSIS#] istituzionale dell’Ateneo marchigiano ([#OMISSIS#] parte in cui i valutatori – non avendo seguito correttamente i criteri di valutazione stabiliti dalla Commissione incaricata alla selezione – hanno attribuito alla ricorrente un profilo scientifico non pienamente conforme a quello spettante, tale da non consentirle l’ammissione al colloquio orale);
c) del verbale dei lavori di prevalutazione della Commissione incaricata dell’11 ottobre 2016;
d) del decreto rettore n. 294 prot.n.19096/16 avente ad oggetto “Approvazione degli atti del concorso e della graduatoria di merito per l’ammissione al corso di Dottorato di ricerca in SCIENZE GIURIDICHE (CICLO XXXII) – AA.AA. 2016/2019”;
per l’accertamento del diritto di parte ricorrente di essere ammessa al Corso di dottorato di ricerca in Scienze Giuridiche (ciclo XXXII) presso l’Università di Macerata;
nonché
per la condanna al risarcimento, in forma specifica o per equivalente, del danno ingiusto subito dalla ricorrente per effetto dei provvedimenti impugnati.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Macerata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 26 [#OMISSIS#] 2017 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La ricorrente, avvocato del [#OMISSIS#] Foro, impugna l’atto con cui il Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Macerata ha riscontrato il ricorso gerarchico presentato dallo stesso avv. [#OMISSIS#] avverso gli atti della procedura selettiva per l’ammissione al dottorato di ricerca in Scienze Giuridiche per gli anni accademici 2016/2019 (a cui la ricorrente aveva partecipato).
2. Con il gravame in via amministrativa l’odierna ricorrente aveva inteso censurare l’operato della commissione preposta alla valutazione dei progetti di ricerca, che non l’aveva ammessa al colloquio orale recependo il giudizio negativo formulato dai docenti preposti alla prevalutazione delle domande. L’avv. [#OMISSIS#] censura sia le irregolarità procedurali che avrebbero connotato l’operato della commissione e dei docenti incaricati della prevalutazione (ed in particolare il fatto che questi docenti non facevano parte della commissione giudicatrice nominata con provvedimento rettorale e che gli stessi non hanno effettuato la prevalutazione in base ai criteri previsti dal bando), sia il merito delle valutazioni espresse sul progetto e sui titoli posseduti dalla ricorrente.
3. Con l’atto impugnato il Rettore ha in via pregiudiziale ritenuto inammissibile il ricorso gerarchico (e ciò sul presupposto che [#OMISSIS#] specie vi è perfetta coincidenza fra autorità che approva gli atti della procedura e autorità chiamata a decidere il ricorso gerarchico), mentre nel merito ha ribadito l’autonomia di giudizio delle commissioni giudicatrici ed ha escluso la sussistenza di vizi procedurali.
4. La ricorrente, oltre a ribadire le censure già articolate nel gravame amministrativo, in questa sede evidenzia il fraintendimento in cui è incorso il Rettore nel momento in cui non ha correttamente individuato l’oggetto del ricorso gerarchico (con il quale l’avv. [#OMISSIS#] intendeva censurare l’operato della commissione e non già quello del Rettore). Da ciò discenderebbe la piena ammissibilità del ricorso gerarchico.
5. Si è costituita l’intimata Università, formulando alcune eccezioni preliminari e chiedendo in ogni [#OMISSIS#] il rigetto nel merito di tutte le domande proposte.
Alla [#OMISSIS#] di consiglio del 26 [#OMISSIS#] 2017, fissata per la trattazione collegiale della domanda cautelare, il Collegio ha dato avviso alle parti della possibilità di definire il giudizio già in questa sede (sussistendo tutti i presupposti di cui all’art. 60 cod. proc. amm.), non riscontrando opposizioni o riserve di sorta.
6. Il ricorso va dichiarato inammissibile con riguardo alla domanda impugnatoria, mentre va respinto con riguardo alla domanda di risarcimento del danno (proposta prioritariamente sub specie di reintegrazione in forma specifica, ossia di condanna dell’intimata Università ad iscrivere la ricorrente in sovrannumero al corso di dottorato, e subordinatamente come domanda di risarcimento dei danni per equivalente monetario).
7. Partendo dalla domanda impugnatoria, il Collegio osserva quanto segue.
7.1. Come è noto, ai sensi degli artt. 1 e 7 del DPR n. 1199/1971, sia il ricorso in opposizione (ossia alla stessa autorità che ha emanato l’atto impugnato) che il ricorso gerarchico improprio sono ammessi solo nei casi previsti dalla legge.
Come autorevolmente statuito dall’Adunanza Generale del Consiglio di Stato con il parere n. 23 del 25 febbraio 1990, il ricorso gerarchico improprio può essere previsto solo da un atto avente forza di legge, anche se nel [#OMISSIS#] delle università si deve tenere conto dell’autonomia costituzionalmente riconosciuta loro (per cui i casi di ammissibilità del ricorso gerarchico possono essere stabiliti anche con regolamenti interni di ateneo).
In particolare, il ricorso gerarchico avverso atti di organi collegiali non è ammesso in via generale, e ciò proprio perché tali organi (fra cui sono comprese ovviamente le commissioni d’esame e di concorso e quelle preposte alla valutazione delle offerte nelle gare d’appalto) non sono in posizione di subordinazione gerarchica nei riguardi di altri organi amministrativi.
7.2. In ogni [#OMISSIS#], però, il ricorso gerarchico, a differenza del ricorso in opposizione, presuppone che vi sia alterità fra l’autorità decidente e l’autorità competente ad esaminare il gravame (tale alterità può consistere in un vero e proprio rapporto di dipendenza gerarchica – e in questo [#OMISSIS#] si ha il ricorso gerarchico “proprio” – oppure in un rapporto di dipendenza funzionale – e in questo [#OMISSIS#] il ricorso gerarchico viene definito “improprio”).
7.3. Al di fuori delle fattispecie in cui sono ammissibili il ricorso gerarchico e il ricorso in opposizione, ogni istanza rivolta alla P.A. e tesa a denunciare l’illegittimità di un provvedimento va qualificata come istanza di attivazione dei poteri di autotutela decisoria.
E’ dunque assai rilevante individuare i casi di ammissibilità dei ricorsi amministrativi, visto che ciò incide sulla successiva esperibilità del ricorso giurisdizionale. In effetti, mentre la formale proposizione di un ricorso amministrativo sospende il [#OMISSIS#] decadenziale di cui all’art. 29 cod. proc. amm. (tanto che il successivo ricorso giurisdizionale ha per oggetto la decisione [#OMISSIS#] sul ricorso amministrativo o il silenzio formatosi sullo stesso – sul punto, vedasi per tutte TAR [#OMISSIS#], n. 1100/2014), non altrettanto è a dirsi per le istanze di esercizio del potere di autotutela. La ragione di tale differenziazione è quella di evitare un aggiramento del [#OMISSIS#] decadenziale mediante la proposizione di un ricorso asseritamente gerarchico. Mentre analoga esigenza non sussiste nei casi in cui l’ordinamento prevede la possibilità del ricorso gerarchico, esprimendo il DPR n. 1199/1971 un favor per la composizione stragiudiziale delle controversie fra privati e P.A.
8. [#OMISSIS#] specie, pur dovendosi riconoscere che la nota rettorale impugnata si fonda su un presupposto fattuale erroneo (visto che, in effetti, l’avv. [#OMISSIS#] aveva censurato l’operato della commissione giudicatrice e non il bando o altri provvedimenti a firma del Rettore), ugualmente va condivisa la conclusione a cui la stessa perviene in punto di inammissibilità del gravame amministrativo.
9.1. Si deve infatti considerare che gli atti assunti dalla commissione e dai docenti incaricati della prevalutazione non concludevano la procedura, essendo prevista l’approvazione finale da parte del Rettore. Tale approvazione è avvenuta con il decreto n. 294/2016 (provvedimento che, non a [#OMISSIS#] e a differenza di quanto eccepito dalla difesa dell’Università, figura fra gli atti impugnati in questa sede). Per cui, è vero che il Rettore aveva il potere di sottoporre a verifica di legittimità l’operato della commissione (ma non anche quello di rivedere le valutazioni di merito espresse dai commissari, [#OMISSIS#] quelle influenzate da palesi errori di fatto evincibili ictu oculi), ma tale potere si estrinsecava in sede di approvazione finale degli atti. Va comunque ribadito che, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del DPR n. 1199/1971, avverso gli atti degli organi collegiali il ricorso gerarchico è ammesso solo nei casi e nei modi previsti dalla legge o dagli ordinamenti dei singoli enti. La ricorrente non indica quali sono le norme di legge o quelle interne all’Università di Macerata che prevedono la possibilità di impugnare con ricorso gerarchico gli atti valutativi assunti dalle commissioni di concorso o di esame. Ovviamente non sono applicabili analogicamente disposizioni introdotte nei regolamenti interni di altre Università che, in casi del genere, ammettono il ricorso gerarchico al Rettore.
9.2. In realtà, la vicenda amministrativa da cui origina il presente giudizio è molto più lineare, visto che:
– la commissione appositamente designata con decreto rettorale ha proceduto alla valutazione delle domande di ammissione al dottorato. Ai sensi dell’art. 5, comma 1, del bando tale operazione è stata preceduta dalla prevalutazione delle istanze a cura di docenti specializzati nel settore a cui si riferiscono le stesse (a scorrere il ricorso sembra di capire che la ricorrente non avesse letto o compreso il tenore del bando, visto che asserisce che solo a seguito di accesso [#OMISSIS#] atti ha scoperto che la sua domanda era stata sottoposta a prevalutazione);
– i verbali e la graduatoria, ai sensi dell’art. 5, comma 8, del bando, sono stati sottoposti all’approvazione finale da parte del Rettore, il quale, come detto, in tale sede avrebbe potuto annullare “con rinvio”, in tutto o in parte, gli atti della commissione laddove avesse ravvisato violazioni di legge e/o del bando. Non sarebbe stata invece ammissibile una rivalutazione nel merito delle domande, perché ciò avrebbe alterato l’ordinario riparto delle competenze che, in subiecta materia, prevede l’autonomia di giudizio in capo alla commissione esaminatrice;
– i verbali delle commissioni non sono qualificabili come atti non definitivi nel senso fatto proprio dal DPR n. 1199/1971 (si ricordi che il decreto in parola fu promulgato in un’epoca in cui l’organizzazione amministrativa pubblica era improntata ad una filosofia del tutto diversa, prevedendosi in via generale la competenza del Ministro – o del Sindaco, del [#OMISSIS#] della Provincia, etc. – all’adozione di tutti i provvedimenti aventi rilevanza esterna), bensì come atti endoprocedimentali. Tali atti possono certamente (e in alcuni casi – vedasi l’art. 120, comma 2-bis, cod. proc. amm. – debbono essere) impugnati immediatamente in sede giudiziaria laddove cagionino una lesione dell’interesse del destinatario, ma tale impugnazione non è ammissibile in via amministrativa se non nei casi previsti dalla legge.
9.3. Pertanto, il “ricorso gerarchico” presentato dall’avv. [#OMISSIS#] va qualificato come mera istanza di esercizio del potere di autotutela e, come tale, esso non imponeva al Rettore di pronunciarsi e, soprattutto, non sospendeva il decorso del [#OMISSIS#] decadenziale per la proposizione della domanda di annullamento davanti al TAR.
La nota con cui il Rettore ha riscontrato il reclamo va invece qualificata come atto meramente confermativo del decreto n. 294/2016, non essendo stata la stessa preceduta da alcuna autonoma istruttoria ed avendo il Rettore pro tempore riconfermato in pratica quanto il suo predecessore aveva già statuito approvando gli atti della commissione.
10. Ne consegue che il presente ricorso, quanto alla domanda impugnatoria, è irrimediabilmente tardivo, visto che il decreto di approvazione degli atti è stato pubblicato sul [#OMISSIS#] web dell’UNIMC in data 28 ottobre 2016 (come confermato dalla stessa ricorrente nel ricorso gerarchico datato 7 novembre 2016) e che il mezzo introduttivo è stato notificato il 24 febbraio 2017. Ai sensi dell’art. 5, comma 8, del bando – non impugnato – la pubblicazione sul [#OMISSIS#] web del decreto di approvazione della graduatoria ha valore di notifica [#OMISSIS#] interessati (ma [#OMISSIS#] specie l’avvenuta presentazione del ricorso gerarchico dimostra che si è avuta comunque la piena conoscenza del provvedimento).
Né si può concedere il beneficio della rimessione in termini per errore scusabile, visto che la ricorrente esercita la professione di avvocato ed è quindi per definizione esperta della materia.
11. Il ricorso, laddove fosse da trattare nel merito, sarebbe inammissibile anche per omessa notifica ad almeno un controinteressato (controinteressato che non può [#OMISSIS#] essere individuato nel coordinatore del corso di dottorato, il quale riveste semmai il ruolo di organo co-decidente). Le controdeduzioni che la ricorrente ha svolto rispetto alla puntuale eccezione sollevata sul punto dalla difesa dell’amministrazione non sono condivisibili, atteso che:
– da un punto di vista meramente empirico, si deve rilevare che la stessa ricorrente, avendo notificato correttamente a un controinteressato il successivo e analogo ricorso n. 156/2017 R.G. (deciso in pari data), mostra di aver compreso l’omissione in cui è incorsa nell’incardinare il presente giudizio;
– da un punto di vista giuridico, va osservato che il ricorso reca censure il cui accoglimento implicherebbe le lesione degli interessi dei soggetti ammessi al dottorato (si pensi, per tutti, ai motivi di ricorso con cui si contesta la regolarità della nomina dei docenti che hanno effettuato la prevalutazione). Né la ricorrente era ab origine in condizioni di poter sapere quale delle censure sollevate il Tribunale avrebbe ritenuto fondate, non avendo fra l’altro provveduto a graduarle espressamente. E neanche giova all’avv. [#OMISSIS#] l’aver richiesto al [#OMISSIS#] la misura cautelare dell’iscrizione al dottorato in sovrannumero (la qual cosa avrebbe evitato di incidere sulla posizione dei controinteressati), sia perché tale domanda avrebbe potuto essere respinta, sia per quanto si dirà a proposito della domanda di reintegrazione in forma specifica.
Anche sotto questo profilo, dunque, la domanda impugnatoria è inammissibile.
12. Va respinta invece nel merito la domanda risarcitoria, che è stata proposta in via principale (seppure in maniera tecnicamente irrituale) come domanda di reintegrazione in forma specifica e, in via subordinata, come domanda di risarcimento dei danni, anche da ritardo, per equivalente monetario. Tali domande risultano infatti proposte entro il [#OMISSIS#] di 120 giorni dalla data di adozione del provvedimento lesivo, ossia il decreto rettorale di approvazione degli atti della selezione.
13. Partendo dalla domanda di reintegrazione in forma specifica, il Collegio ritiene di dover operare due considerazioni, una di carattere generale e l’altra legata alla disciplina della presente selezione.
13.1. Partendo dai [#OMISSIS#] di carattere generale, una ormai risalente ma sempre valida giurisprudenza, formatasi all’epoca in cui era operante la c.d. pregiudiziale amministrativa, aveva rilevato che con riguardo alla reintegrazione in forma specifica il previo annullamento del provvedimento lesivo costituisce condizione imprescindibile per l’accoglimento della domanda risarcitoria (TAR Lecce, n. 4013/2006, punto 7.3., n. 530/2008, punto 4.2., n. 492/2009, punto 4.2.). Consapevole della improprietà del richiamo alle categorie civilistiche (in quanto gli istituti di cui [#OMISSIS#] artt. 2043 c.c. e 2058 c.c. presuppongono che ci sia stata una lesione dolosa o colposa di una posizione giuridica soggettiva a cui si [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ex post, mentre la reintegrazione in forma specifica di cui si parla in questo [#OMISSIS#] consiste nell’attribuire al ricorrente vittorioso la stessa utilità che egli avrebbe ottenuto in assenza dell’atto illegittimo), tale giurisprudenza aveva altresì avuto cura di premettere che [#OMISSIS#] materia degli appalti e dei concorsi pubblici – e comunque in presenza di interessi legittimi c.d. pretensivi – per reintegrazione in forma specifica si intende l’attribuzione al ricorrente del [#OMISSIS#] della [#OMISSIS#] come conseguenza dell’annullamento dell’atto negativo o dell’accertamento dell’illegittimità del silenzio della P.A.
Tornando al discorso principale, la suddetta conclusione si impone per il semplice fatto che nei procedimenti di [#OMISSIS#] (gare d’appalto, concorsi e selezioni pubbliche, etc.) il [#OMISSIS#] della [#OMISSIS#] non può essere conseguito da tutti i partecipanti, ma da uno solo – nelle gare d’appalto – o da un numero di soggetti che coincida con i posti messi a concorsi – nelle selezioni pubbliche. Per cui, se non viene rimosso il provvedimento illegittimo che ha attribuito il [#OMISSIS#] della [#OMISSIS#] ad un concorrente non meritevole (il che presuppone però che l’atto venga impugnato tempestivamente), gli altri concorrenti possono al [#OMISSIS#] conseguire il risarcimento per equivalente monetario. Questo scenario, come è noto, è del tutto fisiologico [#OMISSIS#] materia degli appalti pubblici.
13.2. Nelle controversie relative ai concorsi pubblici, però, la situazione è in parte diversa, potendo in molti casi essere ampliato ex post il numero dei soggetti chiamati in servizio dall’amministrazione (c.d. scorrimento della graduatoria), per cui il discorso svolto nel precedente paragrafo potrebbe non essere persuasivo.
Questo è tanto vero che la ricorrente si è premurata di evidenziare che la sua iniziativa giudiziaria non intende penalizzare i colleghi ammessi al corso di dottorato, potendo essere disposta la sua iscrizione in sovrannumero.
Qui però subentra la considerazione legata alla specifica disciplina concorsuale, che la difesa dell’Università ha molto opportunamente richiamato.
In disparte il fatto che, essendo ormai decorso il [#OMISSIS#] decadenziale per l’impugnazione del decreto rettorale n. 294/2016, l’accoglimento in parte qua del ricorso implicherebbe l’ammissione al dottorato di un candidato che non ha comunque superato le prove selettive, l’amministrazione ha evidenziato che:
– l’art. 18 del Regolamento di Ateneo in materia di dottorato di ricerca, consultabile sul [#OMISSIS#] internet di UNIMC, stabilisce che la possibilità di scorrere le graduatorie delle selezioni per l’ammissione ai corsi di dottorato deve essere espressamente prevista nei singoli bandi;
– nel [#OMISSIS#] di specie il bando non prevedeva tale possibilità.
La domanda di reintegrazione in forma specifica va dunque respinta.
14. Stessa sorte merita la domanda di risarcimento dei danni per equivalente.
A tal riguardo si deve osservare che:
– tranne che [#OMISSIS#] materia degli appalti pubblici (dove vigono i principi affermati dalla Corte di Giustizia UE [#OMISSIS#] nota sentenza 30 settembre 2010, in causa C-314/09), anche nel processo amministrativo l’accoglimento della domanda di condanna della P.A. al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 2043 c.c. presuppone la sussistenza di tutti gli elementi dell’illecito civile (e questo almeno fino a quando non vi sarà una compiuta elaborazione dottrinale e giurisprudenziale di un modello diverso di responsabilità dei poteri pubblici);
– in particolare, nelle controversie che originano da atti amministrativi il [#OMISSIS#] deve accertare l’illegittimità dei provvedimenti che vengono in rilievo (senza di che non è possibile a priori parlare di danno ingiusto) e la c.d. colpa di apparato;
– [#OMISSIS#] specie, l’operato dell’intimata Università non si connota per la violazione delle norme del bando di selezione. In effetti, ai sensi dell’art. 5, la prevalutazione delle domanda doveva essere svolta da docenti non facenti parte della commissione nominata formalmente dal Rettore. La designazione di tali docenti (la cui specifica competenza professionale non può essere messa in discussione) da parte del coordinatore del corso di dottorato poteva avvenire anche prima dell’avvio della selezione, trattandosi di una fase del procedimento improntata alla massima informalità. Analogamente, la prevalutazione non andava consacrata in un verbale, essendo svolta con il sistema dell’evaluation form, ossia mediante procedura informatizzata a cui i docenti prevalutatori potevano accedere solo con le proprie credenziali (il che confermava la paternità dell’atto);
– in sede di prevalutazione il progetto presentato dalla ricorrente è stato “bocciato” sulla base di considerazioni che sono in buona parte insindacabili e che attengono comunque a [#OMISSIS#] del tutto inerenti l’oggetto del corso di dottorato (per cui non può sostenersi che i criteri in base ai quali sono state valutate le domande fossero arbitrari o inconferenti);
– va poi rilevato che in realtà non vi era un obbligo dell’Ateneo di coprire tutti i posti messi a concorso, essendo comunque necessario che i candidati risultassero meritevoli. Per questo non sono nemmeno utili alla ricorrente (oltre che inammissibili per omessa notifica del ricorso ai controinteressati) i rilievi relativi ad altri soggetti ammessi al dottorato. Il fatto che la commissione abbia eventualmente sbagliato ad ammettere tali candidati non implica come conseguenza diretta ed automatica che la ricorrente meritasse l’ammissione;
– per queste ragioni non può nemmeno ritenersi sussistente la c.d. colpa d’apparato, l’esclusione essendo fondata su valutazioni di merito che non appaiono ictu oculi irragionevoli o ingiuste. In particolare è da condividere il giudizio espresso dell’evaluation form secondo cui il progetto di ricerca presentato dalla ricorrente [#OMISSIS#] dell’indicazione di obiettivi chiari.
15. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile quanto alla domanda impugnatoria, mentre va respinto con riguardo alla domanda risarcitoria.
Le spese di giudizio si possono eccezionalmente compensare, vista la complessità di alcune delle questioni sollevate dall’avv. [#OMISSIS#].
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
– in parte lo dichiara inammissibile e in parte lo respinge;
– compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Ancona [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 26 [#OMISSIS#] 2017 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
Pubblicato il 29/06/2017