L’accoglimento dell’istanza di trattenimento in servizio ex art. 16, comma 1, D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503 non può conseguire esclusivamente dalla tempestività, dalla regolarità e dalla meritevolezza della richiesta, con riguardo ai criteri generali e alle esigenze di didattica e ricerca, dovendo l’università valutare prioritariamente l’ammissibilità dell’istanza sotto il profilo della conformità finanziaria.
La normativa di cui al combinato disposto degli artt. 5 e 7, D.Lgs. 29 marzo 2012, n. 49 e dell’art. 9, comma 31, D.L. 31 maggio 2010, n. 78 può costituire un limite giuridico-finanziario invalicabile per l’accoglimento dell’istanza di trattenimento in servizio ex art. 16, comma 1, D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503. Il citato art. 9 statuisce che, al fine di agevolare il processo di riduzione degli assetti organizzativi delle pubbliche amministrazioni, i trattenimenti in servizio previsti dall’art. 16, D.Lgs. n. 503/1992 possono essere disposti esclusivamente nell’ambito delle facoltà assunzionali consentite dalla legislazione vigente, in base alla cessazione di personale e con il rispetto delle relative procedure autorizzatorie. Gli artt. 5 e 7, D.Lgs. n. 49/2012, invece, fissano un limite per le spese di personale delle università: qualora il trattenimento in servizio comporti il superamento del summenzionato limite, il provvedimento di diniego risulta legittimo.
I principi sanciti dalla Corte costituzionale nella sentenza 8 maggio 2013, n. 83 diventano inconferenti a fronte dei limiti posti all’autonomia universitaria dalla più recente normativa finanziaria, che non consente in alcun modo di ignorare le disposizioni in materia di contingentamento delle assunzioni di personale delle università statali, cui sono equiparati i trattenimenti in servizio del personale pensionabile.