TAR Sardegna, Cagliari, Sez. I, 1 agosto 2014, n. 686

Diniego nulla osta trasferimento da università straniera-Legittimità test preselettivo

Data Documento: 2014-08-01
Area: Giurisprudenza
Massima

Ai sensi dell’art. 21 octies, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, la mancata comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento delle istanza di trasferimento studenti non comporta l’annullamento del provvedimento finale di diniego di nulla osta, trattandosi di attività amministrativa vincolata (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. VI, 22 novembre 2013, n. 5561).
Dall’esame degli artt. 1, lett. a), e 4, della legge 2 agosto 1999, n. 264, non emerge in alcun modo che l’obbligo di sostenere il test d’ingresso alle facoltà a numero chiuso operi limitatamente al primo anno di corso, dovendosi, invece, ritenere-stante l’inequivoco disposto normativo- che detto obbligo sussista anche nel caso di domanda di accesso dall’esterno ad anni di corso successivi al primo.

Contenuto sentenza

N. 00686/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01087/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1087 del 2013, proposto da: 
[#OMISSIS#] Cossu, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Sardegna in Cagliari, via Sassari n. 17; 
contro
l’Università degli Studi di Cagliari, in persona del rettore pro tempore;
il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore;
entrambi rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Cagliari, via Dante n. 23; 
per l’annullamento
– del provvedimento prot. 17073 del 7.8.2013, emesso dall’Università degli Studi di Cagliari, con il quale veniva respinta la domanda di trasferimento del ricorrente proveniente da Ateneo comunitario;
– dell’art. 18 del D.R. 933 del 1.7.2013, del bando con cui sono stati decretati i posti disponibili per l’a.a. 2013/2014 per i trasferimenti da altri atenei, dell’art. 34 del regolamento carriere e della graduatoria nella parte in cui non prevede l’ammissione della ricorrente al corso di laurea prescelto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Cagliari e del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 aprile 2014 il dott. [#OMISSIS#] Manca e uditi l’avv. [#OMISSIS#] Antonellis, in dichiarata sostituzione dell’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], per la parte ricorrente; e l’avv.to dello Stato [#OMISSIS#] Risi per l’Amministrazione resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – La ricorrente, iscritto al corso di laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università WEST UNIVERSITY “Vasile Goldis” di ARAD (Romania) per l’a.a. 2012/2013, ha presentato domanda di trasferimento e iscrizione al corso di laurea magistrale in “Medicina e Chirurgia” presso l’Università degli Studi di Cagliari, per l’anno accademico 2013/2014. Con nota del 7 agosto 2013, n. 17073, l’Università comunicava alla ricorrente che la domanda di trasferimento non poteva essere valutata, in quanto era necessario il “superamento presso un ateneo nazionale della prova di accesso per il Corso di Laurea Magistrale di interesse”; ossia il corso in Medicina e Chirurgia.
2. – Con il ricorso in epigrafe, la sig.ra [#OMISSIS#] Cossu chiede l’annullamento del diniego sopra richiamato, nonchè degli altri provvedimenti meglio indicati in epigrafe, deducendo articolate censure.
3. – Si sono costituiti in giudizio l’Università degli Studi di Cagliari e il Ministero dell’Istruzione, chiedendo che il ricorso sia respinto.
4. – All’udienza pubblica del 30 aprile 2014, la causa è stata trattenuta in decisione.
5. – Con il primo motivo, il ricorrente si duole della violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990.
5.1. – Il motivo non è fondato, per le condivisibili ragioni enunciate dal Consiglio di Stato in diverse occasioni (cfr. da ultimo Cons. St., sez. VI, 22 novembre 2013, n. 5561), ponendo in evidenza come, nella fattispecie, si tratti di attività amministrativa vincolata; nel cui ambito, ai sensi dell’art. 21-octies, comma 2, l. n. 241 del 1990, la mancata comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento delle istanze di trasferimento in esame, non comporta l’annullamento del provvedimento finale impugnato.
6. – I restanti motivi del ricorso possono essere esaminati congiuntamente, considerato che – anche se sotto diversi profili – si incentrano sulla fondamentale questione della necessità, o non, del superamento della prova selettiva per l’accesso ai corsi di laurea a numero programmato, ai sensi della legge 2 agosto 1999, n. 264, anche per chi, come la ricorrente, intenda iscriversi a corsi di laurea presso Università italiane dopo aver superato una prova di ammissione a corsi di insegnamento superiore, universitario, in altro Stato membro dell’Unione Europea.
6.1. – Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione degli articoli 2, 4, 33, 34 e 97 della Costituzione, della legge 2 agosto 1999, n. 264, nonché eccesso di potere per irragionevolezza e difetto di motivazione, in quanto il provvedimento impugnato integrerebbe la lesione del diritto allo studio della ricorrente, costituzionalmente tutelato.
6.2. – Con il terzo e il quinto motivo, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2 della legge 11 luglio 2002, n. 148, (Ratifica ed esecuzione della Convenzione sul riconoscimento dei titoli di studio relativi all’insegnamento superiore nella Regione europea, fatta a Lisbona l’11 aprile 1997, e norme di adeguamento dell’ordinamento interno), che impone alle Università di esaminare i trasferimenti valutando previamente i programmi di studio svolti all’estero; nonché dell’art. 31 del d.lgs. 9 novembre 2007, n. 206, e degli articoli 3, 14, 17-21, in relazione all’art. 165, del Trattato CE (rectius: T.F.U.E.), posto che imporre di superare un nuovo test di ingresso sarebbe illogico sia per il fatto che il ricorrente ha superato analogo test per l’iscrizione all’Università straniera, sia perché quando vi siano posti disponibili negli anni successivi al primo l’accoglimento delle istanze di trasferimento non inciderebbe sulla programmazione nazionale.
Inoltre, subordinare l’accoglimento dell’istanza di trasferimento al superamento del test di ammissione, anche per studenti provenienti da Atenei comunitari, sarebbe incompatibile con i principi comunitari in materia di libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione Europea.
6.3. – Con il quarto motivo, degli articoli 10 e 12 del regio decreto n. 1269/1938, del D.M. 22 ottobre 2004, n. 270, della legge n. 264/1999, nonchè degli articoli 3, 14, 17-21, in relazione all’art. 165, del Trattato CE (rectius: T.F.U.E.).
6.4. – Con il sesto motivo, la ricorrente richiama la violazione degli articoli 2, 4, 33, 34 e 97 della Costituzione e della legge 2 agosto 1999, n. 264, nonché eccesso di potere per irragionevolezza e difetto di motivazione, nella parte in cui il provvedimento impugnato non ha tenuto conto del fatto che sussistono posti liberi nel corso di laurea di interesse della ricorrente.
7. – I motivi sopra riassunti sono infondati.
7.1. – In primo luogo, deve rilevarsi che dall’esame dell’art. 1, lett. a), e dell’art. 4, della l. n. 264/1999 non emerge in alcun modo che l’obbligo di sostenere il test d’ingresso alle facoltà a numero chiuso operi limitatamente al primo anno di corso, dovendosi, invece, ritenere – stante l’inequivoco disposto normativo – che detto obbligo sussista anche nel caso di domanda di accesso dall’esterno ad anni di corso successivi al primo. In questo senso deve essere inteso l’art. 4, comma 1, cit., il quale, nel prevedere che «l’ammissione ai corsi di cui agli articoli 1 e 2 è disposta dagli atenei previo superamento di apposite prove», non fa alcuna distinzione fra l’accesso al primo anno di corso e l’ammissione agli anni di corso successivi (in senso conforme si veda la giurisprudenza [#OMISSIS#] del Consiglio di Stato: di recente sez. VI, 22 novembre 2013, n° 5561).
7.2. – In secondo luogo, sono manifestamente infondati anche i dubbi di compatibilità della disciplina di diritto interno con le norme del diritto europeo, primario o derivato, considerato che la Corte di Giustizia UE (cfr., ex multis, Grande Sezione, 23 ottobre 2007, nelle cause riunite C-11/06 e C-12/06, Morgan e Bucher, punto 24; 13 aprile 2010, in causa C-73/08, Bressol, punti 28 e 29) ha costantemente affermato che la materia del diritto all’istruzione e del diritto all’insegnamento è riservata ai singoli stati membri, ai sensi dell’art. 165 del TFUE (già art. 149 del Trattato CE); anche l’ulteriore principio fissato dalla giurisprudenza europea, ossia che tale competenza deve essere esercitata nel rispetto del diritto comunitario e in particolare delle disposizioni del Trattato relative alla libertà di circolare e soggiornare nel territorio degli Stati membri, quale conferita dall’art. 18, n. 1, del Trattato CE (ora art. 20 del TFUE), non è compromesso nella fattispecie, poiché la previsione o l’obbligo di superare una prova preliminare per accedere a determinati corsi di laurea non ha un contenuto discriminatorio (si applica, infatti, indistintamente ai cittadini italiani e ai cittadini degli altri stati membri) e non preclude la libertà di circolazione.
7.3. – Anche la Corte costituzionale, con sentenza 27 novembre 1998, n. 383 ha chiarito come l’ammissione ai corsi universitari sia rimessa alla disciplina legislativa, che deve assicurare ai soggetti capaci e meritevoli il raggiungimento dei livelli più alti dell’istruzione, ma in conformità ai successivi articoli 33 e 34 della Cost., i quali non escludono che il percorso formativo possa essere condizionato anche dalle risorse umane e dalle strutture organizzative degli atenei, oltre che dal «fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo» (come previsto dall’art. 3, comma 1, lett. a), della legge n. 264 del 1999, da riferire all’intero ambito comunitario: cfr. Cons. Stato, VI,, 3 settembre 2013, n. 4396).
7.4. – Ne deriva come conseguenza che nessun rilievo assume la circostanza che, con riferimento ai corsi di laurea presso cui intende trasferirsi la ricorrente, sussistano posti disponibili per iscrizioni ad anni successivi al primo; e ciò, appunto, per l’assorbente ragione che la partecipazione e il superamento del test di ammissione costituisce un requisito necessario sia per l’iscrizione al primo anno di corso che per l’iscrizione agli altri anni di corso.
7.5. – Infine, per quanto concerne la censura relativa alla violazione della legge 11 luglio 2002, n. 148 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione sul riconoscimento dei titoli di studio relativi all’insegnamento superiore nella Regione europea fatta a Lisbona l’11 aprile 1997 e norme di adeguamento dell’ordinamento), deve osservarsi che l’art. 2 della legge cit., nell’attribuire alle Università la «competenza per il riconoscimento dei cicli e dei periodi di studio svolti all’estero e dei titoli di studio stranieri, ai fini dell’accesso all’istruzione superiore, del proseguimento degli studi universitari e del conseguimento dei titoli universitari italiani», indica come parametro di valutazione dei percorsi di studio svolti all’estero la «conformità ai rispettivi ordinamenti»; formula ampia, il cui significato appare idoneo a ricomprendere sia il riferimento alle norme espressione dell’autonomia universitaria, sia quello alle norme dell’ordinamento generale, tra le quali quelle che disciplinano l’accesso programmato ai corsi di laurea ai sensi della legge n. 264/1999. La necessità del superamento di una prova selettiva di ammissione, conseguentemente, assorbe e rende inapplicabile, nelle facoltà in cui è contemplata, la valutazione e il riconoscimento dei periodi di studio all’estero.
8. – Il ricorso, in conclusione, deve essere integralmente rigettato.
9. – Tenuto conto di ogni circostanza connotante la presente controversia, si ravvisano sufficienti ragioni per compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 30 aprile 2014 con l’intervento dei magistrati:
Caro [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
Grazia Flaim, Consigliere
[#OMISSIS#] Manca, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/08/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)