N. 01972/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00286/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 286 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Massimo [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] Russello e [#OMISSIS#] Rametta, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Catania, via Umberto I, n. 187;
contro
Università degli Studi di Catania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso l’Ufficio legale dell’Ateneo, in Catania, piazza Università, n. 2;
nei confronti di
[#OMISSIS#] Coco, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Toscano e [#OMISSIS#] Lo Duca, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Catania, via Milano, n 85;
per l’annullamento
quanto al ricorso principale
– del decreto dirigenziale n. 4613 del 15 dicembre 2015 con cui Il Direttore generale dell’Università degli Studi di Catania ha decretato che “la dott.ssa [#OMISSIS#] Coco … è stata individuata dalla commissione giudicatrice quale candidato migliore nella selezione pubblica per la stipula di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato per lo svolgimento di attività di ricerca, di didattica integrativa e di servizio agli studenti, ai sensi dell’art. 24 comma 3 lettera a) della legge 240/2010 per il settore concorsuale 05/D1 Fisiologia”;
– di tutti gli atti presupposti e in particolare, dei verbali della Commissione giudicatrice n. 3 del 9 novembre 2015, n. 4 del 10 novembre 2015 e n. 5 del 4 dicembre 2015, relativi a tale procedura concorsuale, nella parti recanti le valutazioni ed i giudizi che hanno condotto all’individuazione della controinteressata quale vincitrice;
– del verbale del Consiglio di Dipartimento di Scienza Biomediche e Biotecnologiche di Catania n. 16 del 23 dicembre 2015, con cui è stata approvata la chiamata della dott.ssa [#OMISSIS#] Coco per le necessità di ricerca e di didattica del SSD BIO/09;
– del verbale del Consiglio di Amministrazione dell’Università n. 1 del 2 febbraio 2016 (non in possesso del ricorrente in quanto non ancora pubblicato sul sito dell’Ateneo);
quanto al ricorso per motivi aggiunti
– del decreto rettoriale n. 4546/12 conosciuto solo il 5 marzo 2016 a seguito della produzione in giudizio dello stesso decreto da parte della controinteressata;
– di ogni altro atto preparatorio, presupposto, connesso e/o consequenziale od esecutivo, non conosciuto, di detti provvedimenti e, occorrendo, dell’eventuale contratto di lavoro medio tempore stipulato tra l’Università e la controinteressata;
nonché per la dichiarazione, ex art. 117 cod. proc. amm., di illegittimità del diniego opposto dall’amministrazione all’esercizio del diritto di accesso agli atti e l’annullamento delle note prot. n. 6656 del 22 gennaio 2016 e n. 11233 del 2 febbraio 2016 di riscontro della richiesta di accesso agli atti formulata dal ricorrente.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Catania;
Visto l’atto di costituzione in giudizio ed il ricorso incidentale proposto dalla controinteressata [#OMISSIS#] Coco;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 luglio 2016 la dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso introduttivo, il ricorrente impugnava gli atti in epigrafe, con cui l’Università degli Studi di Catania ha individuato la dottoressa [#OMISSIS#] Coco, con un punteggio pari a ottanta punti (subito seguita in graduatoria, con un punteggio pari a settantatre punti, dal ricorrente), quale candidata migliore e, dunque, vincitrice nella selezione pubblica indetta dall’Ateneo per la stipula di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato per lo svolgimento di attività di ricerca, di didattica integrativa e di servizio agli studenti, ai sensi dell’art. 24 comma 3 lettera a) della legge 240/2010 nel settore concorsuale 05/D1 “Fisiologia”(SSD BIO/09).
In particolare, parte ricorrente chiedeva l’annullamento di tali atti assumendone l’illegittimità in quanto viziati dalla mancata esclusione dalla relativa procedura concorsuale della controinteressata per aver essa reso in seno all’istanza di partecipazione alla procedura selettiva per cui è causa (in atti):
1. la dichiarazione positiva circa il possesso del requisito di ammissione, richiesto a pena di esclusione dal concorso all’art. 3, punto 8, del relativo Bando di concorso, consistente nel “non essere stato destituito dall’impiego presso una Pubblica Amministrazione per persistente insufficiente rendimento e di non essere stato dichiarato decaduto da un impiego statale, ai sensi dell’art. 127 lettera d) del D.P.R. 10.1.1957 n. 3”, ritenuta falsa in quanto presentata nonostante con decreto rettoriale dell’Ateneo resistente n. 4546 del 30 novembre 2012, emesso in esecuzione della sentenza del C.G.A.R.S. n. 1042/2012 (di annullamento del decreto della medesima Università di approvazione di un’altra procedura concorsuale vinta dalla stessa dottoressa [#OMISSIS#] Coco), quest’ultima fosse già stata dichiarata decaduta dal discendente impiego statale per aver ottenuto l’incarico mediante dichiarazione falsa (in tal senso, quanto si legge a pagina 76 del verbale n. 7 del Consiglio di amministrazione dell’Università resistente relativo all’Adunanza del 29 aprile 2015, in atti);
2. la dichiarazione “di essere a conoscenza di iscrizione ex art. 335 c.p.p.” e, dunque, della pendenza di un procedimento penale nei suoi confronti, in violazione dell’art. 3, punto 7, del medesimo Bando di concorso che, nel richiedere la diversa dichiarazione “di non essere a conoscenza dell’esistenza di procedimenti penali”, non ammetterebbe una dichiarazione di segno contrario del tipo di quella resa dalla controinteressata.
Il ricorrente proponeva, altresì, ricorso ai sensi dell’art. 116 del cod. proc. amm., sostenendo l’illegittimità del rifiuto opposto, con prot. n. 6656 del 22 gennaio 2016 e n. 11233 del 2 febbraio 2016, dall’amministrazione universitaria all’istanza di accesso agli atti da lui avanzata con riferimento al citato decreto rettoriale dell’Ateneo resistente n. 4546 del 30 novembre 2012, in relazione all’esigenza di agire giudizialmente nei confronti della resistente al fine di impugnare gli atti della procedura concorsuale per cui è causa (terzo motivo).
Si costituiva in giudizio l’Ateneo resistente, depositando in allegato n. 23 alla memoria di costituzione, il decreto rettoriale richiesto da parte ricorrente nonché eccependo quanto segue:
– tale decreto di annullamento con efficacia ex tunc della nomina in ruolo disposta nei confronti della controinteressata [#OMISSIS#] Coco (prodotto in giudizio dalla stessa amministrazione) sarebbe stato emesso “in via di mera esecuzione” del giudicato discendente dalla sentenza del C.G.A.R.S. n. 1042/2012 di “caducazione della nomina di ruolo disposta a benefico della dr.ssa Coco” (in tal senso tale pronuncia), con la conseguenza che tale atto non integrerebbe – come invece vorrebbe parte ricorrente – un’ipotesi di destituzione o decadenza da un impiego pubblico ai sensi dell’art. 2, comma 3, del d.P.R. n. 487/1994;
– all’epoca della domanda di partecipazione della controinteressata (datata 18 giugno 2014) non era ancora pendente alcun processo penale a carico di quest’ultima, attesa la formulazione della relativa imputazione per il delitto di cui all’art. 484 c.p. (“falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico” in relazione alla precedente procedura concorsuale annullata con la citata sentenza del C.G.A.R.S.) solo il 22 dicembre 2015 e, quindi, successivamente all’inoltro della domanda stessa.
Si costituiva, altresì, in giudizio la controinteressata, sostenendo anch’essa la veridicità delle dichiarazioni rese nonché l’irrilevanza della pendenza di un processo penale a suo carico, non conseguendone automaticamente l’esclusione dalla procedura concorsuale in questione, attesa l’assenza nell’ordinamento universitario e nel relativo Bando di concorso di una previsione in tal senso.
La Sezione con ordinanza n. 208/2016, “ritenuto che le censure prospettate da parte ricorrente … siano astrattamente idonee, alla luce della delibazione sommaria propria della presente fase cautelare, ad inficiare le determinazioni assunte dall’amministrazione resistente con il provvedimento impugnato”, fissava ex art. 55, comma 10, l’udienza pubblica di trattazione.
La controinteressata, con atto depositato il 22 aprile 2016 proponeva ricorso incidentale avverso:
– il decreto rettoriale n. 1898 del 5 maggio 2014 di indizione della selezione pubblica per cui è causa, ove inteso nel senso di richiedere, quale requisito di ammissione al concorso, anche la non sottoposizione a procedimento penale dei candidati (primo motivo);
– del provvedimento di ammissione del ricorrente e dei verbali della Commissione giudicatrice, nella parte in cui, nel valutare i titoli e le pubblicazioni da costui autocertificati, viene attribuito al ricorrente medesimo un punteggio complessivo di settantatre punti, di cui quattordici per titoli e cinquantanove per pubblicazioni: assume, in particolare, la controinteressata che tale Commissione sarebbe incorsa in macroscopici errori valutativi, con conseguente riduzione del punteggio conseguito dal ricorrente a soli sessantotto punti (ovvero al di sotto della soglia minima necessaria di settanta punti) per l’effetto della sottrazione allo stesso di cinque punti relativamente ai titoli, ed avendo illogicamente attribuito alle pubblicazioni del ricorrente un punteggio superiore a quello attribuito ad un altro candidato (D’Antoni), che avrebbe prodotto ben dodici pubblicazioni internazionali e non undici internazionali ed una nazionale come il ricorrente (secondo motivo).
Il ricorrente, poi, con atto depositato il 9 maggio 2016 proponeva, altresì, ricorso per motivi aggiunti avverso il citato decreto rettoriale n. 4546 del 30 novembre 2012 (riferendo di averne conosciuto l’esatto contenuto solo a seguito della produzione dello stesso in atti) per violazione del citato art. 127, lettera d), del d.P.R. n. 3/1957, ove interpretato nel senso che nessuna decadenza abbia dichiarato, evidenziando il carattere vincolato dell’atto che l’amministrazione deve adottare nel caso in cui, come nel caso di specie, sia stato giudizialmente accertato con sentenza passata in giudicato il dato oggettivo della falsità dell’atto a mezzo del quale l’impiego è stato conseguito (primo motivo).
Parte ricorrente introduceva, inoltre, ulteriori doglianze avverso i provvedimenti già impugnati, evidenziando l’erronea valutazione ad opera della Commissione esaminatrice di alcune delle esperienze didattiche indicate dalla controinteressata nella propria domanda di partecipazione, tael da determinare la sottrazione alla candidata di ben otto punti, con riduzione del punteggio complessivo a soli settantadue punti e, dunque, al di sotto di quello conseguito dal concorrente (secondo motivo).
La controinteressata con memoria depositata il 6 giugno 2016 eccepiva, tra l’altro, l’irricevibilità del ricorso per motivi aggiunti per tardività, deducendo come il ricorrente fosse a conoscenza del contenuto del decreto rettoriale impugnato e degli atti di valutazione impugnati ben prima che tali documenti venissero prodotti in giudizio.
Anche l’Università resistente con memoria depositata in pari data eccepiva la tardività del ricorso per motivi aggiunti relativamente alla sola impugnazione degli atti di valutazione posti a fondamento del secondo motivo ivi proposto.
All’udienza pubblica del 7 luglio 2016, la causa veniva trattata e, dunque, trattenuta in decisione.
1. Per quanto concerne, innanzi tutto, l’ordine di esame dei ricorsi principale ed incidentale, il Collegio si richiama ai principi posti dall’Adunanza Plenaria con la sentenza 25 febbraio 2014, n. 9, con particolare riferimento all’affermazione, quale regola generale, del previo esame del ricorso incidentale con finalità escludente.
2. Poste le superiori premesse, la controinteressata, nell’intento di elidere ogni interesse del ricorrente all’annullamento degli atti della selezione pubblica in questione, ha proposto ricorso incidentale finalizzato, con il secondo motivo ivi proposto, ad escludere, comunque, che costui possa risultare vincitore in luogo della stessa, deducendo plurimi errori in cui l’amministrazione sarebbe incorsa nel valutare i titoli e le pubblicazioni autocertificati dal ricorrente, per effetto dei quali i punteggi da quest’ultimo riportati dovrebbero, in tesi, essere ridotti al di sotto della soglia minima necessaria di settanta punti prevista nel Bando.
Orbene, ritiene il Collegio che tale doglianza non possa essere accolta, atteso quel consolidato orientamento giurisprudenziale che, con riferimento alla procedure concorsuali, afferma l’insindacabilità della concreta attribuzione del punteggio da parte di una commissione esaminatrice, se non in presenza di “specifici elementi di fatto non opinabili da cui sia possibile desumere che la commissione medesima sia effettivamente incorsa in macroscopici vizi logici e di irragionevolezza” (ex multis, Consiglio di Stato, sezione IV, n. 1891/2007), e considerato che la difesa dell’odierna controinteressata non ha posto in evidenza elementi idonei ad evidenziare, nella valutazione espressa relativamente ai titoli ed alle pubblicazioni del ricorrente, uno sviamento logico od un errore di fatto o, ancora, una contraddittorietà rilevabile ictu oculi.
Tale motivo di impugnazione deve, pertanto, essere rigettato, non residuando, nel caso di specie, spazio alcuno per un sindacato del giudice amministrativo nel merito dei singoli apprezzamenti espressi, anche in sede di attribuzione al ricorrente dei punteggi contestati, nell’esercizio di quell’ampia discrezionalità spettante alla commissione esaminatrice nella valutazione, in concreto, dell’idoneità tecnica e/o culturale ovvero attitudinale del candidato, dovendo il presente giudizio rimanere, invece, limitato ad una generale verifica della logicità e razionalità dei criteri seguiti in sede di scrutinio, nel caso di specie ricorrenti (in senso conforme, T.A.R. Lazio, Roma, sezione I, n. 12465/2015).
3. Passando, quindi, ad esaminare il merito del ricorso principale, tale ricorso è fondato sotto l’assorbente profilo della dedotta mancanza in capo alla controinteressata di un requisito di ammissione espressamente richiesto, a pena di estromissione dalla procedura, dal relativo Bando di concorso (primo motivo di doglianza), secondo cui, infatti, il candidato “dovrà altresì dichiarare, sotto la sua personale responsabilità, ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. 28.12.2000, n. 445, pena l’esclusione dal concorso: (…) 8. di non essere stato destituito dall’impiego presso una Pubblica Amministrazione per persistente insufficiente rendimento e di non essere stato dichiarato decaduto da un impiego statale, ai sensi dell’art. 127 lettera d) del D.P.R. 10.1.1957 n. 3” (in tal senso, l’art. 3, punto 8, alle pagine 10 e 11 del Bando).
Risulta, infatti, agli atti di causa che la vincitrice – nonostante la dichiarazione resa in tal senso in seno all’istanza di partecipazione alla procedura selettiva per cui è causa – è stata sostanzialmente dichiarata decaduta da altro impiego statale, ai sensi del citato art. 127, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 3/1957, secondo cui “l’impiegato incorre nella decadenza dall’impiego: (…) d) quando sia accertato che l’impiego fu conseguito mediante la produzione di documenti falsi o viziati da invalidità non sanabile”, essendo il Collegio dell’avviso che – al di là dei termini ivi utilizzati – in tal senso debba intendersi il contenuto dispositivo del citato decreto rettoriale n. 4546 del 30 novembre 2011, anche alla luce del contenuto della sentenza del C.G.A.R.S. n. 1042/2012, in ossequio alla quale tale decreto è stato emanato.
Nell’ambito di tale pronuncia risulta, infatti, essere stato giudizialmente accertato con sentenza passata in giudicato, relativamente ad una precedente procedura concorsuale indetta dal medesimo Ateneo definitivamente, che, per l’appunto, “l’impiego fu conseguito mediante la produzione di documenti falsi o viziati da invalidità non sanabile”, attesa l’indiscussa emersione in tale sede del dato oggettivo della falsità dell’atto a mezzo del quale il lavoro fu ottenuto, ivi leggendosi che “la dr.ssa Coco ha reso false dichiarazioni, ai fini della partecipazione al concorso e per lucrare gli indebiti vantaggi, nella valutazione del proprio curriculum, di un’esperienza scientifica mai effettivamente svolta” , con conseguente “trasmissione della presente sentenza, contenente la notizia di reato, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Catania, ai sensi dell’art. 331, comma 4, c.p.p.”, ritenendosi integrato “il reato di cui al combinato disposto degli artt. 76 del cit. D.P.R. n. 445/2000 e 483 del cod. pen.”.
La giurisprudenza che Consiglio di Stato ha, infatti, avuto occasione di chiarire come “la decadenza dal servizio di cui all’art. 127 lett. d) t.u. 10 gennaio 1957 n. 3 opera quando sia accertato che l’impiego fu conseguito mediante la produzione di documenti falsi o viziati da invalidità non sanabile ed è quindi disposta in quanto al momento dell’instaurazione del rapporto, faceva difetto un elemento essenziale ai fini della costituzione” (in tal senso, ex multis, Sezione V, n. 5851/2002).
Alcun rilievo assumono, inoltre, al riguardo le eccezioni di segno opposto formulate dall’Università e dalla controinteressata in relazione a:
– la dichiarazione di illegittimità del secondo comma dell’art. 128 del d.P.R. n. 3/1957 (secondo cui “l’impiegato decaduto ai sensi della lettera d) dell’art. 127 non può concorrere ad altro impiego nell’Amministrazione dello Stato”) resa dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 329/2007 “nella parte in cui non prevede l’obbligo dell’amministrazione di valutare il provvedimento di decadenza dall’impiego, emesso ai sensi dell’art. 127, primo comma, lettera d), del presente decreto, al fine della ponderazione della proporzione tra gravità del comportamento e divieto di concorrere ad altro impiego nell’amministrazione dello Stato”;
– la pretesa inapplicabilità del citato art. 127 al personale dirigenziale e non dirigenziale delle Università.
Rivela, infatti, a tal proposito, come nel caso di specie non venga in considerazione la disposizione di cui al richiamato art. 128, comma 2, del d.P.R. n. 3/1957, né si ponga una preliminare questione di applicabilità del citato art. 127, atteso che, come visto, la causa di esclusione dal concorso risulta essere stata specificamente prevista nell’ambito della lex specialis della procedura concorsuale per cui è causa mediante l’espresso richiamo a tale art. 127 (cit. art. 3, punto 8, del relativo Bando di concorso), atto dal quale l’obbligata esclusione della controinteressata discende e nell’ambito del quale l’amministrazione universitaria ha, dunque, eseguito ex ante quella valutazione di gravità ritenuta indispensabile dalla Corte Costituzionale.
A ciò si aggiunga come il bando, per quel che concerne la previsione di detta dichiarazione a pena di esclusione, non risulta essere stato nemmeno impugnato dalla controinteressata in sede di ricorso incidentale, riferendosi la richiesta di annullamento ivi avanzata al solo requisito di ammissione al concorso rappresentato dalla non sottoposizione a procedimento penale dei candidati (in tal senso, il primo motivo).
4. In conclusione, per i motivi fin qui esposti, il ricorso principale deve essere accolto sotto il primo motivo, con assorbimento dei profili di gravame che non sono stati oggetto di specifica disamina – ivi compresi quelli proposti in sede di ricorso di motivi aggiunti – e conseguente esenzione del Collegio dall’obbligo di dover esaminare le eccezioni di inammissibilità per tardività proposte relativamente al ricorso per motivi aggiunti, nonché il ricorso incidentale proposto dalla controinteressata relativamente al primo motivo (non affrontato preliminarmente perché non escludente) con cui si impugna il bando ove inteso nel senso di richiedere, quale requisito di ammissione al concorso, anche la non sottoposizione a procedimento penale dei candidati. In riferimento al secondo motivo, sopra esaminato, il ricorso incidentale deve essere respinto.
Per l’effetto devono essere, quindi, annullati gli atti dell’Ateneo resistente impugnati in sede di ricorso principale, nella sola parte in cui non si è disposta l’esclusione dalla procedura concorsuale della controinteressata dottoressa [#OMISSIS#] Coco, con conseguente individuazione del ricorrente quale vincitore del relativo concorso.
Sussistono, comunque, giusti motivi, attesa la complessità della fattispecie esaminata, per compensare integralmente tra tutte le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, rigetta il ricorso incidentale presentato da parte controinteressata e accoglie il ricorso principale e, per l’effetto, annulla nei sensi di cui in motivazione gli atti con tale ricorso impugnati in via principale.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2016 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Barone, Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/07/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)