TAR Sicilia, Catania, Sez. III, 23 febbraio 2018, n. 415

Professore a contratto-Incarico di insegnamento-Giudizio di ottemperanza

Data Documento: 2018-02-23
Area: Giurisprudenza
Massima

Per effetto degli articoli 21 septies, legge 7 agosto 1990, n. 241 e 114, co. 4, lett. b), cpa, è competente il giudice dell’ottemperanza, in relazione ai provvedimenti emanati dall’amministrazione per l’adeguamento dell’attività amministrativa a seguito di sentenza passata in giudicato, per l’accertamento della nullità di detti atti per violazione o elusione del giudicato, e dunque della più grave delle patologie delle quali gli atti suddetti possono essere affetti.

Contenuto sentenza

N. 00415/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01371/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA NON DEFINITIVA
sul ricorso numero di registro generale 1371 del 2015, proposto da: 
[#OMISSIS#] Caratozzolo, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] Magaudda e Nunziello [#OMISSIS#], domiciliato ex art. 25 cpa presso la Segreteria di questo Tar Catania; 
contro
Universita’ degli Studi di Messina, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, domiciliata in Catania, via Vecchia Ognina, 149; 
per l’esecuzione e l’ottemperanza
della sentenza 152/2012, pronunziata nel ricorso 1298/2010 R.G.
 Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Universita’ degli Studi di Messina;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 febbraio 2018 la dott.ssa [#OMISSIS#] Stella [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Visto l’art. 36, co. 2, cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 FATTO
Con ricorso numero di registro generale 1298 del 2010 parte ricorrente chiedeva il riconoscimento del diritto al pagamento delle spettanze maturate per l’espletamento dell’incarico di insegnamento svolto nei corsi per il conseguimento del Diploma Universitario in Servizio Sociale, organizzati dall’Università degli Studi di Messina presso la sede distaccata di Locri, negli Anni Accademici 2005/2006 – 2006/2007 – 2007/2008 – 2008/2009; e per la condanna della stessa Università al pagamento di quanto dovuto.
L’Università di Messina aveva respinto l’istanza di parte ricorrente nel presupposto (ribadito nel corso del giudizio, per come si evince dalla sentenza numero 152/2012) della propria estraneità al rapporto controverso e comunque rilevando che, in forza della convenzione intercorsa tra l’Università medesima ed il Consorzio universitario della Locride, la retribuzione era a totale carico di quest’ultimo.
Questa Sez. III, con sentenza numero 152/2012, dopo aver precisato che l’Università era da ritenersi anch’essa direttamente obbligata in forza della propria attività di nomina dei docenti e di soggetto “creditore” della relativa prestazione didattica, accoglieva il ricorso, dichiarando il diritto della ricorrente al pagamento delle spettanze retributive maturate per l’incarico di insegnamento svolto nei corsi per il conseguimento del Diploma Universitario in Servizio Sociale, organizzati dall’Università degli Studi di Messina presso la sede distaccata di Locri, negli a.a. 2005/2006 – 2006/2007 e 2007/2008, con conseguente condanna della stessa Università al pagamento del dovuto con rivalutazione ed interessi.
Con il ricorso introduttivo del presente giudizio si chiede l’esecuzione della sentenza n. 152/2012, lamentandosi, da parte della ricorrente, che l’Università avrebbe pagato solo una parte del credito discendente dal citato titolo, non provvedendo al rimborso per le spese delle trasferte che parte ricorrente aveva dovuto sostenere in tutti e quattro gli anni d’insegnamento; inoltre, come affermato da ultimo con memoria depositata l’11 gennaio 2018, l’Università avrebbe errato nel non conteggiare quanto dovuto per l’anno accademico 2008/2009 (peraltro non compreso nella sentenza) e nell’operare sugli emolumenti corrisposti alla ricorrente una trattenuta per Irap che non doveva gravare sulla retribuzione, soggetta esclusivamente alle trattenute per oneri tributari e previdenziali.
La difesa dell’Università ha opposto che la ricorrente sarebbe stata tacitata di ogni sua spettanza, che nessuna somma relativa all’anno accademico 2008/2009 sarebbe riportata nella sentenza e che i rimborsi spese non sarebbero dovuti, perché non contemplati in sentenza e nemmeno quantificati.
Chiamato il ricorso alla camera di consiglio del 24 maggio 2017, parte ricorrente ha dichiarato che la segreteria del Tribunale, di seguito a istanza di rilascio copia in forma esecutiva per la conseguenziale notifica all’amministrazione, non aveva provveduto per mancanza di espresso condannatorio.
A seguito di avviso, ai sensi dell’art.73, comma 3, del c.p.a., su una possibile causa di inammissibilità del ricorso, parte ricorrente ha chiesto termine per poter integrare la documentazione .
L’11 gennaio 2018 parte ricorrente ha prodotto la sentenza della quale si chiede l’esecuzione notificata all’Avv.ra Stato, certificato di passaggio in giudicato, copia del ricorso notificato nel procedimento numero 1298 /2010, certificazione della cancelleria del 17 luglio 2017 di diniego di rilascio della copia esecutiva; nonché una memoria difensiva, insistendo nelle richieste di cui all’atto introduttivo del presente giudizio.
Nella camera di consiglio del 7 febbraio 2018, esaurita la trattazione orale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
A seguito del deposito documentale dell’11 gennaio 2018 il Collegio ha potuto prendere visione del ricorso introduttivo del giudizio definito con la sentenza della quale oggi si chiede l’esecuzione.
Dall’esame congiunto di tale ricorso e della sentenza si evince che quest’ultima ha riconosciuto l’obbligo dell’Università di Messina di corrispondere gli emolumenti dovuti a parte ricorrente per l’incarico di cui in premessa, disattendendo la tesi espressa, sia nel precedente carteggio tra il docente e l’Università, sia nel corso del giudizio, secondo la quale l’Università degli Studi non sarebbe stato soggetto passivo di tale obbligo, dovendosi individuare il debitore nel Consorzio universitario della Locride.
Sostanzialmente, e contrariamente alla tesi oggi espressa da parte ricorrente, con tale sentenza questo Tribunale si è limitato ad individuare il soggetto passivo dell’obbligazione, senza in alcun modo pronunciarsi sull’importo delle somme eventualmente dovute, sul titolo delle stesse (spese, onorari e quant’altro), sulla regolamentazione fiscale e contributiva, nonostante la circostanziata richiesta contenuta nel ricorso introduttivo del giudizio.
La evidente ragione di tale pronuncia parziale, circoscritta all’individuazione del soggetto pubblico debitore delle somme dovute in relazione agli incarichi di insegnamento espletati da parte ricorrente, senza alcuna indicazione sul quantum, risiede evidentemente nel noto divieto di cui all’articolo 34, comma 2, primo periodo, c.p.a. (a tenore del quale, in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati).
Conseguentemente, l’attività dovuta dell’Amministrazione, in esecuzione della sentenza, consisteva nel provvedere al pagamento in luogo del Consorzio ed è ciò che risulta aver fatto con i provvedimenti prodotti in giudizio dalla Difesa Erariale.
Ora, il presente ricorso è stato introitato con il [#OMISSIS#] speciale ex art. 114 c.p.a..
Questa Sezione III si è recentemente occupata della procedura applicabile al caso di effettiva elusione del giudicato ovvero all’ipotesi di un autonomo (possibile) nuovo atto amministrativo, con sentenza numero 2790/2017 del 4/12/2017, con la quale è stato, tra l’altro, affermato, mediante il richiamo a Consiglio di Stato, ad. plen., 15/01/2013, n. 2, che:
<<in via generale può ammettersi che, al fine di consentire l’unitarietà di trattazione di tutte le censure svolte dall’interessato a fronte della riedizione del potere, conseguente ad un giudicato, le doglianze relative vengano dedotte davanti al giudice dell’ottemperanza, sia in quanto questi è il giudice naturale dell’esecuzione della sentenza, sia in quanto egli è il giudice competente per l’esame della forma di più grave patologia dell’atto, quale è la nullità.
<<Naturalmente questi in presenza di una tale opzione processuale è chiamato in primo luogo a qualificare le domande prospettate, distinguendo quelle attinenti propriamente all’ottemperanza da quelle che invece hanno a che fare con il prosieguo dell’azione amministrativa che non impinge nel giudicato, traendone le necessarie conseguenze quanto al [#OMISSIS#] ed ai poteri decisori.
<<Nel caso in cui il giudice dell’ottemperanza ritenga che il nuovo provvedimento emanato dall’amministrazione costituisca violazione ovvero elusione del giudicato, dichiarandone così la nullità, a tale dichiarazione non potrà che seguire la improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse della seconda domanda.
<<Viceversa, in caso di rigetto della domanda di nullità il giudice disporrà la conversione dell’azione per la riassunzione del giudizio innanzi al giudice competente per la cognizione.
<<Ciò appare consentito dall’art. 32, co. 2, primo periodo, cpa, in base al quale “il giudice qualifica l’azione proposta in base ai suoi elementi sostanziali”, e la conversione dell’azione è ben possibile – ai sensi del secondo periodo del medesimo comma – “sussistendone i presupposti”.
<<Ciò peraltro presuppone che tale azione sia proposta non già entro il termine proprio dell’actio iudicati (dieci anni, ex art. 114, co. 1, cui rinvia l’art. 31, co. 4, cpa), bensì entro il termine di decadenza previsto dall’art. 41 cpa: il rispetto del termine decadenziale per la corretta instaurazione del contraddittorio è reso necessario, oltre che dalla disciplina del giudizio impugnatorio, anche dall’espresso richiamo alla necessità di sussistenza dei “presupposti” (tra i quali occorre certamente comprendere il rispetto del termine decadenziale), effettuato dall’art. 32, co. 2, cpa.
<<Giova osservare, infine, che la conversione dell’azione può essere disposta dal giudice dell’ottemperanza e non viceversa, perché solo questo giudice, per effetto degli articoli 21 septies l. 7 agosto 1990, n. 241 e 114, co. 4, lett. b), cpa, è competente, in relazione ai provvedimenti emanati dall’amministrazione per l’adeguamento dell’attività amministrativa a seguito di sentenza passata in giudicato, per l’accertamento della nullità di detti atti per violazione o elusione del giudicato, e dunque – come si è già evidenziato – della più grave delle patologie delle quali gli atti suddetti possono essere affetti>>.
Nel caso in questione la doglianza di parte ricorrente, secondo la quale la mancata integrale soddisfazione della propria pretesa sia imputabile ad una non corretta applicazione del decisum giurisdizionale, appare infondata, avuto riguardo alle considerazioni dinanzi espresse (la sentenza della quale si chiede l’esecuzione non ha esaminato i profili relativi al quantum della pretesa, limitandosi ad individuare il soggetto passivo dell’obbligazione scaturita dall’incarico svolto dal ricorrente) .
Si verte quindi in tema di riesercizio del potere da scrutinare nella ordinaria sede di cognizione.
Come affermato dalla richiamata decisione n. 2790/2017 del 4/12/2017 di questa Sez.III, allorquando l’attività dell’Amministrazione, sebbene orientata all’ottemperanza del giudicato, non appaia satisfattiva delle aspettative della parte ricorrente, quest’ultima deve dolersi non già della mancata esecuzione, ma della modalità con cui la stessa è avvenuta; questione, questa, che va affrontata nel corretto processo ordinario e non in quello per l’esecuzione.
Invero, tornando al caso in questione, nel processo ordinario parte ricorrente potrà, attraverso il necessario apporto probatorio, dimostrare se i pagamenti disposti dall’Amministrazione siano stati o meno corretti e quali voci eventualmente ricomprese nella convenzione (peraltro non prodotta nel presente giudizio) siano state omesse, tutte questioni non affrontate nel precedente giudizio.
Consegue il rigetto del ricorso nella parte in cui si chiede l’esecuzione del giudicato.
Sussistendone i presupposti (in ordine alla tempestività del ricorso, risulta assorbente la considerazione secondo la quale non vi è prova nel fascicolo d’ufficio di una integrale conoscenza dei decreti con i quali è stato disposto il pagamento a parte ricorrente anteriormente alla proposizione del ricorso per ottemperanza, e tanto esime dal dilungarsi sulla consistenza della posizione giuridica fatta valere –diritto/interesse legittimo-, con quanto ne consegue circa la proponibilità dell’azione entro, rispettivamente, termini di prescrizione ovvero di decadenza), può essere disposta la conversione del ricorso con reiscrizione dello stesso sul ruolo ordinario.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza), non definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, respinge la domanda di esecuzione del giudicato; dispone la reiscrizione del ricorso in epigrafe sul ruolo ordinario.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 7 febbraio 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] Stella [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] Leggio, Consigliere 
Pubblicato il 23/02/2018