Affinchè sia configurabile il vizio di violazione e/o elusione del giudicato, è necessario che l’amministrazione eserciti nuovamente la medesima potestà pubblica in contrasto con il puntuale contenuto precettivo del giudicato amministrativo, oppure cerchi di realizzare il medesimo risultato con un’azione connotata da un manifesto sviamento di potere.
TAR Sicilia, Palermo, Sez. II, 14 giugno 2017, n. 1600
Procedura di reclutamento Ricercatore-Commissione esaminatrice-Rivalutazione titoli-Giudizio di ottemperanza
N. 01600/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00374/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 374 del 2017, proposto da [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Artenisio, rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] Conti, presso il cui studio, sito in Palermo, via [#OMISSIS#] Gargallo, n. 12, è elettivamente domiciliato;
contro
l’Università degli Studi di Palermo, in persona del Rettore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui Uffici, siti in Palermo, via A. De Gasperi, n. 81, è elettivamente domiciliata;
per l’ottemperanza:
alla sentenza del T.a.r. di Palermo, sez. II, 11/6/2014, n. 1476
e per la dichiarazione di nullità e/o per l’annullamento del decreto rettorale n. 4526/2006 del 6/12/2016;
Visti il ricorso, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Palermo, con i relativi allegati;
Vista la memoria difensiva depositata in giudizio dal ricorrente;
Visti gli atti tutti del giudizio;
Visti gli artt. 112 ss. c.p.a.;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2017 il Cons., dott.ssa [#OMISSIS#] Cabrini;
Uditi i difensori delle parti, come da verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con atto ritualmente notificato e depositato, parte ricorrente ha proposto ricorso per ottenere l’esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza di epigrafe indicata con la quale è stato annullato il decreto rettorale n. 387/2012 di approvazione degli atti della procedura di valutazione comparativa per la copertura di un posto di ricercatore universitario per la Facoltà di Giurisprudenza (settore disciplinare IUS 04 – Diritto Commerciale).
Espone il ricorrente che la sentenza n. 1476/2014 ha annullato in parte qua il decreto rettorale n. 387/2012 e il “giudizio che con esso è stato recepito e approvato”, disponendone la rinnovazione ad opera di Commissione giudicatrice in diversa composizione.
Afferma che il giudizio di cui trattasi, stante la intervenuta rinuncia della vincitrice e quindi l’impossibilità di procedere ad una comparazione, ha ad oggetto “l’idoneità del ricorrente a ricoprire il posto per il quale il concorso è stato bandito”.
Il ricorrente lamenta che la Commissione ha omesso di valutare l’attività scientifica svolta presso istituzioni universitarie, i premi riconosciuti, ha omesso di valutare nel merito le pubblicazioni, non prendendo in considerazione la congruenza al settore disciplinare o la collocazione scientifica e non ha omesso di fare menzione della discussione orale.
Afferma quindi che il giudizio della Commissione elude il giudicato in quanto non si esprime sull’idoneità del ricorrente a ricoprire il posto di ricercatore e non esamina i titoli complessivi del ricorrente, limitandosi a negarne la preminenza in quanto la produzione scientifica è stata giudicata “non significativamente intensa né continuativa”.
Il ricorrente impugna altresì espressamente il decreto rettorale n. 4526/2006 del 6/12/2016 lamentando:
1) violazione della normativa in tema di reclutamento dei ricercatori universitari: art. 12 d.p.r. n. 487/1994 e art. 4 d.p.r. n. 117/2000 – violazione del bando di concorso – violazione del principio di buon andamento e di trasparenza dell’azione amministrativa – eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento – eccesso di potere sotto il profilo del difetto di criteri di valutazione prestabiliti – mancanza di pubblicità degli stessi – difetto di motivazione – eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà con precedenti provvedimenti – manifesta illogicità del giudizio – travisamento dei fatti, atteso che la Commissione avrebbe dovuto stabilire i criteri e le modalità di valutazione dei titoli e darne adeguata pubblicità.
Con riferimento al criterio della densità di produzione scientifica preso in considerazione dalla Commissione per dichiarare la non preminenza del ricorrente, si osserva che il Tar aveva stabilito di utilizzare il periodo successivo al conseguimento del titolo di dottore di ricerca, la Commissione, invece, prospetta un ventaglio di possibilità, così disattendendo la sentenza.
Nel periodo successivo al dottorato il ricorrente ha una produzione scientifica molto alta (una monografia e due saggi sulle primarie riviste scientifiche) e quindi non si comprende il giudizio negativo della Commissione;
2) violazione dell’art. 4, c. 12, d.p.r. n. 117/2000 – violazione degli artt. 1, 2, e 3 d.m. n. 89/2009 – violazione e falsa applicazione del bando di concorso – eccesso di potere sotto il profilo del difetto di motivazione e dello sviamento – erronea valutazione dei presupposti, atteso che la Commissione non ha valutato i titoli, le pubblicazioni, le idoneità conseguite, lo svolgimento dell’attività di ricerca presso soggetti pubblici, l’organizzazione di gruppi di ricerca e il conseguimento di premi per l’attività di ricerca.
La Commissione si è limitata ad affermare che il ricorrente è in possesso di titoli preferenziali e ha espresso un giudizio solo sulle pubblicazioni.
Peraltro non vi è traccia dei giudizi individuali espressi dai singoli componenti;
3) eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento – violazione dei principi dei pubblici concorsi e di rinnovazione dei giudizi – manifesta illogicità del giudizio –travisamento dei fatti, atteso che il giudizio della precedente commissione, nonostante fosse viziato per difetto, era stato comunque un giudizio di sufficienza e quindi la nuova Commissione non avrebbe potuto peggiorarlo;
4) illegittimità della decadenza della prima Commissione esaminatrice nominata con decreto 2159 del 22/6/2015 e dichiarata decaduta con decreto n. 67 del 12/6/2016, atteso che il decorso del termine di sei mesi per la conclusione dei lavori non poteva dirsi avvenuto in quanto l’Università ha trasmesso la sentenza del T.a.r. a detta Commissione solo tre mesi dopo il suo insediamento.
Conclude quindi per l’accoglimento del ricorso.
Si è costituita in giudizio l’Università depositando atto di costituzione formale e documenti.
Il ricorrente ha quindi depositato memoria difensiva insistendo per l’accoglimento del ricorso.
Alla camera di consiglio del giorno 7/6/2017, uditi i difensori delle parti presenti, come da verbale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso è infondato.
Invero, quanto alla prospettata violazione o elusione del giudicato osserva il Collegio quanto segue.
Affinché sia configurabile il vizio di violazione e/o elusione del giudicato, è necessario che l’Amministrazione eserciti nuovamente la medesima potestà pubblica in contrasto con il puntuale contenuto precettivo del giudicato amministrativo, oppure cerchi di realizzare il medesimo risultato con un’azione connotata da un manifesto sviamento di potere.
Orbene, nel caso di specie il contenuto precettivo del giudicato consiste nel ritenere che il giudizio finale sintetico espresso dalla Commissione nei confronti del ricorrente sia affetto da difetto di motivazione in ragione:
1) della «omessa valutazione dell’attività didattica svolta dal ricorrente per un periodo di tre anni in qualità di “Docente a contratto” di “Diritto commerciale” presso l’Università Kore di Enna … nonostante gli artt.8 del Bando e 2, comma 1, del DM n.89/2009 prevedessero chiaramente che l’ “attività didattica a livello universitario in Italia o all’estero”, anche se svolta dal docente in base a semplice contratto (dunque in qualità di “contrattista”) costituisce “titolo preferenziale”» (primo motivo di ricorso);
2) della omessa valutazione dell’attività svolta quale assegnista di ricerca, ai sensi dell’art. 51, c. 6, l. n. 449/1997, rispettivamente dall’1/4/2003 al 31/3/2005 e dal 26/9/2009 al 28/6/2011, nonostante l’art. 8 del Bando prevedesse che l’attività svolta quale assegnista di ricerca costituisce titolo preferenziale (secondo motivo di ricorso);
3) della erronea considerazione che l’attività di ricerca si sia svolta in un arco di circa quindici anni, essendo invece incontroverso che «il periodo da prendere in considerazione ai fini della valutazione della carriera scientifica era (ed è) quello successivo al conseguimento del titolo di “Dottore di ricerca” (o, tutt’al più, all’inizio del corso di dottorato) … e ciò in quanto la densità della produzione scientifica muta in relazione alla maggior o minor lunghezza del periodo preso in considerazione» (terzo motivo di ricorso).
Ritiene, pertanto, il Collegio che contrariamente a quanto prospettato in ricorso, la Commissione non fosse assolutamente tenuta a valutare l’attività scientifica svolta presso le istituzioni universitarie, i premi riconosciuti e neppure a valutare nel merito le singole pubblicazioni, prendendo in considerazione la congruenza al settore disciplinare o la collocazione scientifica, ma fosse solo tenuta a valutare i tre profili indicati in sentenza (attività didattica presso l’Università Kore, attività di assegnista di ricerca, densità della produzione scientifica).
A tanto la Commissione ha provveduto in sede di rinnovazione del giudizio atteso che:
– quanto alla omessa valutazione dell’attività didattica svolta dal ricorrente per un periodo di tre anni in qualità di “Docente a contratto” di “Diritto commerciale” presso l’Università Kore di Enna e dell’attività svolta quale assegnista di ricerca, ai sensi dell’art. 51, c. 6, l. n. 449/1997, rispettivamente dall’1/4/2003 al 31/3/2005 e dal 26/9/2009 al 28/6/2011, la Commissione ha giustamente affermato che «ai sensi dell’art. 2, c. 3, d.m. n. 89/2009, la valutazione in termini di “significatività” va effettuata relativamente ai titoli di cui al c. 1 dello stesso art. 2, non invece ai titoli preferenziali, di cui al c. 2 del predetto art. 2, d.m. n. 89/2009, fra i quali figurano le attività svolte in qualità di assegnisti e contrattisti», quali sono l’attività didattica e quella di assegnista svolte dal ricorrente. La Commissione ha quindi valutato detti titoli come “preferenziali” ai sensi dell’art. 2, c. 2, d.m. n. 89/2009;
– quanto all’erronea considerazione dell’arco temporale in cui si è svolta l’attività di ricerca del ricorrente al fine della valutazione della densità della produzione scientifica, la Commissione ha preso in considerazione tre diverse opzioni (valutare solo il periodo successivo al conseguimento del titolo di dottore di ricerca, fino alla scadenza del termine per la presentazione della domanda di concorso – gennaio 2006-21/11/2010; valutare solo il periodo successivo, all’inizio del corso di dottorato di ricerca, fino alla scadenza del termine per la presentazione della domanda di concorso – giugno 2001-21/11/2010, ovvero valutare tutta l’attività scientifica del ricorrente a decorrere dal conseguimento della laurea) e le ha ritenute tutte plausibili. In tutti e tre i casi è pervenuta al medesimo giudizio valutando la produzione come “non significativamente intensa né continuativa”.
Il giudizio finale reso dalla Commissione è il seguente:
«il candidato non può essere in posizione di preminenza, in quanto, pur dotato di titoli preferenziali – e specificatamente il dottorato di ricerca ed attività svolte in qualità di assegnista di ricerca e contrattista ai sensi dell’art. 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 – presenta una produzione scientifica, quale sia il periodo più o meno ampio con riferimento al quale la stessa venga valutata (gennaio 2006-21.11.2010; oppure giugno 2001-21.11.2010; oppure ottobre 1997-21.11.2010), non significativamente intensa né continuativa».
Detto giudizio, contrariamente a quanto prospettato in ricorso non elude il giudicato, ma dà ad esso concreta attuazione in quanto, muovendosi nel limitato solco dei criteri fissati dalla sentenza n. 1476/2014, esprime un giudizio di “non preminenza”, che, ad avviso del Collegio, equivale ad un giudizio di “non idoneità” del ricorrente a ricoprire il posto di ricercatore.
Del tutto irrilevante, ad avviso del Collegio, è il fatto che la Commissione abbia valutato anche la densità della produzione scientifica del ricorrente a decorrere dalla laurea (ottobre 1997), atteso che anche omettendo detto criterio (per come statuito in sentenza), non muta il giudizio di “non significatività” della produzione scientifica nei restanti due periodi, legittimamente valutabili.
In conclusione, ad avviso del Collegio va rigettata la domanda del ricorrente volta ad ottenere l’ottemperanza della sentenza n. 1476/2014 in quanto il giudizio reso dalla Commissione giudicatrice nel verbale del 28/11/2016 e recepito nel d.r. n. 4526/2006 del 6/12/2016, costituisce esatta esecuzione del contenuto precettivo della citata sentenza, che imponeva unicamente di motivare l’omessa valutazione di due titoli (di preferenza) e di considerare la densità della produzione scientifica nell’arco temporale indicato.
E’ possibile quindi passare all’esame della domanda di annullamento per vizi di legittimità contestualmente proposta dal ricorrente.
Orbene, ritiene il Collegio che essa sia infondata, fermo restando che anche in tal caso il vaglio di legittimità incontra il limite del giudicato, non potendosi proporre ora vizi che avrebbero dovuto essere dedotti nell’originario giudizio di merito.
Con il primo motivo di ricorso (violazione della normativa in tema di reclutamento dei ricercatori universitari: art. 12 d.p.r. n. 487/1994 e art. 4 d.p.r. n. 117/2000 – violazione del bando di concorso – violazione del principio di buon andamento e di trasparenza dell’azione amministrativa – eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento – eccesso di potere sotto il profilo del difetto di criteri di valutazione prestabiliti – mancanza di pubblicità degli stessi – difetto di motivazione – eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà con precedenti provvedimenti – manifesta illogicità del giudizio – travisamento dei fatti), si lamenta che la Commissione avrebbe dovuto stabilire i criteri e le modalità di valutazione dei titoli e darne adeguata pubblicità e non considerare la densità della produzione scientifica successiva al conseguimento del diploma di laurea.
Osserva, in contrario, il Collegio che la stessa sentenza n. 1476/2014 dà atto del fatto che tale vizio avrebbe dovuto essere proposto avverso il bando e gli atti dell’originaria procedura, in parte qua non sindacati (né dal ricorrente, né da altri candidati alla procedura di cui trattasi), di talché risulta ora precluso, posto che la rinnovazione del procedimento doveva avvenire (come è avvenuta) solo con riferimento alla motivazione del giudizio complessivo reso nei confronti del ricorrente.
Quanto alla questione del criterio della densità di produzione scientifica, si rinvia alla prima parte della motivazione relativa al giudizio di ottemperanza vero e proprio.
Con il secondo motivo di ricorso (violazione dell’art. 4, c. 12, d.p.r. n. 117/2000 – violazione degli artt. 1, 2, e 3 d.m. n. 89/2009 – violazione e falsa applicazione del bando di concorso – eccesso di potere sotto il profilo del difetto di motivazione e dello sviamento – erronea valutazione dei presupposti), si lamenta che la Commissione non ha valutato i titoli, le pubblicazioni, le idoneità conseguite, lo svolgimento dell’attività di ricerca presso soggetti pubblici, l’organizzazione di gruppi di ricerca e il conseguimento di premi per l’attività di ricerca, né vi è traccia dei giudizi individuali espressi dai singoli componenti.
Osserva al riguardo il Collegio che, per come statuito in sentenza, la Commissione era chiamata solo a rimotivare il giudizio complessivo della posizione del ricorrente alla luce dei criteri indicati in sentenza, che sono stati effettivamente applicati.
Con il terzo motivo di ricorso (eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento – violazione dei principi dei pubblici concorsi e di rinnovazione dei giudizi – manifesta illogicità del giudizio –travisamento dei fatti), si sostiene che la nuova Commissione non avrebbe potuto peggiorare il giudizio complessivo.
Sul punto deve rilevarsi che il giudizio complessivo formulato dalla Commissione, non appare certo peggiorativo, in quanto, oltre a dar espressamente conto dei titoli preferenziali, valuta la produzione scientifica del ricorrente “non significativamente intensa né continuativa” a fronte del primo giudizio che aveva qualificato detta produzione come “poco consistente”.
Il quarto motivo di ricorso (illegittimità della decadenza della prima Commissione esaminatrice atteso che il decorso del termine di sei mesi per la conclusione dei lavori non poteva dirsi avvenuto in quanto l’Università ha trasmesso la sentenza del T.a.r. a detta Commissione solo tre mesi dopo il suo insediamento) è palesemente infondato, atteso che rientrava nei poteri della Commissione procedere d’ufficio all’acquisizione della sentenza n. 1476/2014 per poter rinnovare tempestivamente il giudizio complessivo da rendersi nei confronti del ricorrente.
In conclusione il ricorso, in quanto infondato, va rigettato.
Attesa la parziale novità delle questioni trattate, le spese del giudizio possono compensarsi tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2017 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Di [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] Cabrini, Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] La Greca, Consigliere
Pubblicato il 14/06/2017