TAR Toscana, Firenze, Sez. I, 22 gennaio  2014, n. 142

Procedura di reclutamento Ricercatore-Commissione esaminatrice-Giudizio pubblicazioni

Data Documento: 2014-01-22
Area: Giurisprudenza
Massima

Alla stregua dei criteri valutativi enunciati dal d.m. 27 luglio 2009, il giudizio sulle pubblicazioni non si esaurisce nella valutazione di congruenza, ma investe altresì l’originalità, l’innovatività e l’importanza di ciascuna pubblicazione scientifica, nonchè la rilevanza della collocazione editoriale di ciascuna pubblicazione e la sua diffusione all’interno della comunità scientifica, unitamente alla consistenza complessiva della produzione scientifica del candidato, all’intensità e alla continuità temporale della stessa.

Contenuto sentenza

N. 00142/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00425/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 425 del 2012, proposto dal dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Firenze, via dei Rondinelli 2; 
contro
Università degli Studi di Pisa, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la cui sede è domiciliata in Firenze, via degli Arazzieri 4; 
nei confronti di
[#OMISSIS#] Peta, [#OMISSIS#] D’Arcangeli; 
per l’annullamento
del decreto 29.12.2011 con il quale il Rettore dell’Università di Pisa ha approvato gli atti della commissione giudicatrice per la valutazione comparativa per la copertura di n. 1 posto di ricercatore universitario per il settore scientifico disciplinare IUS/04 “Diritto Commerciale” dichiarando vincitore nessun candidato, e di ogni atto comunque connesso, presupposto o consequenziale, ivi compresi i verbali tutti delle riunioni della commissione giudicatrice.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Pisa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2013 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato il 27 febbraio e depositato il 20 marzo 2012, il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], premesso di aver partecipato alla procedura comparativa indetta dall’Università degli Studi di Pisa per la copertura di un posto di ricercatore universitario nel settore scientifico-disciplinare SSD-IUS/04 (diritto commerciale) presso la Facoltà di giurisprudenza, proponeva impugnazione avverso il decreto rettorale del 29 dicembre 2011, recante l’approvazione degli atti della procedura e la dichiarazione dell’assenza di vincitori. Il ricorrente, intimati dinanzi a questo tribunale l’Università di Pisa e i dottori [#OMISSIS#] Peta e [#OMISSIS#] D’Arcangeli, che avevano preso parte con lui alla procedura, sulla scorta di un unico motivo in diritto concludeva per l’annullamento dell’atto impugnato. 
Costituitosi in giudizio il solo ateneo pisano, che resisteva al gravame, la causa veniva discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 4 dicembre 2013, preceduta dal deposito di documenti, memorie difensive e repliche. 
DIRITTO
La controversia ha per oggetto la procedura comparativa per la copertura di un posto di ricercatore presso la Facoltà di giurisprudenza dell’Università degli Studi di Pisa, nel settore disciplinare IUS/04 – Diritto commerciale, conclusasi con la constatazione da parte della commissione esaminatrice dell’impossibilità di individuare un vincitore e con l’approvazione dei relativi atti ad opera dell’impugnato decreto rettorale del 29 dicembre 2011. 
Con l’unico, articolato motivo di gravame, il ricorrente dott. [#OMISSIS#] formula in primo luogo una serie di considerazioni metagiuridiche intorno ai meccanismi che sarebbero sottesi allo svolgimento dei concorsi universitari in Italia, e in virtù dei quali la commissione esaminatrice, non avendo argomenti per far prevalere il dott. Peta, candidato “interno” all’Università di Pisa e allievo di uno dei membri della commissione, ma neppure intendendo far occupare il posto da un “esterno”, benché dimostratosi oggettivamente superiore, avrebbe indirizzato il concorso verso un nulla di fatto confidando che, nelle more di una futura riedizione della procedura, i candidati “interni” avrebbero potuto arricchire il proprio curriculum e, allo stesso tempo, gli “esterni” venire dissuasi dall’effettuare nuovi tentativi fuori dalla propria sede universitaria “di elezione”. 
In diritto, il comportamento dell’amministrazione resistente è censurato dal dott. [#OMISSIS#] sotto i profili di seguito schematizzati: 
a) i giudizi individuali espressi dai tre commissari sul ricorrente sarebbero ottimi in termini assoluti e di gran lunga migliori di quelli ricevuti dagli altri candidati, ivi compreso quello del prof. Teti, pur contenente modesti rilievi critici, frutto, peraltro, di omissioni ed errori valutativi tali da inficiare l’intero procedimento; 
b) il giudizio collegiale sul dott. [#OMISSIS#] non rifletterebbe i giudizi individuali dei commissari laddove vi si afferma che la parte più significativa delle pubblicazioni del candidato “afferisce ad un settore disciplinare diverso da quello oggetto della procedura e appare più attenta ai profili di politica del diritto che non alla sistemazione del dato normativo”, rilievi assenti dai giudizi individuali, a comprova dell’eccesso di potere in cui la commissione sarebbe incorsa; 
c) la comparazione dei giudizi collegiali sui tre candidati avrebbe dovuto necessariamente condurre a individuare il vincitore nella persona del dott. [#OMISSIS#], titolare delle valutazioni migliori quanto a titoli e pubblicazioni, di talché risulterebbe inspiegabile la mancata formazione di una maggioranza in suo favore; 
d) gli unici rilievi negativi a carico del dott. [#OMISSIS#], quali emergenti dal giudizio collegiale, dipenderebbero dalla scorretta applicazione della normativa che individua i settori scientifico-disciplinari di riferimento, e, per altro verso, dalla malintesa sottovalutazione della politica del diritto – intesa quale metodologia di studio della materia – rispetto ad un approccio di tipo sistematico-normativo; 
e) dai verbali della procedura non risulterebbe in alcun modo quale percorso abbia seguito dalla commissione per giungere a constatare di non poter esprimere una maggioranza. 
Le censure, da esaminarsi congiuntamente, sono fondate. 
Dalla relazione finale sottoscritta dalla commissione esaminatrice, risulta che questa abbia articolato i propri lavori in quattro riunioni, fra il 3 novembre e il 17 dicembre 2011. Nel mentre descrive sinteticamente l’oggetto delle prime tre riunioni, la relazione medesima nulla riferisce relativamente alla quarta, della quale non vi è separato verbale, ma che – avuto riguardo alla scansione dei lavori come riferita per le prime tre sedute – deve presumersi sia stata dedicata alla discussione e successiva deliberazione. Non è da escludere che la commissione abbia inteso far coincidere la stesura della relazione finale, priva di data, con la verbalizzazione dei lavori della quarta seduta: depongono in questo senso gli incisi finali della relazione, ove si attesta che “sulla base dei giudizi collegiali, la Commissione ha proceduto alla valutazione comparativa dei candidati mediante discussione e successiva deliberazione. In esito alla discussione ed alla votazione, la Commissione ha constatato l’impossibilità di raggiungere una maggioranza nell’individuazione del vincitore”. 
Tale attestazione, quand’anche le si voglia riconoscere il valore di verbalizzazione, è comunque insufficiente a far comprendere quali modalità di voto siano state seguite dalla commissione e come sia stato quindi possibile pervenire ad un esito di non liquet che, sebbene non possa dirsi astrattamente inammissibile, cozza con i principi di economicità ed efficacia che debbono improntare l’azione amministrativa (art. 1 della legge n. 241/1990) a meno che non trovi una chiara e plausibile giustificazione nell’andamento dei lavori della commissione, nei giudizi individuali e collegiali espressi nei confronti dei candidati, e nell’impossibilità di formare la maggioranza richiesta dall’art. 4 co. 13 del D.P.R. n. 117/2000 a causa della irremovibilità delle posizioni espresse dai singoli commissari, ovvero per la convergenza delle opinioni maggioritarie verso un giudizio di immeritevolezza esteso all’intera platea dei concorrenti; ma tale impossibilità non può considerarsi acclarata se, dagli atti e dai verbali della commissione, non risulti quali modalità siano state seguite dai commissari per il voto, quali i tentativi fatti per verificare l’esistenza di una maggioranza favorevole almeno ad uno dei concorrenti e, in definitiva, quale sia stata l’espressione di voto dei singoli commissari. 
L’opacità della procedura seguita dalla commissione in sede di deliberazione conclusiva integra di per sé una consistente violazione del principio di trasparenza, aggravata dalla circostanza che il tenore dei giudizi individuali e collegiali espressi dai commissari non autorizza di per sé a concludere che nessuno dei concorrenti meritasse di venire dichiarato vincitore. 
Invero, i giudizi collegiali rivelano una evidente preminenza dell’odierno ricorrente con riferimento sia al dato obiettivo dei “molteplici titoli” e delle “numerose pubblicazioni” posseduti, a fronte del solo titolo di dottore di ricerca della candidata D’Arcangeli, ovvero dell’assenza di titoli preferenziali del candidato Peta, le pubblicazioni dei quali sono giudicate ancora mancanti del necessario approfondimento e di una appropriata collocazione editoriale; sia, soprattutto, al dato valutativo del riconoscimento in capo al dott. [#OMISSIS#] di “una sicura padronanza della materia trattata, attenzione ai profili comparatistici e capacità di elaborazione critica”, cui si contrappongono la “buona conoscenza degli argomenti trattati e buona capacità argomentativa” del dott. Peta, e le carenze argomentative della dott.ssa D’Arcangeli. 
Per gli aspetti evidenziati, il giudizio collegiale sul ricorrente è del resto conforme ai giudizi individuali, che appaiono estremamente lusinghieri (per il prof. Calandra Buonaura “il candidato… mostra una sicura padronanza della materia trattata, una puntuale attenzione ai profili comparatistica e una capacità di elaborazione critica che arricchisce la produzione scientifica del candidato di contenuti originali”; per il prof. Censoni le monografie del ricorrente presentano un’esposizione “sempre chiara e brillante, offrendo spunti di riflessione interessanti e rivelando comunque un’ottima conoscenza della dottrina giuridica formatasi sui temi trattati ed una significativa propensione alla ricerca”, così come i suoi articoli “rivelano senso critico e capacità di analisi, anche con riferimento ad altri ordinamento giuridici”), o comunque lusinghieri (per il prof. Teti “il candidato dimostra vastità di interessi, dimestichezza con l’ordinamento inglese, buona conoscenza delle tematiche trattate… “). 
Sulla base dei giudizi espressi, non può ragionevolmente dubitarsi del fatto che la superiorità del dott. [#OMISSIS#] rispetto agli altri due concorrenti sia stata riconosciuta dalla commissione; se questo, tuttavia, non è stato sufficiente per individuare nel ricorrente il vincitore della procedura comparativa, deve necessariamente concludersi che la commissione abbia giudicato il ricorrente inidoneo in assoluto a ricoprire il posto messo a concorso. Volendo allora indagare le ragioni a sostegno di una siffatta valutazione, non può che farsi ancora una volta riferimento ai giudizi ricevuti dal [#OMISSIS#], a partire dalla proposizione avversativa che chiude il giudizio collegiale per sottolineare che “la parte più significativa delle pubblicazioni attiene ad un diverso settore scientifico-disciplinare da quello che è oggetto della presente valutazione comparativa e appare più attenta a profili di politica del diritto che non alla sistematica del dato normativo”. 
Ora, la commissione non precisa a quale diverso settore scientifico-disciplinare dovrebbe appartenere la prevalente produzione scientifica del dott. [#OMISSIS#], ma può ragionevolmente presumersi che si tratti del al settore IUS/05 – Diritto dell’economia, la cui declaratoria, ai sensi dell’Allegato B al D.M. 4 ottobre 2000, comprende gli studi attinenti agli ordinamenti settoriali dell’attività bancaria, finanziaria ed assicurativa. Peraltro, il rilievo della incongruenza delle pubblicazioni presentate dal ricorrente rispetto al settore disciplinare oggetto della procedura non si rinviene nei giudizi individuali dei commissari, se non, in termini sfumati, in quello del prof. Censoni, il quale evidenzia comunque l’esistenza di una correlazione fra le tematiche trattate dal ricorrente e il settore per il quale è bandita la procedura; di talché riesce difficile comprendere per quale motivo il giudizio collegiale abbia tanto enfatizzato un aspetto che ai commissari individualmente non era parso particolarmente eclatante, per di più senza dare alcun peso a quella correlazione fra materie che pure viene fatta risaltare nell’unico giudizio individuale che si esprime sul tema della congruenza. 
Ne discende la violazione diretta dell’art. 3 del D.M. 27 luglio 2009, che, nel dettare i criteri per la valutazione delle pubblicazioni scientifiche dei candidati, estende espressamente la verifica di congruenza alle tematiche interdisciplinari correlate con il settore scientifico-disciplinare per il quale é bandita la procedura. 
Si aggiunga poi che, alla stregua dei criteri valutativi enunciati dal D.M. 27 luglio 2009, ed espressamente recepiti dalla commissione (si veda il verbale n. 1), il giudizio sulle pubblicazioni non si esaurisce nella valutazione di congruenza, ma investe altresì l’originalità, l’innovatività e l’importanza di ciascuna pubblicazione scientifica, nonché la rilevanza della collocazione editoriale di ciascuna pubblicazione e la sua diffusione all’interno della comunità scientifica, unitamente alla consistenza complessiva della produzione scientifica del candidato, all’intensità e alla continuità temporale della stessa. Ciò posto, la già rilevata impossibilità di stabilire come la commissione sia pervenuta alla deliberazione finale non permette di ricostruire con esattezza quale peso specifico abbia rivestito il giudizio di (in)congruenza della produzione scientifica del ricorrente rispetto alla scelta di non dichiarare alcun vincitore; ma è evidente che tale scelta non può considerarsi adeguatamente motivata, nella misura in cui il giudizio collegiale espresso sul dott. [#OMISSIS#] non dà conto delle ragioni della preponderanza assoluta attribuita al solo criterio della congruenza, oltretutto non correttamente applicato, come si è visto. E la conclusione vale a maggior ragione in una situazione che, vedendo un unico candidato potenzialmente idoneo a essere dichiarato vincitore, avrebbe dovuto suggerire il più accurato bilanciamento di tutti gli interessi in gioco, giacché, in ossequio ai richiamati principi di economicità ed efficacia, l’inutile svolgimento della procedura costituisce una extrema ratio bisognosa di pregnante giustificazione. 
Analoghe considerazioni valgono per l’inciso del giudizio collegiale che riguarda la maggiore attenzione riservata dal dott. [#OMISSIS#], secondo la commissione, ai profili di politica del diritto piuttosto che non alla sistemazione del dato normativo. Di nuovo, non è dato comprendere quale peso esso abbia avuto nella determinazione conclusiva della procedura, ma si tratta di un rilievo che fa la sua prima comparsa nel giudizio collegiale, apparendo forse appena adombrato nel giudizio individuale del prof. Teti (“i lavori presentati non sono particolarmente attenti ai profili sistematici del dato normativo”), e che di nuovo sembra assurgere a elemento decisivo in difetto di adeguata motivazione sul punto; motivazione che avrebbe dovuto essere particolarmente stringente, trattandosi di un apprezzamento che cade sul metodo di ricerca del candidato, più che sui contenuti della ricerca stessa (ed è ai contenuti che ha, invece, primario riguardo l’art. 3 del D.M. 27 luglio 2009, cit.). 
Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, ed assorbito ogni residuo profilo di gravame, il ricorso deve essere accolto ai fini dell’annullamento dell’impugnato decreto rettorale di approvazione degli atti della procedura e del rinnovo della deliberazione conclusiva della commissione, previa riformulazione del giudizio collegiale sul ricorrente dott. [#OMISSIS#], il tutto nel rispetto delle indicazioni impartite con la presente decisione. 
Le spese di lite seguono la soccombenza dell’Università di Pisa, e sono liquidate come in dispositivo. Nei rapporti fra il ricorrente e i dottori Peta e D’Arcangeli, sussistono giusti motivi di compensazione. 
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Condanna l’Università degli Studi di Pisa alla rifusione delle spese processuali sostenute dal ricorrente, che liquida in complessivi euro 2.500,00, oltre agli accessori di legge.
Spese compensate nei rapporti fra il ricorrente ed i controinteressati. 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2013 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] Bellucci, Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/01/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)