TAR Toscana, Firenze, Sez. I, 24 ottobre 2016, n. 1508

Nomina direttore scuola di specializzazione-Professore straordinario

Data Documento: 2016-10-24
Area: Giurisprudenza
Massima

Sussiste interesse a ricorrere anche qualora dall’annullamento del provvedimento di nomina del direttore della scuola di specializzazione non potrebbe scaturire direttamente la nomina del ricorrente nello stesso incarico, ma al più la rinnovazione del procedimento, e anche qualora, in tale ultimo caso, egli non avrebbe titolo a parteciparvi in considerazione del limite di età apposto dall’art. 2, comma 11, l. 30 dicembre 2010, n. 240. Il ricorrente, infatti, avrebbe un interesse strumentale al rinnovo della procedura di elezione e, comunque, un interesse morale all’annullamento dell’atto; interesse che, pacificamente, è ritenuto sufficiente a sorreggere l’impugnazione.

È destituita di fondamento l’eccezione secondo cui il ricorso avverso l’atto di nomina del direttore della scuola di specializzazione sarebbe inammissibile stante la mancata impugnazione di un articolo del regolamento universitario avente, nei suoi confronti, carattere prodromico. Ciò in considerazione del fatto che l’eventuale contrasto tra la normativa regolamentare e quella primaria che regola la materia comporrebbe il potere/dovere del giudicante di disapplicazione della prima che, pertanto, non necessita di espressa impugnazione.

Ai sensi dell’art. 1, comma 12, l. 4 novembre 2005, n. 230, è evidente che, per un verso, ai titolari dell’incarico temporaneo di professore straordinario compete lo status giuridico di professore ordinario con le connesse attribuzioni e, per altro verso, che le eccezioni a tali condizioni sono espressamente fissate dalla stessa norma nell’esclusione “dall’elettorato attivo e passivo per l’accesso alle cariche di preside di facoltà e di rettore”, ma non pure a quella di direttore di scuole di specializzazione.

Il procedimento di nomina a professore straordinario non ha natura comparativa, non essendo perciò necessario che siano assicurate le condizioni di parità tra una eventuale pluralità di aspiranti e dovendo, piuttosto, il procedimento mirare ad accertare, in capo alla controinteressata, il possesso “per merito assoluto” dei titoli di elevata qualificazione scientifica e professionale attraverso una valutazione che non è sindacabile dal giudice di legittimità se non per manifesti profili di illogicità, contraddittorietà e travisamento dei fatti. Da ciò l’irrilevanza della lamentata mancanza di predeterminazione dei criteri di valutazione, di verbalizzazione dei giudizi della commissione e dell’individuazione dei titoli oggetto di valutazione.

Non è sindacabile in sede di legittimità – se non in casi di assoluta incongruenza e macroscopica implausibilità – la congruità del tempo dedicato dalla commissione giudicatrice alla valutazione delle prove d’esame di candidati o, come nella specie, per la valutazione dei titoli.

L’art. 1, l. 4 novembre 2005, n. 230 non può ritenersi tacitamente abrogato dall’art. 8 l. 30 dicembre 2010, n. 240. L’abrogazione, infatti, non si presume, mentre grava sul legislatore l’onere di abrogazione espressa, potendo verificarsi un’abrogazione tacita solo per incompatibilità o per nuova regolamentazione della materia. L’abrogazione tacita di una norma ricorre dunque nel caso d’incompatibilità e/o contraddizione logico-formale assoluta tra essa e la nuova norma, con la conseguenza che dall’applicazione di questa necessariamente discende la disapplicazione o l’inosservanza dell’antica. Nel caso di specie, oltre a non esservi alcun elemento letterale a sostegno dell’abrogazione implicita del summenzionato art. 1, l. n. 230/2005, si rinvengono, viceversa, cospicue indicazioni in senso contrario, lasciando inalterata la complessità e varietà delle figure professionali riconducibili alla funzione di docenza in ambito universitario.

Contenuto sentenza

N. 01508/2016 REG.PROV.COLL.
N. 02020/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2020 del 2015, proposto da: 
[#OMISSIS#] Donadio, rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] Guardavaccaro C.F. GRDFNC40R05A562Q, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. in Firenze, via Ricasoli 40; 
contro
Università degli Studi di Pisa, in persona del Rettore p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] C.F. BRNSDR63A64G702L, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] C.F. RBNLNE66S70E715K, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. in Firenze, via Ricasoli 40; 
Azienda Ospedaliera-Universitaria Pisana, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] Fiaschi C.F. FSCCRL66C71M126P, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] C.F. PLLMRC71D61A944B, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. in Firenze, via Ricasoli 40; 
nei confronti di
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Egidi, rappresentata e difesa dall’avvocato Giovanni Montana C.F. MNTGNN64T21G702R, con domicilio eletto presso [#OMISSIS#] Bargellini in Firenze, piazza dell’Indipendenza 10; 
per l’annullamento
del decreto n. 1241 del 22.10.2015 prot. n. 0040034 con il quale il suddetto Rettore ha nominato la Dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Egidi Direttore della Scuola di specializzazione in Nefrologia presso l’Ateneo pisano e
per l’annullamento di tutti gli atti presupposti, conseguenti o comunque connessi, con specifico riferimento a:
1) documento del 4.08.2015;
2) convenzione stipulata fra l’Università di Pisa e la AOUP in attuazione dell’art. 1 c. 12 della L. n. 230/2005;
3) Decreto n. 368/2015;
4) Delibera del Consiglio di Amministrazione dell’Università di Pisa n. 130 del 19.03.2014;
5) Delibera n. 84 adottata dal Consiglio del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale in data 11.09.2014;
6) Nota prot. n. 9752/2015 del Direttore Generale della AOUP;
7) Verbale redatto dalla Commissione Esaminatrice in data 30.3.2015;
8) Deliberazione n. 82 dell’1.04.2015 adottata dal Consiglio di Amministrazione dell’Università di Pisa;
9) Deliberazione n. 59 del 18.03.2015 del Consiglio di Amministrazione dell’Università di Pisa;
10) Decreto Rettorale n. 381/2015 dell’1.04.2015 dell’Università di Pisa.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Università degli Studi di Pisa e di Azienda Ospedaliera-Universitaria Pisana e di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Egidi;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 settembre 2016 il dott. [#OMISSIS#] Massari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L’Azienda Ospedaliera-Universitaria di Pisa e l’Università degli Studi di Pisa in data 25 settembre 2014 stipulavano una convenzione finalizzata a “promuovere e coordinare programmi di ricerca e sviluppo di reciproco interesse mediante progetti esecutivi di volta in volta individuati dalle Parti …per la cui realizzazione è prevista l’istituzione di posti di professore straordinario a tempo determinato…”.
Tanto in forza dell’art. 1, co. 12, della legge n. 230/2005 secondo cui “Le università possono realizzare specifici programmi di ricerca sulla base di convenzioni con imprese o fondazioni, o con altri soggetti pubblici o privati, che prevedano anche l’istituzione temporanea, per periodi non superiori a sei anni, con oneri finanziari a carico dei medesimi soggetti, di posti di professore straordinario da coprire mediante conferimento di incarichi della durata massima di tre anni, rinnovabili sulla base di una nuova convenzione, a coloro che hanno conseguito l’idoneità per la fascia dei professori ordinari, ovvero a soggetti in possesso di elevata qualificazione scientifica e professionale…”.
Detta convenzione prevedeva la stipula di “accordi attuativi” per l’individuazione, tra l’altro, “del programma di ricerca e di didattica e degli obiettivi che si intendono perseguire; del soggetto anche dipendente dell’Azienda, cui attribuire, con conferimento diretto, l’incarico di professore straordinario a tempo determinato”.
Ne seguiva l’accordo per l’istituzione di un posto di professore straordinario per il SSD MED/14 “Nefrologia”- settore concorsuale 06102, “Endocrinologia, Nefrologia e Scienze dell’alimentazione e del benessere” con la finalità di sviluppo del progetto dal titolo “Determinazione e quantificazione delle complicanze metaboliche e post-uremiche nel paziente portatore di trapianto del rene“, assegnando la realizzazione del progetto e il titolo di Professore straordinario alla dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Egidi, dirigente medico dipendente dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria di Pisa.
Considerato che la predetta non era in possesso dell’idoneità scientifica conseguita attraverso concorso, il Rettore dell’Università di Pisa nominava una commissione per la verifica del possesso della “elevata qualificazione scientifica e professionale” prevista dall’art. 1 c. 12 della citata l. n. 230/2005.
La commissione cosi nominata, al termine del percorso valutativo, dichiarava la dott.sa Egidi idonea a ricoprire il posto di professore straordinario a tempo determinato e, pertanto, la medesima veniva inclusa nell’elenco dei titolari dell’elettorato attivo e passivo nell’organico dei docenti dell’Università.
Veniva successivamente in rilievo la necessità di provvedere alla nomina del Direttore della Scuola di specializzazione in Nefrologia, fino a quel momento diretta dal ricorrente.
All’esito delle procedure elettive veniva nominata la dott.sa Egidi con voti 17, mentre il prof. Donadio conseguiva 15 preferenze.
Conseguentemente la controinteressata veniva conferita la nomina di Direttore della Scuola di specializzazione.
Avverso tale atto insorgeva il prof. Donadio chiedendone l’annullamento, previa sospensione, e deducendo:
1. Violazione dell’art. 4 del decreto interministeriale 4 febbraio 2015, n. 68.
2. Violazione dell’art. 97, co. 4 della Costituzione.
3. Illegittimità della deliberazione del n. 84 dell’11 settembre 2014 del consiglio del Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale dell’Università di Pisa.
4. Violazione dell’art. 1, co. 12, della l. n. 230/2005.
5. Violazione dell’art. 8 della l. n. 240/2010.
Si costituivano in giudizio l’Università degli Studi di Pisa, l’Azienda Ospedaliera-Universitaria Pisana e la dott.sa Egidi formulando eccezioni di [#OMISSIS#] e instando per la reiezione del gravame.
Nella camera di consiglio del 13 gennaio 2016 il ricorrente rinunciava alla domanda incidentale di sospensione dell’atto impugnato.
Alla pubblica udienza del 21 settembre 2016, dopo il deposito di memorie e repliche, il ricorso veniva trattenuto per la decisione.
DIRITTO
1. Viene impugnato, unitamente agli atti presupposti in epigrafe precisati, il decreto n. 1241 del 22.10.2015 con il quale il Rettore dell’Università degli studi di Pisa ha nominato la dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Egidi Direttore della Scuola di specializzazione in Nefrologia presso il medesimo Ateneo.
2. Preliminarmente vanno esaminate le eccezioni, avanzate dalle controparti, di irricevibilità del ricorso, quanto all’impugnazione degli atti presupposti, e di consequenziale inammissibilità delle censure rivolte all’atto avversato in via principale.
2.1. Le eccezioni vanno disattese atteso che gli atti in questione, al momento della loro adozione, non rivestivano alcuna lesività per il ricorrente che non aveva, perciò, l’onere di impugnarli immediatamente.
2.3. Ad avviso della controinteressata il gravame sarebbe anche inammissibile per difetto di interesse in relazione all’impugnazione degli atti in epigrafe elencati dal n. 2 al n. 10. Inoltre, secondo la difesa dell’Università, il prof. Donadio non avrebbe interesse a contestare la nomina della dott.sa Egidi, sia perché dall’annullamento del provvedimento non potrebbe scaturire direttamente la sua nomina nello stesso incarico, ma al più la rinnovazione del procedimento, sia perché, in tale ultimo caso, il ricorrente non avrebbe titolo a parteciparvi in considerazione del limite di età apposto dall’art. 2, co. 11, della l. n. 240/2010.
2.4. Quanto alla prima delle eccezioni, la tesi è manifestamente infondata tenuto conto dell’interesse strumentale del ricorrente che, attraverso la dedotta illegittimità di detti atti, intende dimostrare ed avvalorare la domanda proposta in principalità e cioè quella volta a conseguire la caducazione del decreto di nomina della dott.sa Egidi a direttore della Scuola di specializzazione a quelli legato da vincoli di presupposizione.
Quanto alla seconda giacché il ricorrente avrebbe un interesse strumentale al rinnovo della procedura di elezione e, comunque, un interesse morale all’annullamento dell’atto, interesse che, pacificamente, è ritenuto sufficiente a sorreggere l’impugnazione (per tutte si veda, Cons. Stato, sez. VI, 21 marzo 2016 n. 1156).
2.4. Il ricorso sarebbe, infine, inammissibile, per l’omessa impugnazione dell’art. 4 del Regolamento dell’Università di Pisa in materia di Scuole di specializzazione e di nomina dei componenti del Consiglio e del Direttore, che consente la nomina anche dei professori straordinari.
Anche tale eccezione è destituita di fondamento atteso che l’eventuale contrasto tra la normativa regolamentare e quella primaria che regola la materia comportebbe il potere/dovere del giudicante di disapplicazione della prima che, pertanto, non necessita di espressa impugnazione (Cons. Stato, sez. V, 28 settembre 2016 n. 4009; id., sez. IV, 8 febbraio 2016 n. 475).
3. Nel merito il ricorso è tuttavia infondato.
Con il primo motivo il ricorrente contesta la possibilità per i professori straordinari di essere parte del corpo docente delle scuole di specializzazione e, conseguentemente, l’attribuzione alla controinteressata dell’elettorato passivo per l’elezione a Direttore della Scuola di specializzazione di nefrologia.
3.1. La tesi non può essere condivisa.
In realtà, il secondo periodo del comma 12 dell’art. 1 della citata l. n. 230/2005 stabilisce, con riferimento ai professori straordinari, che “Ai titolari degli incarichi è riconosciuto, per il periodo di durata del rapporto, il trattamento giuridico ed economico dei professori ordinari …I soggetti non possessori dell’idoneità nazionale non possono partecipare al processo di formazione delle commissioni di cui al comma 5, lettera a), numero 3), né farne parte, e sono esclusi dall’elettorato attivo e passivo per l’accesso alle cariche di preside di facoltà e di rettore”.
E’ dunque evidente che, per un verso, ai titolari dell’incarico temporaneo di professore straordinario compete lo status giuridico di professore ordinario con le connesse attribuzioni, per altro verso che le eccezioni a tali condizioni sono espressamente fissate dalla stessa norma nell’esclusione “dall’elettorato attivo e passivo per l’accesso alle cariche di preside di facoltà e di rettore”, ma non pure a quella di direttore di scuole di specializzazione.
Del resto il decreto interministeriale n. 68/2015 non abroga il DPR n. 162/1982 (riordino delle scuole dirette a fini speciali, delle scuole di specializzazione e dei corsi di perfezionamento) che all’art. 14, con specifico riferimento al Consiglio della scuola, prevede che per la Scuola sia “costituito un unico consiglio presieduto da un direttore” e, ai sensi del successivo comma 2, detto Consiglio sia composto dai professori di ruolo e dai professori a contratto previsti dal precedente art. 4.
4. Il ricorrente lamenta la pretesa violazione dell’art. 97, co. 4°, Cost. in materia di accesso all’impiego pubblico, con riferimento alla procedura di nomina della dott.sa Egidi a professore straordinario.
La censura non merita condivisione.
Come ammesso dallo stesso ricorrente, l’ordinamento prevede una cospicua serie di ipotesi in cui l’accesso ai pubblici impieghi può prescindere dalla procedura concorsuale, purché si tratti di incarichi a tempo determinato, come nel caso di specie. Si pensi all’attribuzione di insegnamenti a contratto a docenti, studiosi o professionisti di chiara fama (art. 23, comma 3, l. n. 240/2010) o la chiamata dei ricercatori a tempo determinato, di cui all’art. 24, comma 3, lettera b), nel ruolo di professore associato (art. 23, comma 5 della stessa legge).
Al contempo merita rilevare che l’art. 1, co. 12, della l. n. 230 del 2005 contempla tale possibilità solo nei confronti di “coloro che hanno conseguito l’idoneità per la fascia dei professori ordinari, ovvero a soggetti in possesso di elevata qualificazione scientifica e professionale…” e tale, come si vedrà, è appunto la situazione in cui versa la controinteressata.
4.1. Del pari non può assegnarsi credito alla tesi secondo cui la procedura di conferimento del titolo di professore straordinario sarebbe illegittima in quanto non sarebbero stati predeterminati i criteri di valutazione, né verbalizzati i giudizi della commissione e neppure individuati i titoli oggetto di valutazione.
Invero, il procedimento in questione non aveva natura comparativa, non essendo perciò necessario che fossero assicurate le condizioni di parità tra una eventuale pluralità di aspiranti e dovendo, piuttosto, il procedimento mirare ad accertare, in capo alla controinteressata, il possesso “per merito assoluto” dei titoli di elevata qualificazione scientifica e professionale attraverso una valutazione che non è sindacabile dal giudice di legittimità se non per manifesti profili di illogicità, contraddittorietà e travisamento dei fatti.
Né vale in proposito sottolineare che la dott.sa Egidi non avrebbe conseguito in passato l’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore di seconda fascia per il settore concorsuale 06/D2, essendo del tutto evidente il diverso oggetto e la differente finalità delle due procedure.
Quanto poi alla circostanza che la commissione non avrebbe potuto, nel ristretto intervallo temporale impiegato, compiere una adeguata valutazione dei titoli della controinteressata, è sufficiente rinviare al consolidato indirizzo secondo cui non è sindacabile in sede di legittimità – se non in casi di assoluta incongruenza e macroscopica implausibilità – la congruità del tempo dedicato dalla commissione giudicatrice alla valutazione delle prove d’esame di candidati o, come nella specie, per la valutazione dei titoli (Cons. Stato, sez. IV, 13 aprile 2016 n. 1446, id., sez. IV, 12 novembre 2015 n. 51379).
Da ultimo non può che rilevarsi la natura di mera illazione dell’affermazione (pag. 12 e 13 del ricorso) in ordine al carattere anticipatorio di una decisione già assunta da parte del Consiglio di Dipartimento di medicina clinica dell’Università in data 11 settembre 2014, deliberazione nella quale già si indicava la dott.sa Egidi come titolare del progetto al quale conferire l’incarico di professore straordinario.
5. Si contesta, poi, con il quarto motivo, la possibilità per il professore straordinario nominato con la procedura disciplinata dall’art. 1, co. 12, l. n. 230 del 2005 di svolgere, oltre all’attività di ricerca, anche quella didattica e, quindi, di poter svolgere a pieno titolo il ruolo di direttore della Scuola di specializzazione.
5.1. La censura è sprovvista di fondamento.
In proposito vale osservare che l’art. 6, co. 2, della l. n. 240/2010 stabilisce che “I professori [senza alcuna distinzione tra ordinari, associati o straordinari] svolgono attività di ricerca e di aggiornamento scientifico e, sulla base di criteri e modalità stabiliti con regolamento di ateneo, sono tenuti a riservare annualmente a compiti didattici e di servizio agli studenti…”.
Né del resto una distinzione in tal senso avrebbe senso, posto che, come già rilevato, il comma 12 dell’art. 1 del citata l. n. 230/2005 attribuisce ai professori straordinari, per il periodo di durata del rapporto, lo stesso trattamento giuridico ed economico dei professori ordinari, con le sole limitazioni già evidenziate in tema di assunzione delle cariche di rettore e preside di facoltà.
6. Da ultimo il ricorrente lamenta che l’art. 1 della l. n. 230/2005 dovrebbe ritenersi tacitamente abrogato dall’art. 8 della l. n. 240/2010 che, intervenendo organicamente in materia di “organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento”, avrebbe eliminato la figura stessa del professore straordinario.
6.1. Giova in proposito rammentare i principi che, con esclusione della legge penale, operano in tema di successione delle leggi nel tempo.
Si è ritenuto condivisibilmente che in tale ambito opera il principio secondo cui “l’abrogazione non si presume e grava sul legislatore l’onere di abrogazione espressa, potendo verificarsi un’abrogazione tacita solo per incompatibilità (che si contraddistingue per un grado di contraddizione logica, formale, assoluta, tale che dall’applicazione della nuova legge deriva necessariamente la disapplicazione o l’inosservanza dell’antica) o per nuova regolamentazione della materia (che trova il suo presupposto nel sopravvenire di un nuovo sistema normativo) (Tar Sardegna, sez. I, 19 agosto 2009, n. 1461). L’abrogazione tacita di una norma ricorre dunque nel caso d’incompatibilità e/o contraddizione logico-formale assoluta tra essa e la nuova norma, con la conseguenza che dall’applicazione di questa necessariamente discende la disapplicazione o l’inosservanza dell’antica (Cons. Stato, sez. V, 2 settembre 2013, n. 4337)” (T.A.R. Lazio, sez. I, 11 giugno 2015, n. 8168).
Nel caso di specie, oltre a non esservi alcun elemento letterale che induca alle conclusioni divisate dal ricorrente (basti la lettura dell’art. 29 della l. n. 240 che detta norme transitorie e finali), si rinvengono, viceversa, cospicue indicazioni in senso contrario, lasciando inalterata la complessità e varietà delle figure professionali riconducibili alla funzione di docenza in ambito universitario.
Così ad esempio la sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 1, comma 10, L. 4 novembre 2005 n. 230, nella parte in cui esclude che al personale tecnico amministrativo delle università possano essere attribuiti incarichi, anche gratuiti, di insegnamento da parte delle università stesse (Corte Cost., 24-04-2013, n. 78) la quale conferma, per implicito, la perdurante vigenza di detto articolo della legge n. 230, giacché altrimenti la Corte avrebbe dovuto considerare superata la questione dall’entrata in vigore della l. n. 240 del 2010.
O, ancora, il comma 7 dell’art. 29 della l. n. 240 che menziona, apportandovi modificazioni e integrazioni, proprio l’art. 1 della l. n. 230/2005.
D’altro canto l’art. 4 del d.m. 4 febbraio 2015 (posteriore alla l. n. 240/2010), recante il “Riordino delle scuole di specializzazione di area sanitaria” dispone che “Il corpo docente delle scuole di specializzazione di area sanitaria è costituito da professori di ruolo di I e II fascia, da ricercatori universitari e da personale operante nelle strutture appartenenti alla rete formativa della scuola nominato dagli organi deliberanti dell’università, su proposta del consiglio della scuola, ai sensi del decreto ministeriale 21 maggio 1998, n. 242”.
E tale ultima disposizione (che disciplina la materia dei professori a contratto) contiene disposizioni che sarebbero astrattamente incompatibili con la declaratoria delle figure dei docenti universitari come regolate dalla l. n. 240 del 2010 e come sostenuto dal ricorrente, ma che, in realtà, dettano una normativa che si palesa sovrapponibile a quella fissata dall’art. 1, co. 12, l. n. 230 per i professori straordinari, stabilendo che “Per sopperire a particolari e motivate esigenze didattiche, le università e gli istituti di istruzione universitaria statali, secondo le norme dei rispettivi ordinamenti e nei limiti degli appositi stanziamenti di bilancio, possono stipulare con studiosi od esperti anche di cittadinanza straniera di comprovata qualificazione professionale e scientifica, non dipendenti da università italiane, contratti di diritto privato per l’insegnamento nei corsi di diploma universitario, di laurea e di specializzazione ovvero per lo svolgimento di attività didattiche integrative”.
Ne segue, per le ragioni esposte che il ricorso va rigettato, seguendo le spese di giudizio la soccombenza come in dispositivo liquidate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio che si liquidano, in favore di ciascuna delle controparti, in € 1.500,00, oltre accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 21 settembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Pozzi, Presidente
[#OMISSIS#] Massari, Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] Bellucci, Consigliere
Pubblicato il 24/10/2016