È pacifico che le sentenze dichiarative della illegittimità costituzionale hanno effetto retroattivo ed erga omnes, nel senso che esse trovano applicazione non solo nel giudizio al cui interno è stata sollevata la questione, ma in tutti i giudizi e nei rapporti sostanziali non ancora definiti, ad esclusione dei rapporti oramai esauriti in modo definitivo e irrevocabile per avvenuta formazione del giudicato, o per essersi comunque verificato altro evento cui l’ordinamento ricollega il consolidamento del rapporto. (Nella caso di specie, i ricorrenti invocano l’applicazione degli effetti della sentenza Corte Costituzionale, 6 giugno 2008, n. 191, ma l’accoglimento della prospettazione è impedito dal giudicato formatosi sulle sentenze precedenti alla declaratoria di incostituzionalità, con cui sono state respinte le domande proposte dagli interessati per sentir accertare il proprio diritto alla fruizione del beneficio di cui all’art. 103, comma 3, D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382)
Nessun affidamento meritevole di tutela può farsi derivare da circolari, atti e comportamenti tenuti dall’università, dai quali possa ricavarsi la volontà dell’amministrazione di adeguarsi al dictum della pronuncia della Corte Costituzionale, 6 giugno 2008, n. 191. Anche ammesso che in una prima fase l’università abbia potuto ingenerare in alcuno degli interessati il convincimento circa il possesso dei requisiti per vedersi applicata la pronuncia del Giudice delle leggi, basti ricordare che l’amministrazione è tenuta a evitare l’indebita erogazione di denaro pubblico e, a questo fine, essa può e deve sempre rivedere le proprie determinazioni e i propri intendimenti senza l’obbligo di fornire una specifica motivazione circa l’eventuale affidamento suscitato negli interessati, essendo sufficiente che emergano le ragioni obiettive che impediscono di dare seguito a quell’affidamento.
TAR Toscana, Firenze, Sez. I, 27 luglio 2015, n. 1123
Ricostruzione carriera ricercatore confermato–Riconoscimento servizi prestati anteriormente entrata in ruolo
N. 01123/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01063/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1063 del 2009, proposto da:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Coronnello, Rosa Donato, [#OMISSIS#] Grazia [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Lo Nostro, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Giovanni [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Torre, tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti [#OMISSIS#] Bernasconi e [#OMISSIS#] Bernasconi, presso lo studio dei quali sono elettivamente domiciliati in Firenze, Via [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] 42;
contro
Universita’ degli Studi di Firenze, in persona del Rettore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la cui sede è domiciliata in Firenze, Via degli Arazzieri 4;
per l’annullamento
dei decreto mediante i quali l’Università degli Studi di Firenze ha rigettato le istanze presentate dai ricorrenti, ricercatori universitari confermati, ai fini del riconoscimento del servizio pregresso prestato in qualità di tecnici laureati nella carriera di ricercatore universitario, nonché degli atti presupposti;
e per il riconoscimento del diritto di ciascun ricorrente alla valutazione, ai fini della carriera (nella misura dei due terzi), oltre che per intero ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza, dell’attività prestata nell’Università in qualità di tecnico laureato antecedentemente all’immissione nella fascia di ricercatore confermato (1/11/2001), e ciò ai sensi dell’art. 103 co. 3 D.P.R. 11/7/1980 n. 382, nel testo così come risultante a séguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 191 del 21/5-6/6/2008.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Universita’ degli Studi di Firenze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 aprile 2015 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La dottoressa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e gli altri litisconsorti in epigrafe sono dipendenti dell’Università degli Studi di Firenze, inquadrati con decorrenza 1 novembre 2001 nel ruolo dei ricercatori confermati, a seguito di concorso riservato indetto dall’ateneo ai sensi della legge n. 4/1999. Successivamente all’immissione nel ruolo dei ricercatori, essi hanno chiesto il riconoscimento del servizio pregresso prestato in qualità di funzionari/tecnici laureati, ai fini della ricostruzione della carriera e del trattamento di previdenza e quiescenza, incorrendo nei dinieghi dell’ateneo, avverso i quali, nell’anno 2002, hanno proposto una serie di ricorsi giurisdizionali individuali dinanzi a questo stesso T.A.R.. I ricorsi sono stati respinti con sentenze depositate nell’anno 2004 e motivate con riferimento al dato testuale degli artt. 103 co. 3 D.P.R. n. 382/1980 e 7 della legge n. 28/1980, che non contemplavano il servizio prestato quale tecnico laureato per l’ammissione al beneficio del riconoscimento dei servizi pregressi.
Con sentenza n. 191 del 6 giugno 2008, la Corte Costituzionale ha peraltro dichiarato l’illegittimità del menzionato art. 103 co. 3 D.P.R. n. 382/1980, nella parte in cui non consentiva ai ricercatori universitari di ottenere il riconoscimento dei servizi prestati in precedenza come tecnici laureati con almeno tre anni di attività di ricerca. Gli odierni ricorrenti, a seguito della pronuncia del giudice delle leggi, hanno reiterato la domanda di riconoscimento dei servizi pregressi, ancora una volta senza risultato, giacché con i provvedimenti del 26 marzo 2009, elencati in ricorso, l’Università di Firenze ha negato loro il beneficio, in considerazione dell’avvenuto esaurimento dei sottostanti rapporti giuridici.
La presente controversia è stata dunque promossa dalla dottoressa [#OMISSIS#] e dagli altri ricorrenti per l’annullamento dei nuovi dinieghi, nonché per l’accertamento del diritto alla fruizione dei benefici previsti dall’art. 103 co. 3 del D.P.R. n. 382/1980 e per la condanna dell’amministrazione intimata all’attribuzione a ciascuno dei ricorrenti del corrispondente trattamento economico, con l’aggiunta di rivalutazione monetaria e interessi legali.
1.1. Costituitasi in giudizio l’Università degli Studi di Firenze, che resiste alle domande, la causa è stata discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 22 aprile 2015, preceduta dal deposito di documenti e memorie difensive.
2. Con atti depositati il 12 marzo 2015 e sottoscritti per adesione dall’Avvocatura erariale, due dei ricorrenti, le dottoresse [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Coronnello e [#OMISSIS#] Grazia [#OMISSIS#], hanno dichiarato di rinunciare al ricorso a spese integralmente compensate. La rinuncia, formalizzata con modalità equipollenti a quelle disciplinate dall’art. 84 c.p.a., comporta l’estinzione del giudizio relativamente alla posizione delle ricorrenti predette, a spese compensate in conformità all’accordo delle parti.
3. Nel merito delle rimanenti posizioni, il ricorso è supportato da tre motivi in diritto, che vengono di seguito riassunti.
3.1. Con il primo motivo è contestato l’assunto dell’Università, secondo cui i rapporti giuridici sui quali i ricorrenti fondano le proprie pretese sarebbero esauriti per effetto del passaggio in giudicato delle sentenze con cui il T.A.R. Toscana, nel 2004, ha respinto i ricorsi avverso il diniego di riconoscimento dei servizi pregressi frapposto ai medesimi ricorrenti. La tesi sarebbe destituita di fondamento, stante l’inscindibilità del rapporto di impiego e la natura di diritto soggettivo della situazione giuridica fatta valere, che legittimerebbero il dipendente a riproporre anche più volte l’istanza di riconoscimento sulla base di circostanze sopravvenute incidenti sul diritto. Nella specie, l’evento sopravvenuto che viene invocato è la sentenza n. 191/2008 della Corte Costituzionale, la quale avrebbe dato vita al diritto oggi rivendicato, mentre l’esistenza di giudicati sfavorevoli ai ricorrenti non rileverebbe, perché riguardanti un testo normativo che, a suo tempo, obiettivamente precludeva il riconoscimento dei servizi prestati quali tecnici laureati. Del resto, la stessa Università di Firenze inizialmente si sarebbe orientata in questo senso, avendo all’indomani della pronuncia della Consulta indirizzato a tutti i ricercatori una circolare – n. 15 del 18 agosto 2008 – con cui ammetteva la possibilità di chiedere il riconoscimento dei servizi pregressi come tecnici laureati, purché entro un anno dalla conferma in ruolo e anche da parte di coloro le cui domande, presentate entro quel termine, non fossero state accolte.
3.2. Con il secondo motivo, i ricorrenti ribadiscono come la citata circolare n. 15/2008 esprimesse la chiara intenzione dell’Università di dare concreta applicazione alla sentenza della Corte Costituzionale anche nei loro confronti. L’inatteso mutamento di indirizzo da parte dell’ateneo, avallato da ulteriori condotte concludenti nei confronti di alcuni degli interessati, quali la conferma del possesso dei requisiti per il riconoscimento dei servizi pregressi, ovvero la comunicazione che il beneficio sarebbe stato riconosciuto, sarebbe dunque viziato perché in contrasto con il precedente atto generale di indirizzo e con gli atti già adottati in applicazione dello stesso, senza il corredo di idonea motivazione.
3.3. Con il terzo motivo, è dedotta la violazione dei principi di uguaglianza sostanziale, proporzionalità della retribuzione, imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa. Il diniego del beneficio nei confronti dei soggetti già incorsi, come i ricorrenti, in un precedente diniego, determinerebbe una intollerabile situazione di squilibrio a vantaggio di coloro che, immessi nel ruolo dei ricercatori in epoca successiva alla dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 103 co. 3 D.P.R. n. 382/1980, per effetto del riconoscimento del beneficio conseguirebbero un trattamento giuridico ed economico più favorevole, pur potendo vantare una minore anzianità di servizio e a parità di mansioni lavorative. Proprio per evitare conseguenze inique e discriminatorie, alcuni atenei avrebbero deliberato di riconoscere a tutti i ricercatori confermati il beneficio, consentendo la riproposizione delle domande già respinte anche in sede giurisdizionale; il che starebbe a confermare la persistente attualità del diritto fatto valere dai ricorrenti, indipendentemente dal giudicato.
3.4. Il ricorso è infondato.
3.4.1. È pacifico, in giurisprudenza, che ai sensi del combinato disposto degli art. 136 Cost. e 30 l. n. 87/1953 le sentenze dichiarative della illegittimità costituzionale di una norma hanno effetto retroattivo ed erga omnes, nel senso che esse trovano applicazione non solo nel giudizio al cui interno è stata sollevata la questione, ma a tutti i giudizi e ai rapporti sostanziali non ancora definiti, ad esclusione dei rapporti oramai esauriti in modo definitivo e irrevocabile per avvenuta formazione del giudicato, o per essersi comunque verificato altro evento cui l’ordinamento ricollega il consolidamento del rapporto (fra le più recenti, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 9 gennaio 2014, n. 20; id., 13 marzo 2013, n. 1515; Cass. civ., sez. I, 20 novembre 2012, n. 20381).
Nella specie, i ricorrenti invocano l’applicazione degli effetti della sentenza n. 191 del 6 giugno 2008, con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 103 co. 3 del D.P.R. n. 382/1980, come modificato dall’art. 23 della legge n. 488/1999, nella parte in cui non riconosce(va) ai ricercatori universitari, all’atto della loro immissione nella fascia dei ricercatori confermati, per intero ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza e per i due terzi ai fini della carriera, l’attività effettivamente prestata nelle università in qualità di tecnici laureati con almeno tre anni di attività di ricerca. L’accoglimento della prospettazione è tuttavia impedito, alla stregua dei principi richiamati inizialmente, dal giudicato formatosi sulle sentenze con cui nell’anno 2004, vale a dire in epoca ben anteriore all’invocata declaratoria di incostituzionalità, questo stesso T.A.R. ha respinto le domande proposte dalla stessa dottoressa [#OMISSIS#] e dai suoi odierni litisconsorti per sentir accertare il proprio diritto alla fruizione del beneficio di cui all’art. 103 co. 3 cit., previo annullamento dei dinieghi loro frapposti dall’Università di Firenze; ed è lo stesso giudicato a precludere la riproponibilità dell’istanza di concessione del beneficio all’indomani della pronuncia della Corte Costituzionale, non potendosi accedere alla tesi secondo cui i diritti soggettivi del lavoratore potrebbero essere esercitati – e riesercitati – in costanza del rapporto di impiego e fino alla conclusione dello stesso: la nozione di “rapporto esaurito” non può che essere riferita, infatti, alla singola situazione giuridica sostanziale che abbia formato oggetto di rivendicazione fra le parti, ancorché nell’ambito di un più ampio rapporto (quale appunto il rapporto di impiego), che, relativamente alla situazione oramai coperta dal giudicato, continua a essere disciplinato dalla legge in seguito dichiarata incostituzionale.
3.4.2. Assodato che la non spettanza del riconoscimento dei servizi pregressi costituisce un effetto irretrattabile del giudicato a suo tempo formatosi nei confronti dei ricorrenti (giudicato che, a differenza di quanto sostenuto in ricorso, non rappresenta una mera conferma dei dinieghi già pronunciati in via amministrativa, ma sancisce la definitiva insussistenza del diritto fatto valere), nessun affidamento meritevole di tutela può farsi derivare dalla circolare n. 15/2008 e dagli atti e comportamenti alla stessa successivi, dai quali i ricorrenti ricavano la volontà dell’amministrazione resistente di adeguarsi al dictum della Corte Costituzionale indipendentemente dalla sorte delle liti a suo tempo promosse. Anche ammesso che in una prima fase l’Università abbia potuto ingenerare in alcuno dei ricorrenti il convincimento circa il possesso dei requisiti per vedersi applicata la pronuncia del giudice delle leggi, sia sufficiente ricordare che l’amministrazione è tenuta a evitare l’indebita erogazione di denaro pubblico e, a questo fine, essa può e deve sempre rivedere le proprie determinazioni e i propri intendimenti – anche in autotutela, ovvero disapplicando eventuali atti normativi o interpretativi presupposti – senza l’obbligo di fornire una specifica motivazione circa l’eventuale affidamento suscitato negli interessati, essendo sufficiente che emergano le ragioni obiettive che impediscono di dare seguito a quell’affidamento; e la conclusione vale a maggior ragione nel caso in cui, come nella specie, sia mancato qualsivoglia riconoscimento formale del beneficio richiesto.
3.4.3. Neppure sussiste, infine, la pretesa disparità di trattamento dei quali i ricorrenti si assumono vittime. Questa, in realtà, rappresenta nulla più che l’inevitabile corollario dell’indifferenza dei rapporti esauriti alla dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 103 co. 3 D.P.R. n. 382/1980, indifferenza che discende, come detto, dai limiti che lo stesso legislatore costituzionale (artt. 136 Cost. e 30 l. n. 87/1953, citt.) ha posto alla capacità delle sentenze di accoglimento della Corte Costituzionale di incidere sulle situazioni giuridiche che, per ragioni diverse, non siano più suscettibili di essere rimesse in discussione e dedotte in un nuovo giudizio ai fini della loro tutela.
4. In forza di tutte le considerazioni che precedono, per le posizioni non oggetto di rinuncia il ricorso è infondato e va respinto.
4.1. La natura della controversia giustifica l’integrale compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando, dichiarata l’estinzione del giudizio relativamente alle posizioni delle dottoresse Giovaannini e Coronnello, respinge il ricorso relativamente alle posizioni rimanenti.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 22 aprile 2015 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Pozzi, Presidente
[#OMISSIS#] Bellucci, Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/07/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)