TAR Toscana, Firenze, Sez. I, 4 dicembre 2017, n. 1521

Gare pubbliche-Affidamento diretto "Cineca"

Data Documento: 2017-12-04
Area: Giurisprudenza
Massima

Le delibere del Consiglio di Amministrazione di una università, nella parte in cui dispongono l’affidamento diretto in favore del CINECA di servizi informatici e per una durata triennale, hanno l’effetto di determinare una violazione delle norme a tutela della concorrenza e del mercato e, ciò, in considerazione del fatto che le Università pubbliche sono tenute al rispetto delle regole e dei principi dell’evidenza pubblica laddove decidano di esternalizzare i propri servizi.

Contenuto sentenza

N. 01521/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00740/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 740 del 2017, proposto da: 
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Firenze, domiciliata per legge presso i suoi uffici in Firenze, via degli Arazzieri, 4; 
contro
Università degli Studi di Firenze, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] De Grazia, Serena [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. [#OMISSIS#] De Grazia in Firenze, Rettorato – piazza San [#OMISSIS#] n. 4; 
nei confronti di
Cineca – Consorzio Interuniversitario, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Cazzato, [#OMISSIS#] Nocentini, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. [#OMISSIS#] Nocentini in Firenze, via dei Rondinelli n. 2; 
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
Be Smart s.r.l., Tempo s.r.l., 3d Informatica s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Gian [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Romano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. [#OMISSIS#] Cervo in Firenze, borgo Pinti n. 80; 
per l’annullamento,
delle delibere del Consiglio di Amministrazione del 5 febbraio 2016 e del 22 luglio 2016 dell’Università di Firenze, recanti l’affidamento diretto disposto in favore del Consorzio Interuniversitario CINECA, dei servizi informatici relativi a U-GOV e TITULUS con servizi di assistenza connessi e del sistema di gestione integrata segreterie studenti (GISS) con licenza d’uso e servizi correlati.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Cineca – Consorzio Interuniversitario – e dell’Università degli Studi di Firenze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2017 il consigliere Giovanni [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il presente ricorso l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato impugna, ai sensi dell’art. 21 bisdella L. n. 287/90, le delibere del 5 febbraio e del 22 luglio 2016 con le quali l’Università di Firenze ha autorizzato la sottoscrizione dell’atto di affidamento per l’utilizzo di determinati sistemi di software, disponendo la dismissione del sistema applicativo delle segreterie studenti, denominato GISS vers. 1 e la conseguente migrazione verso il nuovo software Giss vers2/E3.
Nel ricorso si evidenzia che, a seguito della segnalazione da parte della società Be Smart s.r.l. circa l’avvenuto affidamento diretto di detti servizi a CINECA, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (da ora AGCM), nell’adunanza del 22 marzo 2017, ha espresso un parere motivato ai sensi dell’articolo 21-bis della legge del 10 ottobre 1990, n. 287.
L’Autorità ha segnalato a CINECA che, a seguito dell’intervento legislativo contenuto nella legge n. 125/2015, non erano seguite idonee modifiche dello statuto dello stesso consorzio, invitando l’Ateneo a comunicare all’Autorità, entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione del parere, le iniziative adottate.
Con la nota a firma del Rettore (prot. n. 65591) del 3 maggio 2017 l’Università di Firenze ha risposto al parere dell’AGCM, evidenziando in particolare che lo statuto di CINECA era già stato modificato per adeguarlo alle prescrizioni di cui all’art. 9, cc. 11-bis, 11-ter e 11-quater, del d.l. n. 78/2015, convertito in legge n. 125/2015.
L’Autorità, ritenendo di non condividere le osservazioni addotte a sostegno dell’affidamento diretto, ha deliberato in data 17 maggio 2017 di impugnare le delibere sopra citate.
Con un’unica censura si è sostenuta la violazione del principio di concorrenza, della libera circolazioni delle merci e della libera prestazione dei servizi, in considerazione dell’inesistenza dei requisiti per far luogo ad un affidamento “in house”. 
Si è costituita in giudizio l’Università di Firenze, evidenziando di essere socio fondatore del Consorzio Interuniversitario CINECA e di aver disposto l’affidamento diretto sopra citato in considerazione sia, dell’esistenza dei requisiti dell’” in house” sia, ancora, in ragione della necessità di disporre una proroga tecnica al fine di evitare il blocco delle attività didattiche ed amministrativo-gestionali dell’ateneo.
Preliminarmente detta Università ha comunque eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse dell’AGCM e, ciò, in conseguenza dell’introduzione nell’ordinamento di nuove discipline (si veda l’art. 12 della direttiva 2014/24/UE, l’art. 9, cc. 11-bis e ss., del d.l. n. 78/2015 e l’art. 5 del d.lgs. n. 50/2016) che, unitamente all’avvenuta approvazione del nuovo Statuto di CINECA, avrebbero legittimato l’affidamento diretto dei servizi informativi di cui si tratta.
Si è, altresì, eccepita l’illegittimità costituzionale dell’art. 21-bis, nella parte in cui attribuirebbe all’AGCM una legittimazione diretta a consentire l’esercizio di una forma di giurisdizione di diritto oggettivo, interpretazione quest’ultima che sarebbe in contrasto con gli artt. 24, 103 e 113 Cost..
L’illegittimità di detta disposizione sarebbe evidente, laddove si consideri l’assenza (quale dies a quo) del termine di decorrenza dei sessanta giorni entro i quali l’Autorità può formulare il proprio parere motivato, circostanza quest’ultima che sarebbe suscettibile di incidere sulla stabilità e certezza degli atti amministrativi.
Si è costituito, altresì, il Consorzio CINECA che, preliminarmente, ha eccepito la tardività e l’inammissibilità del ricorso, considerando il periodo di tempo trascorso tra l’emanazione delle delibere di affidamento del 5 febbraio e 22 luglio 2016 e il proponimento del presente giudizio avvenuto nel maggio 2017.
Nel merito si è sostenuta l’infondatezza della censura proposta, ritenendo legittimo l’affidamento diretto a CINECA delle prestazioni sopra citato.
Hanno proposto un atto di intervento ad adiuvandum le società Be Smart srl, Tempo srl. e 3d informatica srl, evidenziando di essere operatori del mercato di riferimento e chiedendo l’accoglimento del ricorso introduttivo e, conseguentemente, l’annullamento dei provvedimenti impugnati dall’AGCM.
Nel corso del giudizio tutte le parti hanno avuto di precisare le rispettive conclusioni, presentando memorie anche in replica.
In particolare il consorzio CINECA ha, da ultimo, eccepito l’inammissibilità dell’intervento delle società sopra citate, in quanto queste ultime avrebbero proposto nuove censure che avrebbero potuto essere oggetto di un autonomo ricorso nel rispetto dei termini ordinari di impugnazione dei provvedimenti amministrativi.
A seguito dell’udienza del 25 ottobre 2017 e delle camere di consiglio dello stesso 25 ottobre e dell’8 novembre 2017, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. In primo luogo è necessario esaminare le eccezioni preliminari proposte.
1.1 A tal fine è necessario premettere che ragioni di priorità logica suggeriscono di verificare il fondamento dell’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 21 bis della legge 10 ottobre 1990, n. 287, e, successivamente, esaminare l’asserito difetto legittimazione e l’eccezione di tardività del ricorso proposto l’AGCM e, ciò, in considerazione del carattere analogo delle argomentazioni proposte, tutte strettamente correlate a ricostruire i principi dell’azione proposta dall’AGCM.
1.2 In un momento successivo verranno esaminate le argomentazioni dirette a sostenere l’inammissibilità della costituzione in giudizio degli intervenienti ad adiuvandum.
1.3 Per quanto concerne l’asserita illegittimità costituzionale dell’art. 21 bis della legge 10 ottobre 1990, n. 287, quest’ultima è stata proposta nell’eventualità in cui si aderisse all’orientamento che qualifica l’art. 21 bis come disposizione diretta a configurare l’esistenza di una forma “oggettiva” di giurisdizione amministrativa.
1.4 Ne conseguirebbe il contrasto di detta disposizione con gli artt. 24, 103 e 113 della Costituzione, nell’ambito dei quali il processo amministrativo è configurato come presidio a tutela dei diritti e degli interessi dei singoli e, non, come strumento di attuazione dell’interesse generale alla legalità dell’azione amministrativa.
1.5 Il contrasto con la Costituzione risulterebbe confermato dall’assenza di un termine diretto a disporre la decorrenza dei sessanta giorni entro i quali l’Autorità può formulare il proprio parere motivato, circostanza che avrebbe l’effetto di incidere sulla stabilità dei provvedimenti che potrebbero essere impugnati per un tempo sostanzialmente indefinito.
1.6 Al fine di dimostrare l’inesistenza dei presupposti per rimettere alla Corte Costituzionale il giudizio di legittimità sull’art. 21 bis è necessario premettere la ratio della disposizione appena richiamata.
Quest’ultima va individuata sulla base di quanto previsto dal primo comma, laddove risulta evidente la volontà del Legislatore di attribuire all’AGCM la legittimazione “ad agire in giudizio contro gli atti amministrativi generali, i regolamenti ed i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato”.
Il 2° comma dell’art. 21 bis prevede poi che, nell’ipotesi in cui la stessa Autorità ritenga che un’Amministrazione abbia emanato un atto in violazione delle norme a tutela della concorrenza, ha la facoltà di inviare all’Amministrazione, entro sessanta giorni, un parere motivato, nel quale indica gli specifici profili delle violazioni riscontrate; se l’Amministrazione non si conforma nei sessanta giorni successivi alla comunicazione del parere, l’Autorità può presentare, tramite l’Avvocatura dello Stato, il ricorso, entro i successivi trenta giorni.
1.7 E’ necessario evidenziare che la censura di presunta illegittimità costituzionale è stata già affrontata da precedenti pronunce che, pur senza riferirsi espressamente all’assenza di un preciso dies a quo al quale ancorare i sessanta giorni entro i quali è possibile l’emanazione del parere/invito, hanno ricostruito i caratteri fondamentali della legittimazione ad agire attribuita all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
1.8 In dette pronunce è stata smentita la tesi diretta a evidenziare l’esistenza di un’ipotesi di giurisdizione oggettiva, affermando che l’art. 21 bis“…lungi dall’introdurre un’ipotesi eccezionale di giurisdizione amministrativa di diritto oggettivo, in cui l’azione giurisdizionale mira alla tutela di un interesse generale e non di situazioni giuridiche soggettive di carattere individuale, che porrebbe problemi di compatibilità specie con l’art. 103 Cost. (secondo il quale gli organi della giustizia amministrativa hanno giurisdizione in materia di interessi legittimi e, nei soli casi previsti dalla legge, di diritti soggettivi), delinea piuttosto un ordinario potere di azione, riconducibile alla giurisdizione a tutela di situazioni giuridiche individuali qualificate e differenziate, benché soggettivamente riferite ad una autorità pubblica (Tar Lazio, Sez. III bis, sent. n. 2720 del 2013)”.
1.9 Sussistono, infatti, i presupposti ricondurre l’art. 21 bis ad una lettura costituzionalmente orientata e, ciò, sia in considerazione del tenore della disposizione che individua con precisione i poteri dell’AGCM sia, ancora, in considerazione del fatto che le norme sulla libertà di concorrenza disciplinano fattispecie nelle quali si muovono interessi individuali, concreti e qualificati che, quindi, fondano situazioni giuridiche soggettive in capo a tutti coloro che agiscono sul mercato.
2. Si consideri, infatti, che la struttura sostanzialmente bifasica dell’art. 21 bis consente di individuare una prima fase a carattere consultivo, che concerne l’emissione del parere motivato nel quale sono indicati gli specifici profili delle violazioni riscontrate e una seconda fase in sede giurisdizionale.
2.1 Nell’ambito di una tale struttura l’instaurazione del ricorso è configurata come un rimedio solo eventuale e, comunque, successivo all’esercizio di un potere prettamente amministrativo e, ciò, in considerazione del fatto che il ricorso potrebbe anche non essere depositato, nell’eventualità in cui la stessa Amministrazione abbia ritenuto di procedere in autotutela o, ancora, nell’ipotesi in cui l’AGCM consideri esaustivi i chiarimenti e le osservazioni proposte dall’Amministrazione.
2.2 Ciò premesso è evidente che la mancanza di una previsione legislativa, suscettibile di individuare un dies a quo al quale ancorare la decorrenza del termine di sessanta giorni entro il quale l’Autorità può invitare l’Amministrazione ad emanare un parere previsto dall’art. 21 bis, non assume un carattere dirimente e decisivo ai fini di rilevare l’esistenza di un contrasto con gli artt. 2, 14, 103 e 113 della Costituzione.
2.3 Si consideri, infatti, che l’esigenza di stabilità di rapporti giuridici trova un’adeguata tutela e garanzia alla luce di alcuni orientamenti giurisprudenziali che consentono di attenuare quegli elementi che sarebbero suscettibili di differenziare l’interesse legittimo azionato.
2.4 A tal fine è opportuno ricordare in primo luogo come sia stata sancita l’indispensabilità dell’esperimento della fase di interlocuzione con l’Amministrazione emanante e, ciò, a pena di una pronuncia di inammissibilità del successivo ricorso (in questo senso si veda Consiglio di Stato Sez. IV, del 28 gennaio 2016, n. 323).
2.5 Ulteriori pronunce hanno poi affermato che il termine di sessanta giorni per l’emanazione del parere dell’AGCM concerne un’attività che ha in sé natura amministrativa e non di iniziativa processuale, con la conseguenza che non sussistono le condizioni per estendere ad esso i principi dettati dal Codice del processo amministrativo per l’esercizio dell’azione in giudizio (Corte Costituzionale n. 20 del 14 febbraio 2013; T.A.R. Lazio Roma Sez. II, del 6 maggio 2013, n. 4451).
2.6 Ne consegue che il termine di sessanta giorni non può iniziare a decorrere dalla mera pubblicazione del provvedimento, ma che al contrario il relativo dies a quo deve essere individuato in modo tale che la sua durata sia effettivamente utilizzabile per l’esercizio del potere di iniziativa al quale accede (Cons. Stato Sez. V, del 09 marzo 2015, n. 1171).
2.7 In conformità a detta interpretazione alcune pronunce di primo grado hanno sancito che il momento della “conoscenza” può essere individuato nella comunicazione all’AGCM del provvedimento contestato e, ciò, peraltro a patto che la stessa abbia il requisito della specificità, ovvero che contenga chiaramente gli elementi rilevanti dell’atto che dovrebbe divenire oggetto del parere (T.A.R. Calabria, Catanzaro del 29 giugno 2016, n. 1373).
2.8 E’ evidente, infatti, che prescindere dall’effettiva conoscenza da parte dell’AGCM dei provvedimenti contestati avrebbe l’effetto di circoscrivere, se non di paralizzare, l’azione di quest’ultima, incidendo così sulla reale applicabilità dell’istituto e, ciò, in conflitto con la ratio legis della disposizione così come sopra ricordata. 
2.9 Un contributo alla stabilità dei rapporti giuridici è dato, seppur indirettamente, anche dall’art. 21 nonies della L. n. 241/90, nel momento in cui richiede, come presupposto per l’esercizio dell’autotutela, l’esistenza di un interesse pubblico all’annullamento e il mancato decorso del termine massimo dei diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti incriminati.
3. Un’eventuale provvedimento di autotutela adottato dall’Amministrazione dovrà essere assunto entro il termine ragionevole dei diciotto mesi e, ancora, dovrà risultare motivato con riferimento all’esistenza di un interesse pubblico, idoneo a giustificare lo stesso annullamento.
Al contrario, nell’ipotesi in cui detti presupposti non siano ritenuti esistenti, l’Amministrazione sollecitata dall’AGCM dovrà necessariamente darne atto nel successivo parere e, ciò, con una motivazione che non potrà che avere effetti nella fase in cui la stessa AGCM dovrà valutare se proporre ricorso avverso gli atti adottati in violazione dei principi della concorrenza.
3.1 Alla luce di quanto sopra, l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 21 bis deve essere respinta.
4. L’avvenuta qualificazione soggettiva dell’interesse all’annullamento dei provvedimenti adottati in violazione dei principi di concorrenza, e nel contempo l’esigenza di correlare l’azione dell’Autorità al perseguimento di un fine di tutela collettivo, consente di ritenere infondata anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso per asserita mancanza di un interesse all’annullamento delle delibere emanate dall’Università di Firenze.
4.1 Non solo un interesse sussiste, ma non è suscettibile di venir meno nemmeno a seguito delle modifiche statutarie adottate da CINECA e, ciò, considerando come queste ultime sono state autorizzate dal Ministero dell’Istruzione e dell’Università e della Ricerca solo nel mese di maggio 2017 e, quindi, in un periodo evidentemente successivo all’adozione delle delibere ora impugnate.
L’eccezione di inammissibilità per difetto di interesse è, pertanto, infondata e va respinta.
5. Applicando al caso di specie le conclusioni alle quali sono pervenuti gli arresti giurisprudenziali sopra citati è possibile rigettare anche l’eccezione di tardività.
5.1 Le Delibere del Consiglio di Amministrazione del 5 febbraio 2016 e del 22 luglio 2016 sono state acquisite dall’Autorità in data 3 marzo 2017 a seguito di una segnalazione dell’impresa Be Smart s.r.l., ora interveniente ad adiuvandum.
5.2 Il successivo parere è stato adottato il 22 marzo 2017, comunicato all’Università di Firenze in data 29 marzo 2017 e, a sua volta, riscontrato dalla stessa Università in data 3 maggio 2017.
5.3 Considerando che il ricorso introduttivo è stato notificato in data 29 maggio 2017 è evidente che l’AGCM ha rispettato sia il termine di sessanta giorni dall’effettiva conoscenza per emettere il parere di competenza sia, ancora, il successivo termine di trenta giorni per proporre ricorso.
Le eccezioni preliminari sono, pertanto, infondate e vanno respinte.
6. E’ al contrario da accogliere l’eccezione di inammissibilità proposta avverso l’intervento ad adiuvandum delle società Be Smart s.r.l., Tempo s.r.l. e 3d Informatica s.r.l., in quanto queste ultime hanno inteso far valere ragioni distinte rispetto a quelle introdotte dall’Autorità che, in quanto tali, avrebbero obbligato le stesse società a proporre un autonomo ricorso entro i termini decadenziali.
6.1 L’inammissibilità di detto interventum ad adiuvandum risulta evidente laddove si consideri l’esistenza di precedenti pronunce che hanno affermato come sia inammissibile l’intervento posto in essere da chi sia ex se legittimato a proporre direttamente il ricorso giurisdizionale in via principale, “considerato che in tale ipotesi l’interveniente non fa valere un mero interesse di fatto, bensì un interesse personale all’impugnazione di provvedimenti immediatamente lesivi, che può farsi valere solo mediante proposizione di ricorso principale nei prescritti termini decadenziali(Cons. Stato Sez. VI, del 21 giugno 2012, n. 3647; Cons. Stato Sez. III, del 21 dicembre 2011, n. 6777)”.
6.2 Si consideri che, malgrado l’assenza di nuove domande, gli intervenienti hanno modificato la prospettiva del ricorso proposta dall’AGCM, ampliando il thema decidendum e, ciò, nel momento hanno preso in esame un periodo successivo all’emanazione dei provvedimenti ora impugnati, sostenendo che ad oggi sussisterebbero i presupposti per qualificare come “in house” il Consorzio.
6.3 In questo senso è anche l’argomentazione relativa all’asserita violazione della normativa in materia di aiuti di Stato, questione proposta con riferimento al profilo dell’attività prevalente e che non è stata introdotta dall’AGCM.
6.4 E’, peraltro, evidente che l’utilizzo dell’istituto di cui all’art. 21 bis, e la contestuale attribuzione ad un’Autorità del potere di proporre un ricorso giurisdizionale una volta acquisita conoscenza dell’effettiva lesione ai principi in materia di concorrenza, non può essere utilizzata strumentalmente al fine di rimettere in termini soggetti che hanno visto spirare il termine decadenziale per proporre ricorso e far valere le proprie ragioni.
6.5 Ne consegue l’inammissibilità dell’atto di intervento proposto dalle società Be Smart s.r.l., Tempo s.r.l. e 3d Informatica s.r.l.
7. Ciò premesso per quanto concerne le eccezioni preliminari è possibile esaminare nel merito il ricorso, anticipando sin d’ora come siano fondate le argomentazioni alla base dell’unica censura proposta.
7.1 L’Università di Firenze e CINECA, nel sostenere la legittimità dell’affidamento, evidenziano che sussisterebbero tutti i requisiti per considerare quale organismo “in house” il Consorzio CINECA e, ciò, a seguito dell’emanazione del D.lgs. 125/2015 e delle modifiche intervenute sullo statuto dello stesso Consorzio.
7.2 Una tale ricostruzione non può essere condivisa, diretta com’è a far riferimento ad una fase successiva (peraltro nemmeno conclusa) rispetto al periodo di tempo nel quale insistono e sono stati emanati i provvedimenti impugnati.
7.3 Le modifiche statutarie devono essere considerate del tutto irrilevanti, considerando che, queste ultime sono divenute vigenti (secondo le previsioni dell’art. 18 dello stesso Statuto) solo dopo l’approvazione avvenuta con DM del 13 aprile 2017 e, quindi, ad oltre un anno di distanza dalla delibera del 22 febbraio 2016.
7.4 Si consideri, infatti, che con riferimento ai requisiti idonei ad individuare un organismo in house la stessa CINECA (si veda pag. 10 della memoria del 9 ottobre 2017) ha affermato di essere ancora in procinto (e quindi all’atto in cui il presente ricorso è andato in decisione) di formalizzare all’ANAC la propria domanda di iscrizione all’elenco di cui all’art. 192 del D.lgs. 50/2016, disposizione quest’ultima che prevede l’istituzione dell’elenco delle Amministrazioni aggiudicatrici e degli enti che operano medianti affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house.
7.5 Nel rispetto dei principi in materia di tempus regit actum è evidente che l’esistenza dei vizi dedotti può essere esaminata solo avendo a riferimento il contesto legislativo e di fatto esistente al momento in cui l’Università di Firenze ha disposto l’affidamento diretto e, ciò, con l’effetto che l’eventuale mutamento della composizione di CINECA potrà incidere solo in fase di un’eventuale riedizione del potere amministrativo da parte dell’Università di Firenze.
7.6 Con riferimento al periodo antecedente a dette modifiche statutarie, è necessario evidenziare che precedenti pronunce del Consiglio di Stato hanno già avuto modo di precisare CINECA non sia suscettibile di essere qualificato come organismo “in house”, stante l’oggettiva mancanza dei presupposti del controllo analogo, a quello esercitato sui propri servizi interni e, nel contempo, del requisito relativo all’attività prevalente a favore dei soggetti controllanti (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza del 26 maggio 2015, n. 2660).
7.7 Si è accertato, infatti, che non sussiste il “controllo analogo” in ragione dell’accertata presenza di enti privati all’interno del Consorzio CINECA e, ancora, in considerazione della posizione di primazia riconosciuta al MIUR nell’ambito dell’organizzazione e del funzionamento di CINECA, così come desumibile dallo statuto al momento vigente.
7.8 Il requisito del c.d. controllo analogo richiede la necessaria partecipazione pubblica totalitaria, posto che la partecipazione, pur minoritaria, di soggetti privati al capitale di una società, alla quale partecipi anche l’Amministrazione aggiudicatrice, esclude in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare sulla medesima un controllo analogo a quello che essa svolge sui propri servizi (Cons. Stato Sez. VI, 26 maggio 2015, n. 2660).
7.9 Nemmeno è dirimente il riferimento al D.lgs. 125/2015 in considerazione del fatto che il comma 11-ter del d.l. 78/2015 prevede la necessità di un’effettiva vigenza delle modifiche statutarie e, ciò, al fine di consentire al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e le altre amministrazioni consorziate di esercitare un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, circostanza che come si è evidenziato non sussiste nel caso di specie.
8. Si consideri, inoltre, che malgrado l’art. 9, comma 11 bis del D.L. n. 78/2015 abbia successivamente legittimato la presenza all’interno del consorzio CINECA di persone giuridiche di diritto privato, detta disposizione va interpretata alla luce dell’art. 12 della Dir. 2014/24/UE (in questo senso anche l’art. 5, c. 1, lett. c) d.lgs. 50/2016), nella parte in cui circoscrive detta partecipazione alla condizione che ai privati non sia consentito un “controllo o potere di veto” e che “non esercitino un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata”.
8.1 Dette condizioni non sono ottemperate nel caso di specie considerando che le Università private consorziate partecipano a CINECA in forma paritaria con quelle pubbliche, circostanza quest’ultima che consente di escludere la possibilità che detto controllo analogo sia esercitato solo dalle Università e dalle rimanenti Amministrazioni che partecipano al consorzio. 
8.2 Non sussiste nemmeno il requisito dell’attività prevalentemente svolta a favore dei soggetti consorziati, in ragione del fatto che è accertato che CINECA svolge (o svolgeva), direttamente o tramite società controllate, un’attività imprenditoriale, quest’ultima peraltro oggetto di espressa abrogazione nell’ambito delle successive modifiche statutarie.
8.3 Pur risultando sufficiente l’assenza del requisito del controllo analogo va evidenziato che non è stato possibile desumere con certezza l’esistenza di elementi tali per individuare il requisito dell’attività prevalente e, ciò, malgrado l’assenza di detto ultimo requisito fosse stata evidenziata dalla stessa AGCM e dalla pronuncia del Consiglio di Stato così come sopra citata.
9. In considerazione di quanto sopra argomentato è evidente che le Delibere del Consiglio di Amministrazione dell’Università di Firenze nella parte in cui dispongono l’affidamento diretto in favore del CINECA di servizi informatici e per una durata triennale, hanno l’effetto di determinare una violazione delle norme a tutela della concorrenza e del mercato e, ciò, in considerazione del fatto che le Università pubbliche sono tenute al rispetto delle regole e dei principi dell’evidenza pubblica laddove decidano di esternalizzare i propri servizi.
9.1 In conclusione il ricorso è da accogliere, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.
La complessità della fattispecie esaminata consente di compensare le spese del presente giudizio, tra tutte le parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone:
respinge la questione di legittimità costituzionale dell’art. 21 bis della L. 287/90 e le eccezioni di inammissibilità per difetto di interesse e di tardività proposte dalle resistenti;
dichiara inammissibile l’intervento ad adiuvandum proposto dalle società Be Smart s.r.l., Tempo s.r.l. e 3d informatica s.r.l.;
accoglie il ricorso e per l’effetto annulla le delibere del Consiglio di Amministrazione del 5 febbraio 2016 e del 22 luglio 2016 dell’Università di Firenze recanti l’affidamento diretto disposto in favore del Consorzio Interuniversitario CINECA dei servizi informatici sopra citati.
Compensa le spese del presente giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nelle camere di consiglio dei giorni 25 ottobre 2017, 8 novembre 2017, con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] Bellucci, Consigliere
Giovanni [#OMISSIS#], Primo Referendario, Estensore
Pubblicato il 07/12/2017