TAR Toscana, Firenze, Sez. I, 5 giugno 2017, n. 756

Professore universitario-Sospensione cautelare facoltativa dal servizio-Presupposti

Data Documento: 2017-06-05
Area: Giurisprudenza
Massima

La sospensione cautelare facoltativa del pubblico dipendente va disposta sul presupposto della natura particolarmente grave del reato, senza che sia richiesto che il medesimo abbia assunto la qualità di imputato, essendo sufficiente la sua sottoposizione a procedimento penale (Cons. Stato, Sez. VI, 13 febbraio 2013 n. 880 e Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, 14 gennaio 2013, n. 3). In particolare, si tratta di un atto che riveste una propria autonomia, essendo preordinato all’allontanamento dal servizio del dipendente in attesa dell’avvio del procedimento disciplinare, a fini cautelativi, a tutela del superiore interesse pubblico dell’amministrazione, il cui perseguimento risulta pregiudicato dalla permanenza del dipendente- cui sono contestati fatti rilevanti anche penalmente- con pregiudizio del regolare svolgimento dello stesso servizio (Cons. Stato, Sez. III, 11 luglio 2014 n. 3587; TAR Lazio, Roma, Sez. III, 15 marzo 2011, n. 2352), e ciò senza che sia richiesta la certezza della esistenza dei fatti contestati e del grado di imputabilità degli stessi al dipendente o il suo rinvio a giudizio, essendo al riguardo sufficiente una sommaria cognizione dei fatti (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 3 dicembre 2013 n. 5745; TAR Lazio, Roma, Sez. III, 15 marzo 2011, n. 2352; TAR Piemonte, Torino,  Sez. I, 17 novembre 2016 n. 1416).

Il provvedimento di sospensione cautelare facoltativa dal servizio integra l’esercizio di una valutazione ampiamente discrezionale, sindacabile solo in termini di manifesta irragionevolezza, non essendo nemmeno necessario per l’amministrazione esporre le ragioni per le quali i fatti contestati devono considerarsi particolarmente gravi, potendo tale giudizio essere implicito nella gravità del fatto ascritto, nella prescrizione di impiego del dipendente, nella commissione di fatti imputati con l’attività svolta (Cons. Stato, Sez. V, 17 gennaio 2014 n. 194).

Contenuto sentenza

N. 00756/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01409/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1409 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Franco Arizzi, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Firenze, via dei Rondinelli 2; 
contro
Universita’ degli Studi di Firenze in Persona del Rettore p.t., rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Distr.le dello Stato, presso cui domicilia, in Firenze, via degli Arazzieri 4; 
per l’annullamento
del Decreto Rettorale n.23294 recante la sospensione del ricorrente dal servizio ai sensi degli articoli 91, c. 1 e 92 del DPR. n.3/1957, e dell’art.90 del R.D. 31.8.1933 n.1592, a far data dal giorno 08.04.2011, nonché di ogni atto connesso, presupposto o consequenziale;
ed, altresì, con motivi aggiunti depositati il 28.9.2011:
del Decreto Rettorale prot.n.36737 del 7.6.2011 recante la conferma della sospensione del ricorrente dal servizio deliberata con il decreto rettorale n.23294 del 6.4.2011, nonché di ogni atto connesso, presupposto o consequenziale;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Università degli Studi di Firenze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 aprile 2017 il dott. [#OMISSIS#] Massari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il prof. -OMISSIS-, all’epoca dei fatti in narrazione direttore della Clinica -OMISSIS-della Facoltà di Medicina dell’Università di Firenze e della Scuola di Specializzazione di -OMISSIS-della stessa Università, in data 1 ottobre 2010, all’esito di indagini condotte dai carabinieri del NAS di Firenze, veniva sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari poiché indagato per il reato di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio (art. 319 cod. pen.).
Con ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Firenze dell’8.11.2010 la misura degli arresti domiciliari veniva sostituita con quella dell’obbligo di dimora e, successivamente, revocata con provvedimento del 10 gennaio 2011.
2. In seguito alla notizia di tale misura restrittiva della libertà personale, l’Università, con decreto rettorale del 9.11.2010, disponeva la sospensione dal servizio dell’interessato fino al 7 febbraio 2011.
Scaduto il termine fissato con il prefato decreto, l’Università con atto del 7 febbraio 2011 comunicava al prof. -OMISSIS- l’avvio del procedimento disciplinare, immediatamente sospeso per la pendenza del giudizio penale, e la reiterazione del provvedimento di sospensione cautelare dal servizio dall’8 febbraio al 7 aprile 2011.
Essendo emerse nuove circostanze, il ricorrente, in data 02.03.2011, produceva istanza di revoca del decreto di sospensione dal servizio.
Nondimeno, il Rettore con decreto del 6 aprile 2011 disponeva la proroga della sospensione dal servizio fino all’esito dell’udienza preliminare relativa al procedimento penale, “ferma restando la possibilità di revoca della sospensione qualora emergano, all’attenzione di questa Amministrazione, nuovi elementi di valutazione, di diritto o di fatto“.
3. Avverso tale atto insorgeva il prof. -OMISSIS- chiedendone l’annullamento e deducendo:
I. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990. Eccesso di potere per insufficienza della motivazione, carenza di istruttoria, travisamento dei fatti e manifesta contraddittorietà e illogicità.
II. Eccesso di potere per disparità di trattamento.
Si costituiva in giudizio l’amministrazione intimata opponendosi all’accoglimento del gravame.
4. In data 22 aprile e 31 maggio 2011 il deducente presentava istanza per la riammissione in servizio.
Con decreto del 7 giugno 2011 il rettore rigettava la richiesta confermando la sospensione dal servizio.
Anche tale atto veniva impugnato con i motivi aggiunti depositati il 28 settembre 2011 deducendo la violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990 e il vizio di eccesso di potere per insufficienza della motivazione, carenza di istruttoria, travisamento dei fatti e manifesta contraddittorietà e illogicità.
Nella pubblica udienza del 19 aprile 2017 il ricorso veniva trattenuto per la decisione.
5. Il ricorso non è suscettibile di accoglimento.
Con il primo motivo il ricorrente lamenta che il provvedimento impugnato sia viziato per difetto di motivazione carenza di istruttoria, travisamento dei fatti e manifesta contraddittorietà e illogicità.
In sintesi, si rileva che il quadro accusatorio prospettato non era tale da giustificare il protrarsi del mantenimento della sospensione dal servizio, sia perché il procedimento penale era rimasto nella fase preliminare, senza alcun provvedimento di rinvio a giudizio, sia perché il GIP aveva disposto la revoca di ogni misura restrittiva della libertà personale a carico dell’interessato, evidentemente giudicando che le accuse mossegli non fossero tali per gravita da giustificarne il mantenimento.
Inoltre il prof. -OMISSIS- non avrebbe ricevuto, per se od altri, denaro od altra utilità dalle case farmaceutiche in connessione con prescrizioni farmacologiche, così come contestatogli, ma solo usufruito di contributi per favorire progetti di ricerca.
6. L’assunto non può essere condiviso.
In punto di fatto merita rilevare che in data 30 maggio 2011 la Procura della Repubblica formulava richiesta di rinvio a giudizio del ricorrente per una serie di reati riconducibili alle fattispecie previste e punite dagli artt. 416, 319, 321, 314 e 640 cod. pen. Nell’udienza preliminare, a seguito della applicazione del [#OMISSIS#] abbreviato, il GUP con sentenza del -OMISSIS-condannava il ricorrente per i reati di cui all’art. 322, c. 4° e 314 cod. pen. Con sentenza del -OMISSIS-la Corte d’appello di Firenze, accogliendo l’appello del PM, riteneva la responsabilità del ricorrente anche per i reati di cui agli artt. 319, 321, 640 e 479 cod. pen..
La Corte di cassazione annullava la decisione e la Corte di Appello, in sede di rinvio con sentenza del -OMISSIS-confermava la sola condanna per il reato di peculato, dichiarando non doversi procedere per prescrizione in ordine agli atri capi di imputazione.
Dunque, al contrario di quanto sostenuto dal ricorrente, sussisteva a suo carico un quadro indiziario preciso (poi tradottosi in parte in una definitiva condanna) per reati la cui gravità veniva ad incidere pesantemente sul prestigio dell’amministrazione con evidente pregiudizio per la regolarità del servizio ove il dipendente fosse stato trattenuto in servizio.
6.1. Sul piano giuridico è poi pacifico che la sospensione cautelare facoltativa del pubblico dipendente va disposta sul presupposto della natura particolarmente grave del reato, senza che sia richiesto che il medesimo abbia assunto la qualità di imputato, essendo sufficiente la sua sottoposizione a procedimento penale (Cons. St, sez. VI, 13 febbraio 2013 n. 880, e C.G.A. Reg. Sicilia, 14 gennaio 2013, n. 3).
In particolare, si è ritenuto che l’atto di sospensione cautelare facoltativa del pubblico dipendente riveste una propria autonomia, essendo preordinato all’allontanamento dal servizio del dipendente in attesa dell’avvio del procedimento disciplinare, a fini cautelativi, a tutela del superiore interesse pubblico dell’Amministrazione il cui perseguimento risulta pregiudicato dalla permanenza del dipendente cui sono contestati fatti rilevanti anche penalmente, con pregiudizio del regolare svolgimento dello stesso servizio, che, invece, l’adozione del provvedimento cautelare interrompe temporaneamente (Cons. Stato, sez. III, 11 luglio 2014 n. 3587; T.A.R. Lazio, sez. III, 15 marzo 2011, n. 2352).
E ciò senza che sia richiesta la certezza della esistenza dei fatti contestati e del grado di imputabilità degli stessi al dipendente o il suo rinvio a giudizio, essendo al riguardo sufficiente una sommaria cognizione dei fatti (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 3 dicembre 2013 n. 5745; T.A.R. Lazio, sez. III, 15 marzo 2011, n. 2352; T.A.R. Piemonte, sez. I, 17 novembre 2016 n. 1416).
Come condivisibilmente rilevato dalla difesa erariale il provvedimento di sospensione cautelare facoltativa dal servizio integra l’esercizio di “una valutazione ampiamente discrezionale, sindacabile solo in termini di manifesta irragionevolezza, non essendo nemmeno necessario per l’Amm.ne esporre le ragioni per le quali i fatti contestati devono considerarsi particolarmente gravi, potendo tale giudizio essere implicito nella gravità del fatto ascritto, nella prescrizione di impiego del dipendente, nella commissione di fatti imputati con l’attività svolta” (Cons. Stato, sez. V, 17 gennaio 2014 n. 194).
7. Con il secondo motivo viene lamentata la disparità di trattamento in cui sarebbe incorsa l’Università che, in altri casi simili o addirittura più gravi, non avrebbe mai disposto la sospensione dal servizio del dipendente coinvolto.
La censura è infondata.
In primo luogo il ricorrente non offre alcun termine di comparazione idoneo a verificare se effettivamente sia stata posta in essere la lamentata disparità di trattamento.
In secondo luogo, è pacifico che l’eventuale adozione di provvedimenti favorevoli a terzi (nella fattispecie l’omissione di atti sfavorevoli) giammai potrebbe comportare la legittimità di analoghi provvedimenti o la dimostrazione della sussistenza del vizio di disparità di trattamento tenuto conto che, una volta acclarata la legittimità dell’atto contestato nessun rilievo possono assumere le diverse determinazioni assunte dall’amministrazione in altre occasioni che, comunque, comporterebbe il raffronto rispetto a situazioni tra di loro omogenee e connotate da identiche peculiarità (ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 11 luglio 2016, n. 3079).
8. Con i motivi aggiunti successivamente proposti il ricorrente contesta il decreto con cui il Rettore, respingendo le istanze di riammissione in servizio, confermava il provvedimento di sospensione.
Le censure proposte, giacché sostanzialmente sovrapponibili a quelle avanzate con l’atto introduttivo del giudizio, sono infondate.
Pare sufficiente rilevare che la valutazione operata dall’amministrazione prescinde dall’effettivo esito del procedimento penale (peraltro sfavorevole all’interessato) non rientrando tra i suoi poteri quello di procedere all’accertamento dei fatti oggetto di imputazione.
D’altro canto la gravità delle imputazioni ascritte al ricorrente era tale da rendere del tutto ragionevole e proporzionato, nel caso di specie, l’esercizio del potere di sospensione cautelare dal servizio.
In conclusione, per le ragioni esposte, tanto il ricorso principale che i motivi aggiunti, siccome infondati, vanno rigettati.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza come in dispositivo liquidate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.
Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio liquidate in € 4.000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la persona del ricorrente.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2017 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Pozzi, Presidente
[#OMISSIS#] Massari, Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] Bellucci, Consigliere
Pubblicato il 05/06/2017
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.