N. 00189/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00025/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa
Sezione Autonoma di Bolzano
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 25 del 2016, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avv. [#OMISSIS#] Hofer e [#OMISSIS#] De Pascalis, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Bolzano, Piazza Mazzini, n. 49;
contro
Libera Università di Bolzano, in persona del presidente p.t. rappresentata e difesa dall’avv. Christoph Baur, con domicilio eletto presso il suo studio, in Bolzano, Via [#OMISSIS#] Duca d’Aosta, n. 100;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia
a) del verbale del 15/12/2015 (doc.5) con il quale la UNIBZ contestava alla ricorrente di aver copiato e/o di plagio durante la prova scritta di “contabilità” applicando la sanzione di cui all’art. 5 del regolamento;
b) del provvedimento dd. 21/12/2015 (doc.7) con il quale la commissione d’esame confermava l’ipotesi di plagio e/o copiatura confermando la sanzione di cui all’art. 5 del regolamento;
c) di ogni altro provvedimento applicativo della sanzione formato e formando notificato e notificando compresa quindi la mail di cui al (doc. 2) a firma della sig.ra -OMISSIS-con la quale viene confermata la sanzione di cui all’art. 5 del regolamento ove viene precisato che l’esame di “contabilità pubblica” potrà essere sostenuto dalla ricorrente a partire dal 23/12/2016.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Libera Università di Bolzano;
Viste le memorie difensive e di replica;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 maggio 2016 la dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori M. De Pascalis per la ricorrente e C. Baur per la Libera Università di Bolzano;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La ricorrente, studentessa alla Facoltà di Economia della Libera Università di Bolzano, impugna con il presente ricorso il verbale del 15.12.2015, con il quale la commissione d’esame, constatato che l’elaborato della ricorrente medesima era identico, sia nella forma sia per le inesattezze, a quello di un’altra studentessa, -OMISSIS-, in relazione alla trattazione della prima domanda a risposta libera sul Documento di economia e finanza e sulla legge di stabilità, contestava alle due esaminande il plagio e la copiatura, ai fini dell’applicazione della sanzione prevista dall’art. 5 del regolamento degli esami di profitto presso la nominata Università. Impugna altresì il provvedimento del 21.12.2015 con il quale la commissione d’esame respingeva il ricorso in opposizione al nominato verbale, confermando la sussistenza del plagio e/o della copiatura nonché la mail a firma della sig.ra -OMISSIS-, con cui veniva confermata la sanzione di cui all’art. 5 del regolamento e precisato che per l’effetto l’esame di contabilità pubblica avrebbe potuto essere sostenuto dalla studentessa solamente a partire dal 23.12.2016.
Occorre riportare i fatti rilevanti per la decisione della lite.
La ricorrente, nell’ambito del suo corso universitario, sosteneva in data 14.12.2015 l’esame di “contabilità pubblica”.
L’esame era articolato su un test a scelta multipla composto da dieci quesiti, e su due domande a forma libera, la prima sul Documento di economia e finanza e sulla legge di stabilità e la seconda su ruolo e funzioni della Corte dei Conti.
All’atto della valutazione degli elaborati la commissione, riunitasi al termine dell’esame, si avvedeva del fatto che due di essi, ossia quello dell’odierna ricorrente e quello della signora -OMISSIS-, erano identici, nella forma e nelle inesattezze (doc. 7 dell’Amministrazione resistente), in relazione alla trattazione della prima delle due domande a risposta libera, ossia quella sul DEF e la legge di stabilità; contestava pertanto alle due studentesse il plagio e la copiatura ai fini dell’applicazione della sanzione prevista dall’art. 5 del regolamento degli esami di profitto presso la Liberà Università di Bolzano (doc. 3 dell’Amministrazione resistente).
La nominata norma regolamentare prevede che lo studente che si rendesse responsabile “di plagio o di altra forma di copiatura da lavoro altrui durante esercitazioni, compiti a casa o altre prove valide ai fini del computo del voto finale dell’esame, nonché (a) chi concorresse nell’illecito o lo tentasse”, non possa “sostenere lo stesso esame presso la LUB o presso altre Università a partire dalla sessione d’esame in cui gli è stata contestata l’infrazione fino alla scadenza della sessione d’esame corrispondente dell’anno successivo. Inoltre lo studente non potrà sostenere alcun esame di profitto nella sessione d’esame successiva.” (doc. 3 dell’Amministrazione resistente).
La sanzione veniva comunicata alla ricorrente con mail della signora -OMISSIS-datata 15.12.2015. Quella stessa sera la ricorrente reagiva presentando via e-mail ricorso in opposizione alla commissione medesima, in cui sosteneva non trattarsi di un caso di plagio né di copiatura, essendosi le studentesse coinvolte nella vicenda limitate a studiare sul medesimo materiale didattico che circola tra gli studenti ed avendolo entrambe assimilato a memoria e quindi riprodotto in sede d’esame, per ovviare ai problemi linguistici determinati dal fatto che la lingua d’esame non era la loro madrelingua. La ricorrente accludeva al ricorso il testo didattico che asseriva di avere mandato a memoria per sostenere la prova d’esame e chiedeva “una onesta correzione del compito e la riabilitazione” della sua “reputazione” (docc. 6 e 3 della ricorrente).
La commissione in data 21.12.2015 respingeva il ricorso deducendo che la risposta della ricorrente alla prima domanda a risposta libera era identica a quella dell’altra esaminanda, -OMISSIS-, come pure al testo di autore ignoto e che, anche a volere ammettere che la risposta alla domanda fosse stata imparata a memoria e dunque non copiata dalla collega o direttamente dal testo di studio, la presentazione di un lavoro altrui come proprio era comunque da considerarsi plagio (doc. 6 dell’Amministrazione resistente).
Avverso il verbale della commissione d’esame dd. 15.12.2015 e il provvedimento di rigetto del ricorso in opposizione contro esso rivolto, la ricorrente propone ora ricorso giurisdizionale, in cui non è rinvenibile l’usuale rubricazione dei motivi di impugnazione, comunque desumibili con sufficiente chiarezza dal gravame medesimo, e conclude chiedendo che i provvedimenti impugnati vengano annullati e alla commissione d’esame ordinato “di provvedere alla valutazione dell’esame scritto della ricorrente tenuto conto di tutte le risposte effettuate e tenuto conto delle valutazioni degli altri elaborati giudicati sufficienti dalla commissione dei quali si è richiesto il deposito”. In via istruttoria la ricorrente chiede che il Tribunale ordini all’Università di depositare “tutti gli elaborati degli altri partecipanti all’esame di contabilità pubblica effettuato in data 14.12.2015” così come “i temi, giudicati sufficienti, relativi alle tre precedenti sessioni di esame e pertanto delle sessioni di esame relative al 2014 e 2015 sempre con riferimento alla materia di contabilità pubblica”. Propone infine istanza cautelare con cui chiede la sospensione dell’efficacia degli atti impugnati.
L’intimata Libera Università di Bolzano, costituitasi in giudizio con comparsa depositata il 19.2.2016 in vista dell’udienza camerale deputata alla trattazione dell’istanza cautelare, svolte le proprie difese in fatto e diritto e ritenuto il ricorso inammissibile ed infondato, chiede la definizione del giudizio con sentenza breve ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm., ricorrendone i presupposti; evidenzia l’inammissibilità sia delle sopra riportate istanze istruttorie sia della domanda intesa ad ottenere che il Tribunale ordini alla Commissione d’esame di provvedere alla valutazione dell’elaborato della ricorrente, tenuto conto delle valutazioni degli altri elaborati giudicati sufficienti, e si oppone infine alla concessione della richiesta misura cautelare.
All’udienza in camera di consiglio del 23.2.2016, su concorde istanza delle parti, la Presidente ha rinviato la trattazione dell’istanza cautelare all’udienza di merito, fissata per il 25.5.2016, in cui la causa è stata trattenuta in decisione.
Il Collegio evidenza innanzi tutto che la definizione del merito della controversia fa venire meno l’esigenza cautelare prospettata dalla ricorrente, sicché è superflua una pronuncia sulla relativa istanza.
Non sono inoltre meritevoli d’accoglimento le istanze istruttorie della ricorrente in ordine all’esibizione di tutti gli elaborati degli altri partecipanti all’esame del cui esito per la ricorrente medesima in questa sede si discute, come anche dei temi giudicati sufficienti relativi alle precedenti sessioni d’esame con riferimento alla medesima materia, poiché palesemente inconferenti rispetto all’oggetto della controversia.
Nel merito il ricorso è infondato.
Sostiene la ricorrente che il suo elaborato non sarebbe frutto né di copiatura né di plagio. Ella si sarebbe limitata a imparare a memoria e a riprodurre in sede d’esame un testo di studio circolante tra gli studenti, per ovviare ai problemi linguistici determinati dal tecnicismo della materia d’esame, da affrontare in una lingua diversa dalla propria. Precisa la ricorrente di non essere stata sorpresa a copiare da altri o da un testo durante la prova d’esame. Evidenzia in proposito che gli studenti presenti in aula erano solo 6 e che pertanto la ristretta platea degli esaminandi era sotto stretto controllo da parte della commissione, cui non sarebbe potuta sfuggire un’attività di copiatura. Peraltro la contestazione di copiatura e/o plagio riguarda una sola parte delle tre in cui era divisa la prova d’esame, dovendosi da ciò trarre la conseguenza che nessuna copiatura v’è stata, considerato che semmai, sarebbero state copiate anche le altre parti della prova, soprattutto quella a scelta multipla, dove invece gli elaborati delle studentesse coinvolte nella vicenda si presentano differenti. Né può considerarsi ricorrere l’ipotesi di plagio, posto che il testo mnemonicamente riprodotto in sede d’esame non è riconducibile ad alcun autore né è stato pubblicato. Erroneo sarebbe il richiamo della commissione d’esame, in sede di rigetto del ricorso in opposizione, alla norma sul reato di “falsa attribuzione di lavoro altrui” di cui alla L. n. 475/1925, non essendo tale condotta prevista dell’art. 5 del regolamento per gli esami di profitto presso l’Università di Bolzano come ipotesi sanzionatoria. Infine, ritiene la ricorrente, che, in applicazione del citato art. 5 del regolamento, il suo elaborato avrebbe comunque dovuto essere valutato, posto che la menzionata norma prevede che solo nel caso in cui lo studente sia sorpreso a copiare, l’elaborato debba essere consegnato senza poter essere valutato, con applicazione della sanzione di cui al comma 1 della norma medesima. Nella diversa ipotesi in cui lo studente non è colto sul fatto, la sua responsabilità per essere incorso in un plagio o in un’altra forma di copiatura da lavoro altrui, è bensì sottoposta alla medesima sanzione di cui al comma 1, ma, non essendo previsto che l’elaborato non possa essere valutato, esso va soggetto a valutazione.
Tutte le dedotte argomentazioni sono prive di pregnanza.
Conviene partire dall’esegesi del testo della norma che ha trovato applicazione nei provvedimenti contestati.
Recita l’art. 5, rubricato “truffa”, del regolamento degli esami di profitto presso la Facoltà di economia, Libera Università di Bolzano (doc. 3 dell’Amministrazione resistente): “La commissione d’esame è responsabile della vigilanza durante l’esame. Chi verrà sorpreso a copiare o manovrare con l’inganno l’andamento della prova dovrà consegnare l’esame senza che quest’ultimo possa essere valutato. Lo studente non potrà sostenere lo stesso esame presso la Libera Università di Bolzano o presso altre Università a partire dalla sessione d’esame in cui gli è stata contestata l’infrazione fino alla scadenza della sessione d’esame corrispondente dell’anno successivo. Inoltre lo studente non potrà sostenere alcun esame di profitto nella sessione d’esame successiva.
La stessa sanzione sarà applicata a chi si rendesse responsabile di plagio o di altra forma di copiatura da lavoro altrui durante le esercitazioni, compiti a casa o altre prove valide ai fini del computo del voto finale dell’esame, nonché a chi concorresse nell’illecito o lo tentasse.
L’applicazione della sanzione è di competenza della commissione d’esame.”
Segue un ultimo comma sui mezzi di ricorso, che non rileva ai fini della decisione.
Posto che evidente scopo dell’esame è l’accertamento della preparazione dell’esaminando, la ratio del riportato art. 5 è indubbiamente quella di presidiare a tale scopo scoraggiando, attraverso la previsione della rigorosa sanzione indicata nel terzo e quarto periodo del primo comma, tutte quelle condotte, idonee ad alterare l’andamento della prova e dunque la valutazione della preparazione dello studente, cui la prova d’esame è deputata. La norma sanzionatoria pone dunque l’accento sulla consapevole alterazione del percorso d’esame più che sulle specifiche forme in cui detta condotta si articola, le quali, infatti, sono considerate dal regolamento equivalenti sul piano del disvalore, tanto che la sanzione individuata è la stessa per tutte, che si tratti di “copiatura o altra manovra con l’inganno”, in caso di flagranza, oppure di “plagio o altra forma di copiatura da testo altrui”, nel caso di riscontro ex post della condotta illecita.
Del resto, nell’economia del testo normativo, la copiatura è chiaramente configurata, per l’ipotesi di flagranza, come specie nell’ambito del genus“manovrare con l’inganno”, consistendo essa in una particolare azione ingannatoria, attraverso cui la prova viene appunto manovrata; mentre per quanto riguarda l’ipotesi in cui la commissione d’esame non si avvede della condotta illecita, desumendo invece dagli elaborati d’esame l’avvenuto “plagio” o l’intercorsa “altra forma di copiatura da lavoro altrui”, la locuzione “o di altra forma di copiatura da lavoro altrui” collocata dopo il termine “plagio” e collegata ad esso dalla congiunzione disgiuntiva “o”, allude chiaramente alla qualificazione del plagio come particolare forma di copiatura da testo altrui, idonea, assieme a tutte le “altre” a integrare la condotta rilevante ai fini della sanzione.
Sintetizzando, alla luce della ratio del testo normativo, l’azione di plagiare, o più generalmente di copiare in qualunque forma da testi altrui, o ancora di manovrare con l’inganno, non sono che le semplici declinazioni di un unico tipo di condotta rilevante ai fini della sanzione: quella di alterare con l’inganno l’andamento della prova, presentando come genuino l’elaborato che invece non lo è, rendendolo inidoneo a rappresentare la preparazione dello studente che la prova d’esame è deputata ad accertare.
Pertanto, in sede di contestazione della condotta illecita e applicazione della sanzione non assume rilevanza il fatto che la commissione d’esame qualifichi l’azione illecita secondo una particolare delle forme in cui essa può estrinsecarsi, quanto il fatto che la commissione medesima renda chiara, rigorosa e riscontrabile ragione della sussistenza della condotta illecita posta in atto dall’esaminando per alterare l’andamento della prova.
Proseguendo nella disamina del testo normativo va poi rilevato che esso si preoccupa di distinguere l’ipotesi in cui lo studente viene colto sul fatto, da quella in cui la condotta di alterazione della prova d’esame emerge solo successivamente, precisando, per il solo primo caso, che lo studente sorpreso ad alterare l’andamento della prova deve consegnare l’elaborato che non verrà valutato.
La ragione della precisazione sulla non valutabilità dell’elaborato per il solo caso della flagranza va individuata nello scopo perseguito dal regolamento. Esso è inteso a sanzionare la condotta preordinata all’alterazione dell’andamento della prova d’esame in quanto tale, a prescindere dal fatto che essa abbia o meno conseguito concretamente lo scopo. Per tale ragione viene prevista un’identica sanzione per l’ipotesi di flagranza – nella quale il responsabile viene colto sul fatto, ma ben potrebbe non avere ancora fatto in tempo, perché tempestivamente interrotto dalla vigilanza, a incidere concretamente sull’elaborato, perciò genuino e dunque di per sé idoneo a rappresentare la preparazione dello studente – e per l’ipotesi in cui la condotta illecita viene invece desunta ex post proprio dall’avvenuta contaminazione della prova, accertata in sede di valutazione degli elaborati. Pur identiche nel disvalore, le due ipotesi si distinguono per il momento in cui viene accertata la condotta illecita: nel mentre che essa si svolge in sede di esame, oppure ex post, poiché verosimilmente desunta dagli elaborati d’esame, ponendosi in quest’ultimo caso un problema probatorio. La prima ipotesi, richiede, rispetto alla seconda, una precisazione in ordine alla sorte dell’elaborato d’esame, il quale ben potrebbe nel caso concreto essere rimasto preservato dalla condotta medesima, in quanto interrotta prima, e essere perciò rappresentativo della preparazione dello studente e dunque, in astratto, valutabile. Per tale caso la norma all’esame ha espressamente previsto la non valutabilità tout court dell’elaborato, proprio perché la prevista sanzione è volta a perseguire la condotta di manovrare con l’inganno la prova d’esame a prescindere dal fatto che essa si sia o meno concretizzata nell’alterazione della genuinità dell’elaborato.
Identica precisazione espressa in ordine alla non valutabilità dell’elaborato non è all’evidenza necessaria e sarebbe addirittura impropria – perciò è stata omessa dalla norma – in relazione all’ipotesi in cui la condotta illecita sia desunta ex post dall’avvenuta alterazione del compito. In tal caso, infatti, da un lato il riscontro della condotta illecita emerge proprio in sede di valutazione dell’elaborato, dall’altro, posto che esso, proprio perché ritenuto alterato in quanto frutto di “plagio o altra forma di copiatura da testo altrui”, è, in virtù di tale circostanza, intrinsecamente inidoneo a rappresentare la preparazione dello studente ed è dunque non valutabile.
Dall’evidenziata ragione per la quale la norma all’esame prevede espressamente la non valutabilità del compito per il solo caso di flagranza, discende l’erroneità dell’interpretazione della norma prospettata dalla ricorrente, secondo la quale la mancata previsione, al di fuori dell’ipotesi di flagranza, della non valutabilità tout court dell’elaborato ritenuto inficiato da azioni di copiatura o plagio, assumerebbe il significato di imporre alla commissione d’esame l’obbligo di valutare le parti genuine.
Ma l’argomento tranchant da opporre alla tesi della ricorrente è da rinvenirsi nel fatto che la sanzione consistente nella ripetizione dello stesso esame dopo un determinato lasso di tempo, prevista dall’art. 5 del regolamento, è la stessa sia per l’ipotesi d’illecito colto in flagranza sia per il caso in cui la responsabilità dell’infrazione sia accertata solo in un momento successivo.
Se, infatti, l’esame va comunque ripetuto anche in questo secondo caso, tale essendo la sanzione per esso prevista, va da sé che la lettura della norma proposta dalla ricorrente è priva di senso logico, poiché la valutazione delle parti genuine del compito solo parzialmente frutto di plagio o altra forma di copiatura non sarebbe di alcuna utilità per l’esaminando, visto che deve comunque, per previsione sanzionatoria, ripetere l’esame.
Da ultimo va sottolineato che la lettura della norma offerta dalla ricorrente pone un problema di insanabile conflitto con il principio costituzionale di uguaglianza, non essendo rinvenibile alcuna ragione giustificativa per il diverso trattamento cui sarebbe assoggettata, secondo la ricostruzione prospettata dalla ricorrente, la medesima azione di alterazione della prova d’esame, per il solo fatto di essere stata accertata ex post piuttosto che colta nel suo divenire.
Ebbene, è noto il principio per cui, a fronte della pluralità di possibili interpretazioni di un medesimo testo normativo, va dato ingresso a quella secondo cui la norma assume un senso che sia altresì compatibile con i principi fondamentali che informano l’ordinamento giuridico.
Per le ragioni esposte, dunque può essere ritenuta risolta in senso negativo la questione posta dalla ricorrente circa l’obbligo che sarebbe gravato sulla commissione d’esame di valutare comunque il suo elaborato nelle parti genuine.
Da ultimo, con riguardo all’interpretazione della norma all’esame, va affrontato il tema, pure sollevato dalla ricorrente, sul significato da attribuire al termine “plagio”, considerato in sé e in rapporto all’altra locuzione che figura nel testo normativo “o altra forma di copiatura da testo altrui”.
Ritiene la ricorrente che al termine “plagio” contenuto nell’art. 5 del regolamento sia da attribuirsi il significato che esso assume nell’art. 171 della L. n. 633/1941 (“Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio” – “difese e sanzioni penali”), per cui elemento imprescindibile per il concretizzarsi della fattispecie è la riproduzione di un testo riferibile a un autore. Nel caso all’esame, essendo il testo riprodotto dalla ricorrente non attribuibile ad un autore, non ricorrerebbe un’ipotesi di plagio.
Sul punto il Collegio osserva che “ratio” dell’art. 5 del regolamento, come ampiamente visto, non è la protezione del diritto d’autore, missione, quest’ultima, attribuita proprio all’art. 171 della L. n. 633/1941 richiamato dalla ricorrente, bensì quella assai diversa, di garantire la genuinità dell’elaborato che dev’essere esaminato dalla commissione incaricata della valutazione finalizzata all’accertamento del possesso, da parte dell’esaminando, delle capacità e delle competenze, in sintesi, della preparazione necessaria al superamento della prova.
Se tale è l’indubbia ratio sottesa alla norma sanzionatoria di cui si controverte, è agevole inferirne che il termine “plagio”, che ivi figura, non presuppone la riferibilità a un determinato “autore” del testo certamente d’altri, illecitamente riprodotto come proprio in sede di esame. Esso rimanda, piuttosto, proprio a quella fattispecie, rubricata nella L. n. 475/1925 come “repressione della falsa attribuzione di lavori altrui da parte di aspiranti al conferimento di lauree, diplomi, uffici, titoli e dignità pubbliche”, ad avviso del Collegio correttamente richiamata dalla commissione d’esame in sede di rigetto del ricorso gerarchico, per illustrare alla ricorrente la portata del termine “plagio” contenuta nell’art. 5 del regolamento.
Il TAR Potenza, con la pronuncia n. 205/2016, citata dall’Amministrazione resistente, ha del resto proprio qualificato come “plagio” l’ipotesi di cui all’art. 1 della legge da ultimo citata: “perché in una procedura concorsuale risulti commesso da un candidato il reato di plagio ex art. 1, l. 19 aprile 1925 n. 475…”.
Poiché dunque, per le dette ragioni, ad attagliarsi all’art. 5 del regolamento, è la fattispecie da ultimo citata e non quella di cui alla L. n. 633/1941 sulla protezione del diritto d’autore, non resta che concludere che, ai fini del “plagio” di cui al regolamento, non è necessaria l’attribuibilità del testo altrui, riprodotto e proposto dall’esaminando come proprio, ad un preciso “autore”, essendo sufficiente che si tratti di un testo d’altri, ossia di persona diversa dall’esaminando.
Tale interpretazione è poi suffragata dallo stesso dato testuale dell’art. 5 del regolamento, laddove la locuzione “o altra forma ….” attrae il “plagio” nell’orbita della “copiatura da lavoro altrui”, quale sua particolare “forma” cui si aggiungono, con una clausola di chiusura, tutte le “altre” possibili.
Concludendo dunque, in punto d’interpretazione normativa, che integrano la condotta di alterazione della genuinità della prova d’esame, sanzionata come tale dall’art. 5 del regolamento, tutte quelle forme di riproduzione di testi altrui, spacciati come propri dall’esaminando, tra esse compreso il plagio nell’accezione che si è giustappunto chiarita, indifferente essendo che detta riproduzione avvenga con riguardo al testo di altri esaminandi oppure di terzi e, in quest’ultimo caso sulla base di appunti o supporti intrufolati in aula oppure della “memoria” (come nel caso della giustificazione addotta dalla ricorrente), non resta che accertare, in punto di fatto, se la condotta contestata dalla commissione d’esame alla ricorrente medesima sia o meno legittimamente sussumibile nella fattispecie indicata nell’art. 5 del regolamento e dunque in base ad esso sanzionabile.
In proposito costituisce punto fermo e incontestato tra le parti che i due testi redatti in sede d’esame dall’odierna ricorrente e dalla collega, sono del tutto identici (salvo per 4 righe –di scarso o nullo rilievo). Si tratta di un testo di notevole lunghezza e di una certa complessità tecnico – terminologica e comprende una parte sostanziale dell’intera prova (docc. 4 e 4a di parte ricorrente). È altresì incontestato che esso corrisponde integralmente (con l’esclusione delle quattro righe già sopra evidenziate, assenti nell’elaborato della ricorrente) a un testo di terzi, che le studentesse coinvolte nella vicenda, in sede di ricorso in opposizione, hanno spontaneamente indicato come fonte alla commissione d’esame. Dall’esame dei tre testi che vengono in rilievo risulta che essi sono praticamente identici, non solo nella struttura del pensiero e dei contenuti, ma nella forma linguistica, ossia, nelle frasi, nelle parole, nella punteggiatura, nell’intercalare, addirittura negli errori e nelle inesattezze linguistiche.
È dunque certo, emergendo dalle prove d’esame, che le studentesse sanzionate con i provvedimenti al vaglio di questo giudice hanno riprodotto in modo pedissequo e fedele, proponendolo come proprio, un testo d’altri, non ammesso in sede d’esame, compromettendo in tal modo la genuinità degli elaborati, rendendoli inidonei a rappresentare le capacità, le competenze e in generale la preparazione acquisita, alla cui verifica era deputato l’esame, che per effetto della condotta posta in atto dalle studentesse è stato indubbiamente alterato e reso inidoneo allo scopo suo proprio, che non consiste, all’evidenza, nell’accertare le doti mnemoniche dei candidati.
Tanto è sufficiente a integrare la condotta sanzionata dall’art. 5 del regolamento, indifferente essendo, ai fini dell’esito sanzionatorio, se tale riproduzione è avvenuta su base mnemonica oppure per effetto di trascrizione da un testo trafugato in aula d’esame o copiato dalla collega.
Per mera completezza va aggiunto come questo Collegio non possa che condividere le perplessità della commissione (“anche ammesso che lei abbia imparato a memoria ben due pagine del testo pdf di autore ignoto…” – doc. 7 di parte ricorrente) riguardo alla scusa, peraltro – come visto – inidonea a eludere l’illecito, addotta dalle studentesse in sede di ricorso gerarchico, secondo cui la riproduzione del testo altrui sarebbe avvenuta su base mnemonica.
Basti sul punto osservare che lo sforzo mnemonico per ovviare a un problema linguistico non si può ragionevolmente spingere sino alla registrazione a mente delle parti accessorie del testo, inutili alla riproduzione dei concetti rilevanti ai fini dell’esame, soprattutto ove si consideri che il testo in questione è lungo e difficile e che il materiale didattico da assimilare “a memoria” per l’esame era senza dubbio ben più ampio del testo in questione.
Ebbene, gli elaborati delle studentesse sono identici tra loro e con il testo altrui sino nei più minimi particolari di dette parti accessorie del discorso, riprodotte da entrambe con estrema cura. Si tratta delle forme d’intercalare, delle inesattezze linguistiche, della punteggiatura…
È pertanto decisamente inverosimile, oltre che irrilevante per le sopra dette ragioni attinenti l’interpretazione della norma sanzionatoria applicata al caso all’esame, la giustificazione che le studentesse hanno tentato di offrire alla commissione esaminatrice prima e ora a questo Tribunale.
Né a scalfire tale convinzione, tratta dagli indizi precisi, gravi e concordanti desunti dalla documentazione in atti versata e rapportati alla comune esperienza, concorre l’affermazione della difesa della ricorrente, secondo cui il fatto che i membri della commissione, pur essendo solo sei gli esaminandi, non si siano avveduti, in sede d’esame, che le studentesse stavano copiando, nonché l’ulteriore circostanza che gli elaborati delle studentesse coinvolte sono per le altre due parti differenti, sarebbero chiara prova del fatto che le medesime non avevano “copiato”, intendendo tale termine nell’accezione di trascrizione da un testo a disposizione.
Infatti, a tali rilievi si può opporre con pari grado di verosimiglianza l’osservazione che i membri di commissione, confidando nella correttezza degli esaminandi, o nell’effetto deterrente che l’indubbia facilità del controllo per lo scarso numero di concorrenti poteva esercitare sui medesimi, non si sono dati particolare cura di esercitare un controllo visivo sugli studenti in sede di redazione degli elaborati e che per tale ragione sia sfuggita l’attività di “copiatura”. In altri termini, la circostanza che la commissione d’esame non si sia avveduta della copiatura in atto non significa che essa non sia avvenuta. Per altro verso, la differenza degli elaborati contestati per le altre due parti dell’esame non esclude in alcun modo che la terza ponderosa parte non possa essere stata copiata.
E dunque, al di là dell’assorbente rilievo che l’argomento della riproduzione mnemonica addotto dalle studentesse in sede di ricorso in opposizione e fortemente rimarcato nell’aula di questo Tribunale, è irrilevante poiché, anche ove veritiero, sarebbe comunque inidoneo a destituire di fondamento la contestazione di plagio, nell’accezione, sopra evidenziata, che il concetto assume nella norma sanzionatoria del regolamento, il Collegio non può esimersi dall’osservare come ben più nutriti siano comunque gli elementi di prova che depongono per l’avvenuta copiatura da un testo disponibile in sede d’esame, piuttosto che quelli offerti dalla ricorrente a suffragio della tesi della riproduzione a memoria e che dunque sia da considerarsi provata l’avvenuta trascrizione da un testo d’altri a portata visiva durante l’esame.
Per le ragioni sin qui svolte non resta che concludere come i provvedimenti gravati resistano, sia in punto di fatto che di diritto, a tutte le censure di parte ricorrente, avendo la commissione d’esame fatto corretta applicazione della sanzione di cui all’art. 5 del regolamento degli esami di profitto della Libera Università di Bolzano, attesa l’evidente violazione da parte della ricorrente del dovere di non alterare, con manovre ingannatorie, le prove d’esame. Il ricorso è di conseguenza infondato e va pertanto rigettato.
Le spese, come liquidate nel dispositivo seguire, sono poste a carico della parte soccombente.
P.Q.M.
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa – Sezione autonoma di Bolzano, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta. Condanna la ricorrente a rifondere alla Libera Università di Bolzano le spese di lite che liquida in € 3.000,00.- (tremila/00) oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs