Ricercatori a tempo determinato-Diritto assunzione-Illegittimità
La speciale normativa sul reclutamento dei ricercatori a tempo determinato, di cui alla legge 30 dicembre 2010, n. 240, all’art 24, comma 9, prevede che “i contratti di cui al presente articolo non danno luogo a diritti in ordine all’accesso ai ruoli [della docenza universitaria]. L’espletamento del contratto di cui al comma 3, lettere a) e b), costituisce titolo preferenziale nei concorsi per l’accesso alle pubbliche amministrazioni”.
Questa previsione, di carattere speciale, non può ritenersi superata dal successivo art. 20 del d.lgs. 25 maggio 2017, n. 75, avente portata generale, in quanto non espressamente derogata.
La legge n. 240 del 2010, nell’introdurre la nuova figura del ricercatore universitario a tempo determinato, non ha più previsto forme di reclutamento per i ricercatori a tempo indeterminato, ponendo di fatto ad esaurimento questa categoria di personale. L’art. 29, comma 1, della legge n. 240 del 2010, infatti, espressamente prevede che “[f]ermo restando quanto previsto dal comma 2 del presente articolo, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, per la copertura dei posti di professore ordinario e associato, di ricercatore e di assegnista di ricerca, le università possono avviare esclusivamente le procedure previste dal presente titolo” (Titolo III Norme in materia di personale accademico e riordino della disciplina concernente il reclutamento, nel quale è collocato l’art. 24 dedicato ai ricercatori a tempo determinato). Pertanto, nonostante non vi sia una espressa previsione in tal senso, la mancata disciplina del reclutamento di ricercatori a tempo indeterminato destina di fatto tale categoria all’esaurimento, non essendo più alimentata (in tal senso, TAR Umbria, 23 aprile 2018, n. 255). Ne consegue che un’interpretazione dell’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017 volta alla sua applicazione alla categoria dei ricercatori a tempo determinato – con loro conseguente stabilizzazione in un ruolo ormai chiuso – si porrebbe direttamente in contrasto con l’impianto della riforma dell’organizzazione del sistema universitario del 2010, nonché con il citato art. 3 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, che ne salvaguarda la specialità.
TAR Umbria, Perugia, Sez. I, 20 marzo 2019, n. 147
Ricercatori a tempo determinato-Diritto assunzione-Illegittimità
N. 00147/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00309/2018 REG.RIC.
N. 00273/2018 REG.RIC.
N. 00274/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ [#OMISSIS#]
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 309 del 2018, proposto dal dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Università degli Studi Perugia, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Perugia, domiciliata ex lege in Perugia, via degli Offici, 14;
sul ricorso numero di registro generale 273 del 2018, proposto dal dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Università degli Studi Perugia, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Perugia, domiciliata ex lege in Perugia, via degli Offici, 14;
sul ricorso numero di registro generale 274 del 2018, proposto dal dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Università degli Studi Perugia, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Perugia, domiciliata ex lege in Perugia, via degli Offici, 14;
– quanto al ricorso n. 309 del 2018:
per l’annullamento
della nota prot. 0030114 del 19 aprile 2018, recante in oggetto «Riscontro a nota acquisita al prot. n. 24876 del 29.03.2018, avente ad oggetto “Istanza di attivazione di una procedura di chiamata volta all’assunzione a tempo indeterminato ai sensi dell’art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 75 del 2017”»; nonché della circolare n. 3/2017 adottata dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e accertamento del diritto del ricorrente ad essere assunto a tempo indeterminato come ricercatore, nonché del diritto ad essere sottoposto alla procedura valutativa di cui all’art. 24, comma 5, della l. n. 240 del 2010, ai fini dell’inquadramento nel ruolo degli associati, con conseguente condanna in tal senso dell’Ateneo resistente;
– quanto al ricorso n. 273 del 2018:
per l’annullamento,
della nota prot. n. 0027674 dell’11 aprile 2018, recante in oggetto «Riscontro a nota acquisita al prot. n. 22528 del 22.3.2018, avente ad oggetto “Istanza di attivazione di una procedura di chiamata volta all’assunzione a tempo indeterminato ai sensi dell’art. 20, comma1, del d.lgs. n. 75 del 2017”; della circolare n. 3/2017 adottata dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e accertamento del diritto del ricorrente di essere assunto a tempo indeterminato come ricercatore, nonché del diritto di essere sottoposto alla procedura di valutazione per l’inquadramento nel ruolo dei professori associati ai sensi dell’art. 24, comma 5, della l. n. 240 del 2010;
– quanto al ricorso n. 274 del 2018:
per l’annullamento,
della nota prot. n. 0027685 dell’11 aprile 2018, recante in oggetto «Riscontro a nota acquisita al prot. n. 22789 del 22.3.2018, avente ad oggetto “Istanza di attivazione di una procedura di chiamata volta all’assunzione a tempo indeterminato ai sensi dell’art. 20, comma1, del d.lgs. n. 75 del 2017”»; della circolare n. 3/2017 adottata dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e accertamento del diritto del ricorrente di essere assunto a tempo indeterminato come ricercatore, nonché del diritto di essere sottoposto alla procedura di valutazione per l’inquadramento nel ruolo dei professori associati ai sensi dell’art. 24, comma 5, della l. n. 240 del 2010.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi Perugia, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 gennaio 2019 la dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
1. Il ricorso n. R.G. 273 del 2018 è stato proposto dal dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], che riferisce di essere in servizio presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Ateneo resistente, in qualità di ricercatore assunto con il contratto di lavoro subordinato a tempo determinato di cui all’art. 24, comma 3, lett. a), della l. n. 240 del 2010, nel settore scientifico disciplinare ING-IND/11 (settore concorsuale 09/C2) dal 20 giugno 2013; dopo i primi tre anni di contratto, ha ottenuto, come previsto dalla disposizione appena richiamata, la proroga biennale del contratto stesso, «previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte». In data 4 aprile 2017, il ricorrente ha conseguito l’abilitazione scientifica nazionale (a.s.n.) di seconda fascia nel settore concorsuale 09/C2, lo stesso cui si riferisce il suo contratto da ricercatore. Prima di essere assunto come ricercatore a tempo determinato, il dott. [#OMISSIS#] aveva usufruito, presso la stessa Università di Perugia, di un assegno di ricerca biennale dal novembre 2006 all’ottobre 2008, e di un altro assegno annuale dal settembre 2012 al giugno 2013 (interrotto anzitempo per la stipulazione del contratto da ricercatore), nonché di varie borse di studio. Il dott. [#OMISSIS#] ha indirizzato all’Ateneo, all’attenzione del Rettore, del Direttore Generale e del Direttore del Dipartimento di afferenza, una «Istanza di attivazione di una procedura di chiamata volta all’assunzione a tempo indeterminato ai sensi dell’art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 75 del 2017», volta all’assunzione a tempo indeterminato in attuazione del citato art. 20 d.lgs. n. 75 del 2017.
1.1. Avendo ottenuto un riscontro negativo alla suddetta istanza, il dott. [#OMISSIS#] ha adito questo Tribunale amministrativo regionale chiedendo:
a) l’annullamento, previa concessione di misure cautelari:
– della nota dell’Università di Perugia prot. n. 0027674 dell’11 aprile 2018, recante in oggetto «Riscontro a nota acquisita al prot. n. 22528 del 22.3.2018, avente ad oggetto “Istanza di attivazione di una procedura di chiamata volta all’assunzione a tempo indeterminato ai sensi dell’art. 20, comma1, del D.Lgs. n. 75 del 2017”»;
– della circolare n. 3/2017 adottata dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione;
b) l’accertamento del diritto del ricorrente di essere assunto a tempo indeterminato come ricercatore, nonché del diritto di essere sottoposto alla procedura di valutazione per l’inquadramento nel ruolo dei professori associati ai sensi dell’art. 24, comma 5, della l. n. 240 del 2010.
2. Il ricorso n. R.G. 274 del 2018 è stato proposto dal dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], che riferisce di aver prestato servizio presso il Dipartimento di Medicina dell’Ateneo resistente, in qualità di ricercatore assunto con il contratto di lavoro subordinato a tempo determinato di cui all’art. 24, comma 3, lett. a), della l. n. 240 del 2010, nel settore scientifico disciplinare BIO/12 (settore concorsuale 05/E3) dal 5 novembre 2012 al 4 novembre 2017. Egli, infatti, dopo i primi tre anni di contratto, ha ottenuto, come previsto dalla disposizione appena richiamata, la proroga biennale del contratto, «previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte». A partire dal 5 novembre 2017, avendo superato un ulteriore concorso, ha assunto nuovamente la qualifica di ricercatore a tempo determinato ai sensi dell’art. 24, comma 3, lett. a), ma stavolta nel s.s.d. BIO/18 (s.c. 05/I1); prima di stipulare il suo primo contratto da ricercatore a tempo determinato, il ricorrente aveva, inoltre, usufruito di assegni di ricerca per la durata complessiva di quattro anni e mezzo. In data 5 aprile 2018, il dott. [#OMISSIS#] ha conseguito l’abilitazione scientifica nazionale (di seguito a.s.n.) di seconda fascia nel settore concorsuale 05/E3 (Biochimica clinica e biologia molecolare clinica), cioè quello cui si riferiva il suo primo contratto da ricercatore a tempo determinato di tipo A.
In data 22 marzo 2018, il ricorrente ha indirizzato al proprio Ateneo, all’attenzione del Rettore, del Direttore Generale e del Direttore del Dipartimento di afferenza, una «Istanza di attivazione di una procedura di chiamata volta all’assunzione a tempo indeterminato ai sensi dell’art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 75 del 2017», volta all’assunzione a tempo indeterminato in attuazione del citato art. 20 d.lgs. n. 75 del 2017.
2.1. Avendo ottenuto un riscontro negativo, il dott. [#OMISSIS#] ha adito questo Tribunale amministrativo regionale chiedendo:
a) l’annullamento, previa concessione di misure cautelari:
– della nota dell’Università di Perugia prot. n. 0027685 dell’11 aprile 2018, recante in oggetto «Riscontro a nota acquisita al prot. n. 22789 del 22.3.2018, avente ad oggetto “Istanza di attivazione di una procedura di chiamata volta all’assunzione a tempo indeterminato ai sensi dell’art. 20, comma1, del del D.Lgs. n. 75 del 2017”»;
– della circolare n. 3/2017 adottata dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione;
b) l’accertamento del diritto dei ricorrenti ad essere assunto a tempo indeterminato come ricercatore, nonché del diritto di essere sottoposto alla procedura di valutazione per l’inquadramento nel ruolo dei professori associati ai sensi dell’art. 24, comma 5, della l. n. 240 del 2010.
3. Il ricorso n. R.G. 309 del 2018 è stato proposto dal dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], che riferisce di essere attualmente assegnista di ricerca presso l’Ateneo resistente, Dipartimento di Fisica e Geologia, nel settore scientifico disciplinare GEO/03. Fino al 2 giugno 2018, egli è stato ricercatore a tempo determinato ai sensi dell’art. 24, comma 3, lett. a), della l. n. 240 del 2010, con decorrenza dal 3 giugno 2013; dopo il triennio di durata ordinaria del contratto, infatti, egli ha ottenuto, «previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte», la proroga biennale prevista dalla richiamata disposizione della c.d. legge [#OMISSIS#]. Nel periodo precedente, a partire dal 2005 e fino al momento della stipulazione del contratto da ricercatore a tempo determinato di tipo A, egli ha usufruito di assegni di ricerca e di borse post-doc presso l’Ateneo di Trento. In data 13 dicembre 2013, ha conseguito l’abilitazione scientifica nazionale (a.s.n.) di seconda fascia nel settore concorsuale 02/B1. In data 28 marzo 2018, il dott. [#OMISSIS#] ha indirizzato all’Ateneo, all’attenzione del Rettore, del Direttore Generale e del Direttore del Dipartimento di afferenza, una «Istanza di attivazione di una procedura di chiamata volta all’assunzione a tempo indeterminato ai sensi dell’art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 75 del 2017», volta alla loro assunzione a tempo indeterminato in attuazione del citato art. 20 d.lgs. n. 75 del 2017.
3.1. Avendo ottenuto un riscontro negativo, ha adito questo Tribunale amministrativo regionale chiedendo:
a) l’annullamento, previa concessione di misure cautelari:
– della nota dell’Università di Perugia prot. 0030114 del 19.4.2018 recante in oggetto «Riscontro a nota acquisita al prot. n. 24876 del 29.3.2018 avente ad oggetto “Istanza di attivazione di una procedura di chiamata volta all’assunzione a tempo indeterminato ai sensi dell’art. 20, comma 1, del D.Lgs. n. 75 del 2017»;
– della circolare n. 3/2017 adottata dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione;
b) l’accertamento del diritto del ricorrente ad essere assunto a tempo indeterminato come ricercatore, nonché del diritto ad essere sottoposto alla procedura valutativa di cui all’art. 24, comma 5, della l. n. 240 del 2010, con conseguente condanna in tal senso dell’Ateneo resistente.
4. Nei tre citati ricorsi sono svolti analoghi motivi di doglianza, riassumibili come segue:
i. violazione di legge per contrasto con l’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017 – l’Università ha escluso l’applicabilità della disciplina della stabilizzazione ivi prevista ai ricercatori universitari a tempo determinato, ponendo a fondamento del proprio atto la circolare del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione n. 3 del 2017, anch’essa gravata in parte qua; ad avviso di parte ricorrente l’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017 dovrebbe, invece, trovare applicazione anche rispetto a tale categoria, non avendo il Legislatore previsto una esplicita esclusione come per altre categorie citate al comma 9 del medesimo articolo, e facendo il testo di legge riferimento genericamente ad “assunzioni” a tempo indeterminato, senza far riferimento al contratto;
ii. in subordine: illegittimità costituzionale dell’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017, per violazione degli artt. 2, 3, 4, 9, 33, comma 1, Cost. – la previsione legislativa discriminerebbe i ricercatori universitari rispetto ai ricercatori degli Enti pubblici di ricerca; inoltre, una misura che, proponendosi lo scopo di superare il precariato, tagliasse fuori dal suo ambito di applicazione la categoria dei ricercatori universitari, andrebbe a ledere ingiustificatamente il diritto al lavoro di questi ultimi, con grave pregiudizio per la ricerca scientifica nel suo complesso, in violazione degli artt. 4, 9 e 33 Cost.;
iii. sempre in subordine: violazione del diritto europeo e dell’art. 117, comma 1, Cost. – l’attuale disciplina del rapporto di lavoro dei ricercatori universitari, ed in particolare dei ricercatori di tipo A, si porrebbe in contrasto con gli obblighi derivanti dalla direttiva 1999/70/CE, che impone [#OMISSIS#] Stati membri di adottare politiche volte a limitare l’uso dei contratti a tempo determinato, vietando l’abuso degli stessi;
iv. incostituzionalità dell’art. 24, comma 3, della l. n. 240 del 2010 per violazione, sotto altro profilo, dell’art. 9, comma 1, e dell’art. 33, comma 1, Cost.
v. in via principale: incostituzionalità, sotto altri [#OMISSIS#], dell’art. 24, comma 5, della l. n. 240 del 2010, [#OMISSIS#] parte in cui non prevede la possibilità per i ricercatori di tipo A che abbiano ottenuto l’a.s.n. di essere valutati ai fini della chiamata nel ruolo dei professori associati; violazione del diritto europeo – parte ricorrente lamenta una discriminazione rispetto ai ricercatori a tempo indeterminato e i ricercatori di tipo B. Violazione dei principi di eguaglianza e di ragionevolezza, che impongono di sottoporre ad uno stesso trattamento giuridico situazioni analoghe; la normativa in questione si porrebbe in contrasto, altresì, con l’accordo quadro di cui alla direttiva 1999/70/CE, tra i cui principi fondamentali vi è l’obbligo della parità di trattamento fra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato. Di conseguenza, gli odierni ricorrenti chiedono, previa disapplicazione o declaratoria di incostituzionalità della [#OMISSIS#] interna che non consente ai ricercatori di tipo A di essere sottoposti alla valutazione propedeutica alla chiamata da associato ai sensi dell’art. 24, comma 5, della legge [#OMISSIS#], il riconoscimento del loro diritto ad essere sottoposti a tale procedura di valutazione, con condanna dell’Amministrazione a provvedere in tal senso.
I ricorrenti argomentano, infine, circa il loro diritto alla trasformazione del proprio rapporto di lavoro a tempo determinato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
5. Le Amministrazioni intimate – Università di Perugia, MIUR, Presidenza del Consiglio dei Ministri – si sono costituite in tutti e tre i giudizi rappresentate dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, argomentando nel merito dell’infondatezza delle avverse pretese. La difesa erariale ha, in particolare, evidenziato la peculiare disciplina posta dalla l. n. 240 del 2010 per i ricercatori universitari, che prevede esclusivamente il reclutamento di ricercatori a tempo determinato; si contesta, pertanto, che il ricercatore a tempo determinato possa essere considerato un “precario” della pubblica amministrazione. Dalla peculiarità di tale disciplina, espressamente riconosciuta dal legislatore, discenderebbe anche la manifesta infondatezza – oltre all’irrilevanza – delle questioni di legittimità costituzionale e di contrasto con il diritto comunitario.
6. Con ordinanze nn. 118 e 119 del 2018 questo Tribunale amministrativo regionale ha ritenuto le esigenze cautelari evidenziate rispettivamente con i ricorsi n. R.G. 273 e 274 del 2018 adeguatamente tutelate con la sollecita definizione del giudizio, fissando per la trattazione nel merito l’udienza pubblica del giorno 30 gennaio 2019.
7. Alla [#OMISSIS#] di consiglio del 4 settembre 2018, con riferimento al ricorso n. R.G. 309 del 2018, su concorde richiesta delle parti, previa rinuncia all’istanza cautelare, il [#OMISSIS#] ha rinviato la trattazione del procedimento al merito, fissato all’udienza pubblica del giorno 30 gennaio 2019.
8. Le parti hanno depositato ulteriori scritti difensivi in vista della trattazione in udienza pubblica. La difesa erariale ha depositato memorie il 2 gennaio 2019. Parte ricorrente, nelle proprie repliche, ha eccepito la tardività di tali memorie perché depositate oltre i 30 giorni prima dell’udienza, eccependo, inoltre, anche la tardività e l’infondatezza dell’eccezione di incompetenza.
9. All’udienza pubblica del 30 gennaio 2019, uditi per le parti i difensori, le cause sono state trattenute in decisione.
DIRITTO
1. E’ materia del contendere la legittimità degli atti con cui l’Università degli Studi di Perugia ha respinto le istanze con cui gli odierni ricorrenti hanno chiesto l’attivazione di una procedura di chiamata volta all’assunzione a tempo indeterminato ai sensi dell’art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 75 del 2017.
2. In limine litis va disposta ai sensi dell’art. 70 cod. proc. amm. la riunione dei tre ricorsi stante l’evidente connessione oggettiva, in considerazione dell’identità del petitum, della causa petendi e dei singoli motivi di gravame.
3. Sempre in via preliminare, va disposta l’espunzione dal giudizio delle memorie depositate dalla difesa erariale in data 2 gennaio 2019 poiché tardive rispetto ai termini pacificamente decadenziali di cui all’art. 73 cod. proc. amm.
3.1. Tanto premesso, si osserva, incidentalmente, che l’eccezione di incompetenza (formulata in detti scritti) sarebbe stata in ogni [#OMISSIS#] tardiva alla luce del disposto dell’art. 15 cod. proc. amm., avendo il Collegio già affermato la propria competenza con la citata ordinanza cautelare. La controversia in esame attiene, infatti, a rapporti di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, dovendo, pertanto, trovare applicazione il disposto dell’art. 13, comma 2, cod. proc. amm., ai sensi del quale “[p]er le controversie riguardanti pubblici dipendenti è inderogabilmente competente il tribunale [#OMISSIS#] cui circoscrizione territoriale è situata la sede di servizio”. E ciò anche [#OMISSIS#] lettura più restrittiva di detta previsione data dalla giurisprudenza per cui “è sempre stato pacifico che la disposizione si riferisca specificamente (e restrittivamente) alle controversie in materia di pubblico impiego, ossia a quelle tra l’impiegato e l’amministrazione (intesa quale datore di lavoro) e abbiano per oggetto pretese (diritti o interessi) inerenti al rapporto di lavoro. Il tutto, s’intende, a condizione che si tratti di rapporto lavorativo conservato alla giurisdizione del [#OMISSIS#] amministrativo dopo la riforma del d.lgs. n. 80/1998” (C.d.S., A.P., ord. 11 dicembre 2012, n. 37).
D’altro canto, l’impugnazione della circolare del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione n. 3/2017, non risulta idonea a radicare la competenza in capo al TAR Lazio, sede di Roma, in applicazione del comma 3 del citato art. 13 cod. proc. amm., dato che tale circolare, [#OMISSIS#] parte in cui delinea l’ambito di applicazione dell’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017 appare espressione di un’attività meramente interpretativa, in quanto tale suscettibile di “disapplicazione” da parte degli organi periferici e del [#OMISSIS#] (cfr. C.d.S., A.P., ord. 14 novembre 2011, n. 19).
4. Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017 per la sua mancata applicazione [#OMISSIS#] odierni ricorrenti [#OMISSIS#] loro qualifica di ricercatori universitari a tempo determinato. Il motivo è infondato per le considerazioni che seguono.
4.1. Il d.lgs. n. 75 del 2017 (c.d. decreto “[#OMISSIS#]”) reca una riforma novellatrice del d.lgs. n. 165 del 2001 che, nel quadro della più ampia delega in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (di cui alla legge n. 124 del 2015), si [#OMISSIS#] come obiettivo dichiarato di ridurre il precariato nelle pubbliche Amministrazioni. L’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017, rubricato “superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni”, consente di assumere a tempo indeterminato personale non dirigenziale in possesso di particolari requisiti, prevedendo, al comma 1, che: “Le amministrazioni, al fine di superare il precariato, ridurre il ricorso ai contratti a [#OMISSIS#] e valorizzare la professionalità acquisita dal personale con rapporto di lavoro a tempo determinato, possono, nel triennio 2018-2020, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di cui all’articolo 6, comma 2, e con l’indicazione della relativa copertura finanziaria, assumere a tempo indeterminato personale non dirigenziale che possegga tutti i seguenti requisiti: a) risulti in servizio successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 124 del 2015 con contratti a tempo determinato presso l’amministrazione che procede all’assunzione o, in [#OMISSIS#] di amministrazioni comunali che esercitino funzioni in forma associata, anche presso le amministrazioni con servizi associati 2; b) sia stato reclutato a tempo determinato, in relazione alle medesime attività svolte, con procedure concorsuali anche espletate presso amministrazioni pubbliche diverse da quella che procede all’assunzione;
c) abbia maturato, al 31 dicembre 2017, alle dipendenze dell’amministrazione di cui alla lettera a) che procede all’assunzione, almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni 3”.
Come evidenziato da condivisibile giurisprudenza, la disposizione in esame ha natura facoltizzante, stante l’assenza di obbligo in capo alle Amministrazioni destinatarie di attivare le procedure di stabilizzazione; «[i]n ogni [#OMISSIS#], si tratterà di scelte discrezionali dell’Amministrazione, come ben si evince dalla locuzione “le Amministrazioni possono…” utilizzata sia nel primo che nel secondo comma dell’art. 20 sopracitato. … “; inoltre il D.Lgs. n. 75/2017, all’art. 20, non stabilisce che la totalità degli organici scoperti delle pubbliche Amministrazioni sia destinata alla copertura mediante procedure di stabilizzazione dei precari. Anzi, in tema di risorse, il terzo comma del citato art. 20 consente di finanziare il piano di stabilizzazione utilizzando i fondi destinati al lavoro flessibile, per il 50% della spesa sostenuta a tale titolo nel 2009, ex art. 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010, a condizione di prevedere in [#OMISSIS#] la decurtazione del tetto di spesa di cui al predetto articolo 9, previa certificazione della sussistenza delle risorse da parte dell’organo di controllo interno.
Restano vigenti, pertanto, tutti i limiti finanziari e di programmazione che la normativa generale impone per il reclutamento del personale nelle pubbliche Amministrazioni, sicché devono ritenersi ugualmente necessarie le concertazioni e le programmazioni che la normativa generale del 2006 prevede per la stabilizzazione dei precari; in [#OMISSIS#] istanza, ogni decisione spetta all’Amministrazione che decide di reclutare nuovo personale per la copertura dei posti disponibili, mediante stabilizzazione del precariato» (TAR Molise, 8 giugno 2018, n. 346; in tal senso anche TAR Lazio, Roma, sez. II bis, 6 giugno 2018, nn. 6326 e 6327).
4.2. Sempre con riferimento al citato art. 20, la tesi dei ricorrenti si palesa infondata conferma in primo luogo con riferimento al parere espresso dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato (adunanza dell’11 aprile 2017 sull’affare n. 00422/2017) con riferimento alla procedura di cui al primo comma del citato art. 20) e secondo il quale “[d]eve più in generale rilevarsi che la previsione di assunzioni dirette costituisce una rilevante eccezione al principio del concorso pubblico di cui all’art. 97 Cost., la cui inderogabilità è stata più volte ribadita Corte costituzionale (oltre che dalla giurisprudenza civile e amministrativa)”. Da tale natura eccezionale e derogatoria discende la necessità di una sua stretta interpretazione.
Ciò posto, non può condividersi la lettura di parte ricorrente secondo la quale, contrariamente a quanto affermato dall’Ateneo perugino in conformità con la circolare ministeriale n. 3/2017, l’art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 75 del 2017 dovrebbe trovare applicazione anche rispetto alla categoria dei ricercatori universitari, in quanto non espressamente esclusa – come invece altre categorie citate al comma 9 del medesimo articolo – e considerato il generico riferimento del testo legislativo alle “assunzioni” a tempo indeterminato, senza richiamo al contratto.
L’inapplicabilità della procedura a chiamata di cui all’art. 20 d.lgs. n. 75 del 2017 ai ricercatori universitari a tempo determinato, posta dall’Università di Perugia alla base del rigetto delle istanze presentate dagli odierni ricorrenti, è motivata con riferimento al peculiare regime di diritto pubblico cui sono attualmente sottoposte tali figure ai sensi dell’art. 3 del d.lgs. n. 165 del 2001.
Il citato art. 3 del d.lgs. n. 165 del 2001, rubricato “Personale in regime di diritto pubblico”, a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 22, comma 16, dello stesso d.lgs. n. 75 del 2017, al secondo comma recita: “Il rapporto di impiego dei professori e dei ricercatori universitari, a tempo indeterminato o determinato, [#OMISSIS#] disciplinato dalle disposizioni rispettivamente vigenti, in attesa della specifica disciplina che la regoli in modo organico ed in conformità ai principi della autonomia universitaria di cui all’articolo 33 della Costituzione ed [#OMISSIS#] articoli 6 e seguenti della legge 9 [#OMISSIS#] 1989, n. 168, e successive modificazioni ed integrazioni, tenuto conto dei principi di cui all’articolo 2, comma 1, della legge 23 ottobre 1992, n. 421”.
Il legislatore, infatti, proprio con il d.lgs. n. 75 del 2017 è intervenuto a modificare e integrare anche su questo punto il d.lgs. n. 165 del 2001, chiarendo che anche la figura del ricercatore a tempo determinato – introdotta con la l. n. 240 del 2010 sulla quale si tornerà in seguito – rientra tra quelle il cui rapporto di lavoro, a differenza degli altri lavoratori dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni, [#OMISSIS#] regolato dalla speciale normativa di diritto pubblico.
L’esame del d.lgs. n. 75 del 2017 e dei relativi atti parlamentari relativi al parere espresso sullo schema di decreto legislativo ne conferma per contro l’applicabilità al solo pubblico impiego contrattualizzato, come testimoniato anche dal fatto che l’adozione del decreto legislativo sia stata preceduta dall’interlocuzione con le Organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. Inoltre, se è vero, come sottolineato dai ricorrenti, che all’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017 non si parla di “contratti” a tempo indeterminato ma solo di “rapporti di lavoro” a tempo indeterminato, il riferimento ai contratti è contenuto [#OMISSIS#] relazione per la sottoposizione al parere parlamentare del citato schema di decreto legislativo.
In tal senso, correttamente si [#OMISSIS#] la circolare del Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione n. 3 del 2017, recante “indirizzi operativi in materia di valorizzazione dell’esperienza professionale del personale con contratto di lavoro flessibile e superamento del precariato”, che, individuando i destinatari della circolare stessa afferma: “La presente circolare è rivolta alle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Ai sensi dell’articolo 3 del d.lgs. 165/2001, rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti:
· i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato;
· il personale militare e delle Forze di polizia di Stato e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
· il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia;
· i dipendenti degli enti che svolgono la loro attività nelle materie contemplate dall’articolo 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n. 691, e dalle leggi 4 giugno 1985, n. 281, e successive modificazioni ed integrazioni, e 10 ottobre 1990, n. 287;
· il rapporto di impiego dei professori e dei ricercatori universitari, a tempo indeterminato o determinato.
Analogamente rimangono assoggettati alla specifica disciplina dì settore, con riferimento al superamento del precariato e alle disposizioni in materia di lavoro flessibile:
· il personale docente, educativo e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) presso le istituzioni scolastiche ed educative statali;
· le Istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, [#OMISSIS#] quanto sarà previsto nel regolamento di cui all’articolo 2, comma 7, lettera e), della legge 21 dicembre 1999, n. 508.
Le disposizioni di legge oggetto della presente circolare non si applicano, pertanto, alle categorie di personale di cui ai precedenti due periodi, per le quali prevale il relativo speciale ordinamento sul reclutamento”.
Né assume carattere dirimente in fatto che il comma 9 dello stesso art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017, nell’individuare le categorie al cui reclutamento lo stesso articolo non si applica, non citi i ricercatori universitari, prevedendo, invece, espressamente l’applicabilità [#OMISSIS#] enti pubblici di ricerca di cui al decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 218. La mancata menzione dei ricercatori universitari tra le categorie escluse dall’applicazione dell’art. 20 d.lgs. 75 del 2017, al comma 9 dello stesso articolo, appare, infatti, coerente con l’impostazione del testo legislativo indirizzato al solo pubblico impiego contrattualizzato.
Lo stesso argomento addotto da parte ricorrente – che, richiamando l’art. 29, comma 2, d.lgs. n. 81 del 2015, afferma che ove il legislatore ha voluto escludere i ricercatori universitari a tempo determinato lo ha fatto esplicitamente – non appare attuale; la tesi, infatti, non tiene conto della circostanza che solo con le modifiche apportate dallo stesso d.lgs. n. 75 del 2017 i ricercatori universitari a tempo determinato sono stati esplicitamente inseriti tra il personale sottoposti a regime speciale ai sensi dell’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001.
4.3. La specifica normativa del rapporto di impiego è posta per le categorie in esame dalla già citata legge 30 dicembre 2010, n. 240, recante “Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario”, dal cui esame discendono ulteriori argomenti ostativi all’applicabilità in tali fattispecie dell’invocata procedura di stabilizzazione.
In primo luogo, la speciale normativa sul reclutamento dei ricercatori a tempo determinato, di cui alla legge n. 240 del 2010, all’art 24, comma 9, prevede che “i contratti di cui al presente articolo non danno luogo a diritti in ordine all’accesso ai ruoli [della docenza universitaria]. L’espletamento del contratto di cui al comma 3, lettere a) e b), costituisce titolo preferenziale nei concorsi per l’accesso alle pubbliche amministrazioni”.
Questa previsione, di carattere speciale, non può ritenersi superata dal successivo e già esaminato art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017 avente portata generale, in quanto non espressamente derogata.
Inoltre, come evidenziato dalla difesa erariale, la legge n. 240 del 2010, nell’introdurre la nuova figura del ricercatore universitario a tempo determinato, non ha più previsto forme di reclutamento per i ricercatori a tempo indeterminato, ponendo di fatto ad esaurimento questa categoria di personale. L’art. 29, comma 1, della l. n. 240 del 2010, infatti, espressamente prevede che “[f]ermo restando quanto previsto dal comma 2 del presente articolo, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, per la copertura dei posti di professore ordinario e associato, di ricercatore e di assegnista di ricerca, le università possono avviare esclusivamente le procedure previste dal presente titolo” (Titolo III Norme in materia di personale accademico e riordino della disciplina concernente il reclutamento, nel quale è collocato l’art. 24 dedicato ai ricercatori a tempo determinato). Pertanto, nonostante non vi sia una espressa previsione in tal senso, la mancata disciplina del reclutamento di ricercatori a tempo indeterminato destina di fatto tale categoria all’esaurimento, non essendo più alimentata (in tal senso, TAR [#OMISSIS#], 23 aprile 2018, n. 255). Ne consegue che un’interpretazione dell’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017 volta alla sua applicazione alla categoria dei ricercatori a tempo determinato – con loro conseguente stabilizzazione in un ruolo ormai chiuso – si porrebbe direttamente in contrasto con l’impianto della riforma dell’organizzazione del sistema universitario del 2010, nonché con il citato art. 3 del d.lgs. n. 165 del 2001 che ne salvaguarda la specialità.
Né appare possa pervenirsi a diverse considerazioni alla luce del disposto dell’art. 1, comma 672, della l. n. 205 del 2017, richiamato dai ricorrenti per sostenere il permanere della possibilità, nell’attuale quadro legislativo del reclutamento di ricercatori universitari a tempo indeterminato. La disposizione citata recita: «Entro il 31 dicembre 2018, le università con un valore dell’indicatore delle spese di personale inferiore all’80 per cento possono attivare le procedure di cui all’articolo 18, comma 1, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, per la chiamata nel ruolo di professore di prima o di seconda fascia o di ricercatore a tempo indeterminato, riservate a personale già in servizio presso altre università, che si trovano in una situazione di significativa e conclamata tensione finanziaria, deliberata dagli organi competenti e con un valore dell’indicatore delle spese di personale pari o superiore all’80 per cento. A tal fine, le facoltà assunzionali derivanti dalla cessazione del suddetto personale presso l’università di provenienza sono assegnate all’università che dispone la chiamata». In disparte la circostanza che si tratti di una disposizione eccezionale dettata nell’ambito della legga di [#OMISSIS#], dalla lettera della [#OMISSIS#] appare evidente che la possibilità di chiamata sia circoscritta a soggetti che già rivestano la qualifica, tra le altre, di ricercatore a tempo indeterminato e che siano già in servizio presso altre università che versino in difficoltà finanziarie, senza che ciò determini un ampliamento della categoria mediante l’ingresso di nuovi soggetti [#OMISSIS#] stessa. La citata disposizione conferma, piuttosto, la necessità di una previsione legislativa espressa per derogare alla limitazione posta dal citato art. 29, comma 1, della l. n. 240 del 2010.
5. Il rigetto del precedente motivo impone lo scrutinio del subordinato secondo motivo di ricorso con cui le parti ricorrenti sollevano eccezione di legittimità costituzionale dell’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017, per violazione degli artt. 2, 3, 4, 9, 33, comma 1, Cost. Detta questione non supera il vaglio della non manifesta infondatezza.
Non si ravvisa la violazione del principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., in quanto non vi è omogeneità con il tertium comparationis invocato, ossia i ricercatori degli enti pubblici di ricerca di cui al decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 218 (ammessi alla stabilizzazione), in quanto tale categoria non è sottoposta al regime speciale di cui all’art. 3, comma 2, d.lgs. n. 165 del 2001.
Parimenti, non si ravvisano i necessari requisiti in termini di fondatezza delle censure connesse alla violazione artt. 4, 9 e 33 Cost.; la misura di cui all’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017, data la sua natura eccezionale e derogatoria non appare atta a ledere il diritto al lavoro dei ricercatori universitari “con grave pregiudizio per la ricerca scientifica nel suo complesso”. Dall’estensione dell’applicazione di detta disciplina, inoltre, non discenderebbe una modifica del generale assetto della figura del ricercatore così come delineato dall’art. 24 della c.d. legge [#OMISSIS#] – sulla cui legittimità si tornerà in seguito – mentre l’applicazione estensiva di una normativa derogatoria dell’obbligo di concorso si porrebbe in diretto contrasto con l’art. 97, comma 4, Cost.
6. I restanti motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente in quanto miranti a censurare sia da un punto di vista di legittimità costituzionale che di lesione del diritto europeo la l. n. 240 del 2010, (c.d. riforma [#OMISSIS#]) [#OMISSIS#] parte in cui prevede la figura del ricercatore universitario solo a tempo determinato.
6.1. Appare opportuno ricordare che la disciplina del rapporto di lavoro del ricercatore a tempo determinato è posta dal più volte citato art. 24 della l. n. 240 del 2010, che, al terzo comma, individua due differenti tipologie contrattuali alla lettera a) ed alla lettera b):
– la prima tipologia, quella della lettera a), prevede un primo livello di ingresso [#OMISSIS#] categoria di durata triennale e prorogabile per solo due anni;
– la seconda tipologia, quella della lettera b), prevede una secondo livello contrattuale riservato ai candidati che hanno già fruito di alcune tipologie contrattuali individuate dalla legge (contratti di cui alla lettera a), titolarità di assegni di ricerca per almeno tre anni, titolarità di borse di studio di dottorato o post dottorato).
I ricercatori di tipo B, a mente del comma 5 del citato art. 24, possono essere poi assunti nel ruolo degli associati nel [#OMISSIS#] ricorrano le seguenti due condizioni:
– che abbiano conseguito la abilitazione scientifica nazionale prevista dall’art. 16 della l. n. 240 del 2010;
– che abbiano superato la procedura valutativa da svolgersi all’interno dell’Ateneo di appartenenza in conformità [#OMISSIS#] standard qualitativi riconosciuti a livello internazionale individuati con apposito regolamento a livello di Ateneo nell’ambito di criteri fissati con decreto dal Ministero.
L’art. 24 della l. n. 240 del 2010, pertanto, prevede un percorso selettivo che può portare alla chiamata diretta, percorso che non esclude bensì si affianca alla procedura che consente l’accesso al ruolo di professore associato tramite concorso a chi sia in possesso dei requisiti di cui all’art. 18 della stessa l. n. 240 del 2010. Per i ricercatori a tempo determinato che non riescono ad accedere a tale ruolo, il comma 9 del citato art. 24, dopo aver chiarito che “[i] contratti di cui al presente articolo non danno luogo a diritti in ordine all’accesso ai ruoli”, prevede che “[l]’espletamento del contratto di cui al comma 3, lettere a) e b), costituisce titolo preferenziale nei concorsi per l’accesso alle pubbliche amministrazioni”.
Va evidenziato, inoltre, che il combinato disposto degli artt. 18, comma 2, e 24, comma 5, della l. n. 240 del 2010 delinea un meccanismo di maggior favor per l’accesso al ruolo di professore associato da parte dei ricercatori a tempo determinato di tipo B, richiedendo [#OMISSIS#] Atenei di garantire la provvista delle risorse economiche a ciò necessarie.
6.2. Per quanto attiene alle asserite violazioni del diritto europeo e dell’art. 117, comma 1, Cost., le parti ricorrenti sostengono che l’attuale disciplina del rapporto di lavoro dei ricercatori universitari, ed in particolare dei ricercatori di tipo A, si porrebbe in contrasto con gli obblighi derivanti dalla direttiva 1999/70/CE, che impone [#OMISSIS#] Stati membri di adottare politiche volte a limitare l’uso dei contratti a tempo determinato, vietando l’abuso degli stessi. Tali prospettazioni non appaiono condivisibili.
Un consolidato orientamento giurisprudenziale (C.d.S., sez. IV, 31 marzo 2012, n. 1900; TAR Lazio, Roma, sez. I bis, 21 gennaio 2016, nn. 643, 644, 645, 646, 647, 648, 649, 650, 651, 652, 653, 654, 655, 656, 657), ha escluso l’applicabilità della direttiva 1999/70/CE, (relativa all’Accordo Quadro sul Lavoro a tempo determinato e recepita nel [#OMISSIS#] ordinamento interno con il d.lgs. n. 368 del 2001) al personale in regime di diritto pubblico, affermando, con specifico riferimento al personale militare, che “se è vero che non esiste nel citato Accordo allegato alla direttiva, né nel preambolo di quest'[#OMISSIS#], né negli articoli che la compongono, una clausola espressa che esoneri il personale militare dall’applicazione della direttiva medesima, è però altrettanto vero e particolarmente significativo, a fini interpretativi, che l’Accordo stesso è stato stipulato dalle Organizzazioni Sindacali Europee dei datori di lavoro e dei lavoratori, si riferisce al lavoro nell’impresa e non contiene clausole espresse di applicazione anche al personale in regime di diritto pubblico, in particolare militare. Inoltre, è pure significativo che il Legislatore Nazionale, pur avendo un ampio margine di discrezionalità nell’adattare gli obblighi discendenti dall’Accordo al lavoro nel settore pubblico (in particolare, quelli sanzionatori discendenti dalla clausola dell’art. 5), non abbia inserito, nell'[#OMISSIS#] versione di recepimento di detto Accordo di cui al d.lgs. n. 368 del 2011, alcuna clausola di applicazione di quest'[#OMISSIS#] anche al personale militare o in generale a quello in regime di diritto pubblico, nonché il fatto che le più recenti sentenze della Corte di Giustizia UE abbiano condiviso la possibilità di limitata applicazione dell’Accordo Quadro al settore pubblico (cfr., sez. IV, 1° ottobre 2010, C3/10; 23 aprile 2009, C378/07; 4 luglio 2006, C212/04). Infine, neppure è ipotizzabile un’interpretazione estensiva della [#OMISSIS#] in esame, oltre i confini suoi propri, atteso che la stabilizzazione del personale precario della pubblica amministrazione può essere operata soltanto se abilitata da leggi emanate ad hoc, come tali di stretta interpretazione, secondo quanto ha chiarito più volte la giurisprudenza sia del [#OMISSIS#] costituzionale sia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato. In conclusione, può ritenersi ormai acquisito che l’Accordo Quadro trova applicazione per il settore pubblico nei rigorosi limiti sanciti dall’art. 36 del d.lgs. n. 165/2001 in tema di utilizzo di contratti di lavoro flessibile” (TAR Lazio, Roma, sez. I bis, 18 ottobre 2018, nn. 10087 e 10088).
Va infine rilevato ( concludendo la trattazione del motivo in esame) che il d.lgs. n. 81 del 2015 (c.d. Jobs act), che ha sostituito il d.lgs. n. 368 del 2001 recante “Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES”, all’art. 29, comma 2, punto d), esclude esplicitamente dal proprio campo di applicazione – rectius, dal campo di applicazione del capo II, che disciplina il lavoro a tempo determinato e [#OMISSIS#] anche i limiti temporali – i contratti a tempo determinato stipulati ai sensi della legge n. 240 del 2010, quali quelli che hanno interessato i ricorrenti.
6.3. I ricorrenti sollevano un ulteriore profilo di illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 9, comma 1, e dell’art. 33, comma 1, della Costituzione, dell’art. 24, comma 3, della l. n. 240 del 2010 laddove appone un [#OMISSIS#] di durata al contratto di ricercatore universitario, senza prevedere alcunché in ordine alla possibilità di accesso al rapporto di lavoro a tempo indeterminato alla scadenza di tale [#OMISSIS#], e che per di più qualifica il contratto di ricercatore come di lavoro subordinato. Anche tale questione non supera il vaglio della non manifesta infondatezza.
I ricorrenti richiamano, a sostegno delle proprie posizioni la pronuncia della Corte costituzionale n. 187 del 2016, che ha stigmatizzato la reiterazione dei contratti precari della scuola, questioni relative al personale amministrativo, tecnico e ausiliario ATA. La Corte costituzionale, con tale sentenza, ha ritenuto contrastante con le norme europee l’art. 4 della l. 124 del 1999, [#OMISSIS#] parte in cui consentiva, in mancanza di limiti effettivi alla durata massima totale dei rapporti di lavoro successivi, il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili dei docenti e del personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza che ragioni obiettive lo giustifichino. [#OMISSIS#] motivazione, con riguardo specifico al personale A.T.A., la Corte ha poi chiarito che nel [#OMISSIS#] di abuso la sanzione è il risarcimento del danno, con esclusione della trasformazione del rapporto di lavoro in rapporto a tempo indeterminato.
Al riguardo va evidenziato che nel [#OMISSIS#] della scuola si è venuta a creare una distonia dovuta al reiterato utilizzo di contratti a tempo determinato per coprire carenze di organico che ha portato ad un “abuso del contratto di lavoro a tempo determinato” tale da configurare “una successione potenzialmente illimitata di contratti di tal tipo stipulati con il medesimo lavoratore comporta[nti] lo stesso effetto di una assunzione a tempo indeterminato”. La situazione dei ricercatori a tempo determinato non appare assimilabile a quella censurata dalla Corte costituzionale, sia perché la legge [#OMISSIS#] chiari limiti alla durata complessiva dei rapporti di lavori a tempo determinato (la cui determinazione è rimessa la discrezionalità del legislatore con il limite della ragionevolezza), sia perché nel [#OMISSIS#] in esame è la figura stessa del ricercatore che il Legislatore ha configurato, da un [#OMISSIS#] momento in poi, come figura a tempo determinato. Non si configura una “abusiva reiterazione” del rapporto di lavoro a tempo determinato, ma un percorso, selettivo, che trova sbocco [#OMISSIS#] diversa posizione del professore associato.
Si osserva che il principio uguaglianza e non discriminazione dei dipendenti pubblici a tempo determinato rispetto ai colleghi assunti a tempo indeterminato in vigenza della precedente legislazione, quanto alla progressione di carriera e al trattamento stipendiale non appare, peraltro, propriamente richiamabile [#OMISSIS#] prospettiva indicata dai ricorrenti con riferimento ai ricercatori a tempo determinato, dal momento che le situazioni non sono tra di loro sovrapponibili. Come già evidenziato, quella dei ricercatori a tempo indeterminato è una categoria superata dal Legislatore del 2010 – che ha provveduto in più occasioni a dettare una disciplina specifica per tale categoria in esaurimento, da [#OMISSIS#] con la legge n. 145 del 2018, legge di stabilità 2019 – e, pertanto, tale raffronto è privo di attualità.
6.4. Dalle suesposte considerazioni discende l’infondatezza della domanda di accertamento del diritto dei ricorrenti ad essere assunti quali ricercatori a tempo indeterminato dall’Università di Perugia. Il riconoscimento del diritto alla trasformazione del proprio contratto a tempo indeterminato a prescindere dall’applicabilità dell’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017 comporterebbe un risultato abnorme rispetto alla stessa disciplina della stabilizzazione dei precari, in quanto non sarebbe una possibilità legata alla valutazione da parte dei singoli Atenei delle proprie esigenze, bensì un automatismo lesivo dell’autonomia degli stessi. Si introdurrebbe, inoltre, a regime quella che la già citata Commissione speciale del Consiglio di Stato nell’adunanza dell’11 aprile 2017 sull’affare n. 00422/2017, ha definito una “rilevante eccezione al principio del concorso pubblico di cui all’art. 97 Cost., la cui inderogabilità è stata più volte ribadita Corte costituzionale (oltre che dalla giurisprudenza civile e amministrativa)”.
7. Analoghe considerazioni possono essere svolte con riferimento al [#OMISSIS#] motivo di ricorso, con il quale i ricorrenti sospettano , sotto un altro aspetto, l’incostituzionalità dell’art. 24, comma 5, della l. n. 240 del 2010, [#OMISSIS#] parte in cui non prevede la possibilità per i ricercatori di tipo A che abbiano ottenuto l’a.s.n. di essere valutati ai fini della chiamata nel ruolo dei professori associati; disciplina che si porrebbe, altresì, in contrasto con il diritto europeo.
Richiamato quanto già esposto al paragrafo 6.2 in merito all’applicabilità della direttiva 1999/70/CE al personale in regime di diritto pubblico, il Collegio ritiene che anche tale questione di legittimità costituzionale non superi il vaglio della non manifesta infondatezza.
Non può ravvisarsi, infatti, la lamentata discriminazione rispetto ai ricercatori a tempo indeterminato, essendo la relativa peculiare situazione disciplinata da una normativa transitoria posta dal comma 6 dello stesso art. 24 della l. 240 del 2010; questi ultimi – che, come sopra ricordato, [#OMISSIS#] a configurare di fatto un ruolo destinato all’esaurimento – potranno, infatti, fruire del meccanismo della chiamata diretta solo fino al 31 dicembre 2019 (meccanismo sostanzialmente prorogato al 31 dicembre 2021 dall’art. 1, comma 401, lett. b), della l. n. 145 del 2018).
Allo stesso modo non si ravvisa una irragionevole discriminazione neanche con riferimento alla disciplina dettata dal Legislatore per i ricercatori di tipo B, posto per l’accesso a tale categoria la normativa richiede diversi requisiti per l’accesso che presuppongono una [#OMISSIS#] esperienza, secondo il percorso selettivo già illustrato.
Va evidenziato, inoltre, che la l. n. 240 del 2010 all’art. 18 prevede come modalità ordinaria di accesso al ruolo di professore associato il concorso cui possono partecipare tutti coloro che abbiano conseguito l’abilitazione scientifica nazionale per lo specifico settore concorsuale, come gli odierni ricorrenti; la chiamata diretta dei ricercatori di tipo B abilitati costituisce una deroga al principio del concorso, come tale necessariamente di stretta interpretazione.
8. Le considerazioni che precedono impongono il rigetto dei ricorsi.
Tenuto conto della peculiare complessità della fattispecie controversa, si rinvengono giusti motivi per compensare tra le parti in causa le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’[#OMISSIS#] (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti, come in epigrafe proposti, li respinge.
Compensa tra le parti in causa le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Perugia [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 30 gennaio 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Potenza, [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Referendario, Estensore