TAR Umbria, Perugia, Sez. I, 7 febbraio 2018, n. 101

Professori I fascia-Procedure selettive per l’attribuzione dell’incentivo una tantum- Art. 29 , comma 19, legge 30 dicembre 2010, n. 240-Recupero somme

Data Documento: 2018-02-07
Area: Giurisprudenza
Massima

L’articolo 29, comma 19, legge 30 dicembre 2010, n. 240, demanda a decreto ministeriale l’indicazione di criteri e modalità anche per quanto riguarda “la selezione dei destinatari dell’intervento” specificando che il riconoscimento del beneficio debba comunque aver luogo “secondo criteri di merito accademico e scientifico”. L’art. 4, comma 1, lett c,) del d.m. 26 luglio 2013, n. 665 dispone, coerentemente, che le risorse siano attribuite esclusivamente secondo criteri di metodo accademico e scientifico, precisando che i procedimenti di selezione basati sulla valutazione comparativa dei candidati sono disciplinati dall’Università con proprio regolamento, osservando quali criteri il complesso delle attività didattiche di ricerca e gestionali svolte.

Contenuto sentenza

N. 00101/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00227/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 227 del 2017, proposto da: 
Margherita Raveraira, rappresentata e difesa dagli avvocati Massimo [#OMISSIS#], Giovanni [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] D'[#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Perugia, via Bonazzi, 9; 
contro
Università degli Studi di Perugia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Perugia, domiciliata in Perugia, via degli Offici, 14; 
nei confronti di
[#OMISSIS#] Volpi; 
per l’annullamento
previa sospensiva
– del Decreto rettorale n. 393 del 20 marzo 2017, avente ad oggetto “Procedure selettive per l’attribuzione dell’incentivo una tantum ai sensi dell’art. 29 c. 19 della L 240/2010 per gli anni 2011, 2012 e 2013 – PROFESSORI I FASCIA ANNO 2012 – Recupero somme”, con cui all’odierna ricorrente veniva domandata la restituzione delle “somme già erogate a titolo di «incentivo una tantum»”;
– della Comunicazione del 9 dicembre 2014, inviata a mezzo posta elettronica ordinaria, avente ad oggetto “Comunicazione urgente a tutti coloro che hanno presentato domanda per incentivo ex art. 29, c. 9, l. 240/10”;
– del Decreto rettorale n. 1789 dell’8 ottobre 2014, avente ad oggetto “Procedure selettive per i professori e i ricercatori a tempo indeterminato dell’Università di Perugia finalizzate all’attribuzione dell’incentivo una tantum previsto dall’articolo 29 c. 19 della L. 240/2010 per gli anni 2011, 2012 e 2013”;
– del Decreto rettorale n. 1764 del 1° ottobre 2014, recante il “Regolamento per l’attribuzione ai Professori ed ai Ricercatori dell’incentivo di cui all’art. 29, comma 19, della legge 240/2010”;
– di ogni atto presupposto, consequenziale o comunque connesso, anche allo stato non conosciuto;
nonché per l’accertamento dell’infondatezza della pretesa, azionata nei confronti dell’odierna ricorrente, di restituzione delle somme percepite a titolo di incentivo una tantum per l’anno 2012;
e inoltre per la condanna dell’Amministrazione al pagamento e alla restituzione delle somme nelle more illegittimamente trattenute e recuperate ed al risarcimento del danno.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Perugia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 gennaio 2018 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.-Espone l’odierna ricorrente, professoressa ordinaria dell’Università degli Studi di Perugia presso la Facoltà di Scienze Politiche collocata in quiescenza con decorrenza 1 novembre 2013, che con L.240/2010 è stata prevista una forma di “incentivo una tantum” in favore del personale docente con risorse da assegnare alle Università, le quali avrebbero poi dovuto riassegnare ai docenti delle varie categorie (ricercatori, associati, ed ordinari) secondo le modalità previste dall’art.29, comma 19 della medesima L.240/10.
In attuazione dell’art. 29, comma 19, della l. n. 240 del 2010 sono stati adottati sia il decreto interministeriale 21 luglio 2011, n. 314 sia il decreto interministeriale 26 luglio 2013, n. 665, che ne hanno definito i criteri e le modalità di applicazione rispettivamente per l’anno 2011 e per gli anni 2012 e 2013. Nel caso che ne occupa, in particolare, a venire in rilievo è il d.i. n. 665 del 2013. Esso prevede, all’art. 2, che “sono soggetti ammissibili all’intervento per l’anno 2012 i professori e ricercatori che avrebbero maturato nel 2012 la progressione biennale dello stipendio per classi e scatti” e, all’art. 4, comma 1, che “Le risorse sono attribuite a professori e ricercatori esclusivamente secondo criteri di merito accademico e scientifico” e “secondo una valutazione comparativa dei candidati”. Lo stesso art. 4, comma 1, stabilisce che ciascuna Università deve disciplinare i procedimenti di selezione con proprio regolamento, sulla base dei criteri indicati nelle lettere da a) ad f) del medesimo comma 1; la lettera c), in particolare, prevede la “presentazione da parte dei candidati della relazione sul complesso delle attività didattiche, di ricerca e gestionali svolte ai sensi dell’art. 6, comma 14, della citata legge n. 240 del 2010”.
L’Ateneo Perugino con D.R. n. 1789 del 08.10.2014 provvedeva a bandire il concorso previsto dalla succitata L.240/10 per il triennio 2010-11-12, in particolare prevedendosi, come da regolamento (art.2, comma 1.e – D.R. n. 1764 del 01.10.14), tra gli altri requisiti, l’accesso all’incentivo per quanti (ricercatori, associati ed ordinari) nel triennio in questione, avessero maturato il 60% delle presenze ai consigli di facoltà (poi disciolte a seguito della c.d. “riforma [#OMISSIS#]”) e per tutti (compresi i ricercatori) al 50% delle presenze ai consigli di dipartimento.
Tali requisiti dovevano essere autocertificati ex artt. 46 e 47 del d.P.R. 445/2000 dagli interessati, come previsto dall’art.3, comma 4, lettera e) del bando, mediante dichiarazione da effettuarsi su apposito modello predisposto dall’Amministrazione e da allegarsi alla domanda.
Solo in data 9 dicembre 2014 la dott.ssa [#OMISSIS#] Nuzzi, responsabile dell’Area programmazione e procedure selettive del personale docente, inviava al personale docente un messaggio a mezzo posta elettronica ordinaria (e non certificata), venuto a conoscenza da parte della ricorrente solamente in tempi recenti, con cui esplicitamente si dava atto che solo a partire dal 9 dicembre del 2014 si erano resi disponibili, presso le strutture dipartimentali, gli estratti delle presenze ai Consigli e che “alcune Commissioni delle procedure in oggetto stavano procedendo a controlli a campione”. Nel messaggio di posta elettronica, inoltre, si specificava per la prima volta che “le assenze giustificate ai sensi del Regolamento e del Bando” non sarebbero state “idonee ad essere computate ai fini del possesso del requisito delle presenze richiesto”. In conclusione, poi, si invitavano i docenti che avevano presentato domanda “ad effettuare opportuni controlli prima della chiusura dei lavori delle Commissioni”, prevista per il 16 dicembre 2014. Nel messaggio si faceva presente che, “qualora dovesse ravvisarsi un errore in merito, in sede di controllo, l’interessato potrà far pervenire al Magnifico Rettore istanza di ritiro della domanda presentata”, senza tuttavia specificare se tale controllo dovesse essere effettuato dai diretti interessati e/o dalle Commissioni appositamente istituite. Come si è accennato, di tale messaggio di posta elettronica l’odierna ricorrente ha potuto avere contezza solo recentemente, in ragione del fatto che, essendo stata collocata in quiescenza dal 1° novembre 2013, è stata espunta ipso facto, come tutti gli altri colleghi nella medesima situazione, dalla mailing list dei Professori dell’Ateneo e privata dell’accesso alla posta riservata.
Con Decreto rettorale n. 2123 del 14 novembre 2014 venivano nominate le Commissioni di valutazione per l’attribuzione dell’incentivo una tantum, distinte per fascia di attribuzione e triennio di riferimento. Al termine dei lavori, la Commissione di valutazione dichiarava l’odierna ricorrente in possesso dei requisiti previsti dal bando e la ammetteva al beneficio una tantum per l’anno 2012. Successivamente, con Decreto rettorale n. 2427 del 30 dicembre 2014, venivano approvati gli atti della procedura selettiva e, con Decreto rettorale n. 1205 del 17 luglio 2015, veniva disposta la liquidazione degli importi.
Indi la ricorrente riceveva avviso ex art. 67 comma 1, D.lgs. 26 agosto 2016 n.174 da parte della Procura presso la sez. Giurisdizionale per l’Umbria della Corte dei Conti, nonché il D.R. n. 393 del 20 marzo 2017 inoltrato per notifica mediante “area riservata” il 22 marzo 17.
Con tale decreto rettorale veniva addebitata l’illegittima percezione degli emolumenti per l’anno 2012, invitando la ricorrente, come pure gli altri colleghi coinvolti, a restituire l’indebito entro il 21 aprile 17 provvedendosi in caso contrario, con vero e proprio atto unilaterale, a trattenere dagli erogandi stipendi le somme contestate.
La prof.ssa Raveraira avrebbe dovuto corrispondere la somma di € 1.713,69, che ha effettivamente provveduto a restituire il 19 marzo 2017 seppur con esplicita salvezza dei propri diritti.
L’odierna ricorrente ha impugnato tutti gli atti del procedimento ivi compreso il D.R. 393/2017, il bando ed il Regolamento approvato con D.R. 1764/2014.
A sostegno della domanda di annullamento deduce i seguenti articolati motivi, così riassumibili:
I.in primo luogo violazione della l. n. 240 del 2010 e del decreto interministeriale n. 665 del 2013, atteso che il Regolamento d’Ateneo ha introdotto nella procedura di attribuzione dell’incentivo criteri del tutto scollegati dal principio meritocratico, fra cui le partecipazioni ai Consigli di Facoltà e di Dipartimento, che pure illegittimamente sono ricomprese fra le attività e gli incarichi di tipo “gestionale”;
II.in subordine, eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e contraddittorietà, perché il medesimo Regolamento individua presupposti differenti per la valutazione delle attività gestionali e solo in alcune sue parti richiama a tal fine i requisiti delle presenze ai Consigli di Facoltà e Dipartimento;
III. violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della l. n. 241 del 1990, degli artt. 43, 46 e 47 del d.P.R. n. 445 del 2000 e l’eccesso di potere per contraddittorietà. Ciò in quanto il Regolamento prevede che i candidati debbano certificare il possesso dei requisiti – fra cui anche quello, qui in rilievo, delle presenze al 50% dei Consigli di Dipartimento e al 60% dei Consigli di Facoltà -, nonostante tali dati siano in possesso della stessa Amministrazione e, quindi, debbano essere acquisiti d’ufficio;
IV. in subordine, violazione del Regolamento e del Bando, nonché eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà, difetto d’istruttoria, sviamento: in sostanza, l’Università di Perugia ha emanato il Bando e fissato i termini per la presentazione delle domande, ma solo dopo il decorso di tali termini e – dunque – dopo la presentazione delle domande ha informato i docenti candidati, a mezzo di un semplice messaggio di posta elettronica ordinaria, delle modalità con cui avrebbero dovuto essere calcolate le percentuali di partecipazione ai Consigli di Facoltà e di Dipartimento e che da esse dovessero essere scomputate le assenze giustificate. La stessa Amministrazione, oltretutto, ammetteva che solo successivamente alla scadenza del termine per la presentazione delle domande erano stati resi disponibili gli estratti delle presenze, invitando irritualmente e irragionevolmente i candidati a procedere a controlli che avrebbero dovuto effettuare apposite commissioni all’uopo nominate;
V. eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità, difetto d’istruttoria, avuto riguardo all’errato conteggio delle presenze della ricorrente ai Consigli di Dipartimento e di Facoltà e alle motivazioni alla base dell’erroneità di tali conteggi. Tale censura risulta vieppiù fondata alla luce delle risultanze emerse nelle more della trattazione del merito, già esposte ut supra;
VI. violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della l. n. 241 del 1990, eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria e violazione degli artt. 21-quinquies e 21-nonies della l. n. 241 del 1990, nonché del principio del legittimo affidamento ex art. 3 Cost.: nel caso di specie, infatti, è mancata la comunicazione alla ricorrente dell’avvio del procedimento, da una parte, impedendole l’esercizio dei diritti di partecipazione al medesimo previsti dall’art. 10 della stessa legge e, dall’altra, ridondando sia nella violazione dell’obbligo di motivazione ex art. 3 della l. n. 241 del 1990, sia nell’eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria; il provvedimento impugnato, inoltre, disattende, senza annullarli o revocarli, i precedenti Decreti rettorali con cui sono stati approvati gli atti della procedura selettiva e liquidate le somme a titolo di incentivo una tantum. Nel caso che ne occupa, tuttavia, non è stato assunto dall’organo competente alcun “contrarius actus” ai sensi degli artt. 21-quinquies e 21-nonies della l. n. 241 del 1990, che consentono all’Amministrazione l’annullamento d’ufficio o la revoca dei precedenti provvedimenti amministrativi;
VII. In ulteriore ed estremo subordine, violazione e falsa applicazione dell’art. 2033 cod. civ., in quanto la ripetizione delle somme deve essere effettuata al netto e non al lordo delle ritenute fiscali, come invece pretenderebbe l’Ateneo perugino, citando all’uopo ampia giurisprudenza.
Chiede inoltre l’odierna deducente accertarsi il proprio diritto alla spettanza delle somme percepite per l’anno 2012 nonchè la condanna dell’Università al risarcimento del danno per lesione del diritto della personalità all’onore e all’immagine connesso alla ampia diffusione della notizia tramite, oltre che la stampa locale, la trasmissione televisiva “Report” su Rai 3, da quantificarsi secondo giustizia.
Si è costituita in giudizio l’Università degli Studi di Perugia, eccependo l’infondatezza del gravame, in considerazione dei seguenti elementi in sintesi così riassumibili:
– con apposito Regolamento l’Ateneo ha introdotto il requisito minimale delle presenze ai Consigli di Facoltà e Dipartimento non incompatibile ai fini della liquidazione dell’incentivo per cui è causa con la normativa statale di riferimento;
– le verifiche effettuate dalla Guardia di Finanza dimostrerebbero la non veridicità delle autocertificazioni presentate dai docenti sulle presenze, pendendo all’uopo presso l’a.g.o. anche procedimento penale, tenuto in considerazione che il modello di domanda allegato al decreto di indizione della selezione prevedeva la barratura dell’apposita casella dedicata alle “assenze giustificate”;
– le censure rivolte nei confronti del bando, emanato nel 2014, per l’attribuzione dell’incentivo sarebbero del tutto inammissibili sia in quanto tardive, trattandosi di clausole a contenuto direttamente lesivo, sia per mancata notificazione nei confronti degli altri docenti quali controinteressati;
– il mancato possesso da parte della ricorrente dei requisiti minimi per poter accedere all’incentivo;
– il carattere paritetico e non autoritativo dell’attività di recupero dell’indebito, con conseguente inapplicabilità della legge 241 del 90 anche in punto di contraddittorio procedimentale;
Con successiva memoria la difesa della ricorrente ha replicato alle eccezioni dell’Amministrazione, insistendo per l’accoglimento delle proprie domande, rappresentando l’intervenuta archiviazione dell’azione di responsabilità amministrativo – contabile da parte della Procura regionale della Corte dei Conti.
All’udienza pubblica del 16 gennaio 2018, uditi i difensori, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
2.-E’ materia del contendere la legittimità degli atti con cui l’Università degli Studi di Perugia, sulla base di una informativa del Nucleo di Polizia Tributaria di Perugia del 3 marzo 2017, ha disposto il recupero delle somme precedentemente erogate in favore di numerosi docenti, tra cui la ricorrente, a titolo di incentivo una tantum ai sensi dell’art. 29 c. 19, L. 240/2010 all’esito di procedura di tipo comparativo indetta con D.R. 1789 del 8 ottobre 2014 e definita con DD. RR. nn. 1207 e 1209 del 17 luglio 2015.
3. – Il citato art. 29 c. 19, L.240 demanda a decreto ministeriale l’indicazione di criteri e modalità anche per quanto riguarda “la selezione dei destinatari dell’intervento” specificando che il riconoscimento del beneficio debba comunque aver luogo “secondo criteri di merito accademico e scientifico”. L’art. 4 comma 1 lett c) del decreto interministeriale n. 665 del 2013 dispone, coerentemente, che le risorse siano attribuite esclusivamente secondo criteri di metodo accademico e scientifico, precisando che i procedimenti di selezione basati sulla valutazione comparativa dei candidati sono disciplinati dall’Università con proprio regolamento, osservando quali criteri il complesso delle attività didattiche di ricerca e gestionali svolte.
A sua volta il Regolamento emanato con D.R. n. 1764 del 2014 prevede all’art. 4 c. 2, lett c) che ciascuna Commissione nella prima fase del procedimento, valuti con riferimento alle attività gestionali anche il requisito minimo della partecipazione ad almeno il 50 % delle sedute dei Consigli di Dipartimento e limitatamente ai professori ordinari ed associati, ad almeno il 60 % delle sedute dei Consigli di Facoltà che si sono svolti nel triennio di riferimento.
4. – Quanto anzitutto all’ordine logico di esame dei motivi dedotti ritiene il Collegio di essere vincolato alla graduazione effettuata da parte ricorrente, nel rispetto del principio dispositivo e di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (ex multis Consiglio di Stato Adunanza Plenaria 27 aprile 2015, n. 5) avuto riguardo alla satisfattività dell’interesse dedotto in giudizio, consistente nella spettanza delle somme ottenute a titolo di incentivo una tantum per l’anno 2012.
5. – Vanno dunque esaminate con priorità le doglianze mosse nei confronti del Regolamento approvato con D.R. 1789 e 1764 del 2014 e del bando approvato con il medesimo D.R. 1789/2014.
Lamenta in sostanza la ricorrente l’illegittimità di tutta la disciplina a monte della selezione, non potendo l’Università introdurre requisiti, quali un numero minimo di presenze ai Consigli di Facoltà e Dipartimento, non previsti dal decreto interministeriale e del tutto scollegati al principio meritocratico, unitamente alla illegittimità della previsione contenuta nel bando inerente l’autocertificazione richiesta ai docenti di dati, quali le presenze ai Consigli di Facoltà e Dipartimento, in realtà già in possesso dell’Università e dunque non autocertificabili.
Ritiene il Collegio – condividendo sul punto l’eccezione sollevata dalla difesa erariale – inammissibili tali lagnanze, venendo in questione clausole della lex specialis da ritenersi immediatamente e direttamente lesive per l’interesse azionato dalla ricorrente, in quanto limitative sin dal principio dei soggetti aventi titolo all’incentivo.
Contrariamente agli atti aventi valore normativo, quali lo stesso Regolamento universitario in questione, nella generalità delle procedure concorsuali non è consentita a pena di elusione del termine di decadenza, di cui oggi all’art. 29 cod. proc. amm., la disapplicazione dell’atto amministrativo, ivi compresi i bandi di gara et similia, dovendo necessariamente l’Amministrazione procedere al previo annullamento mediante autotutela od il ricorrente onerarsi della loro tempestiva impugnazione (tra le più recenti T.A.R. Sicilia, Catania sez. IV, 9 ottobre 2017, n. 2350; T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 4 aprile 2017, n. 4191).
5.1. – Ne consegue l’inammissibilità dei primi tre motivi di gravame, risultando anche le censure dirette nei confronti del Regolamento trasfuse in clausole del bando allo stato inoppugnabili.
6. – Meritano invece piena condivisione le censure di violazione del Regolamento stesso e del bando di cui al IV motivo di gravame, dirette alla caducazione del D.R. n.393/2017 inerente il recupero delle somme erogate a titolo di incentivo.
7. – Il recupero delle somme in questione è stato disposto sulla base dell’assunto per cui il bando, come integrato o comunque interpretato con la comunicazione per email inviata dalla dott.ssa Nuzzi il 9 dicembre 2014 avrebbe inserito la previsione circa la non computabilità delle assenze giustificate al fine del richiesto requisito di partecipazione ai due organi, a meno che non fossero state autorizzate con Decreto rettorale o dirigenziale.
Conseguentemente l’organo accertatore prima e poi il Rettore hanno desunto la non veridicità delle dichiarazioni sostitutive presentate dai docenti che non computando le assenze non raggiungevano l’autocertificato quorum di presenze unitamente alla natura di indebito oggettivo (ex art. 2033 c.c.) delle erogazioni di denaro a titolo di liquidazione dell’incentivo.
8. – Non ritiene il Collegio di poter condividere tale assunto, non prevedendo anzitutto né il Regolamento né il bando la previsione dell’esclusione dal computo delle “assenze giustificate”.
Infatti l’art. 4 comma 3 del Regolamento e l’art. 5 comma 3 del bando si limitano a disporre ai fini della sussistenza dei requisiti minimi che questi “saranno proporzionalmente rideterminati in presenza di periodi di congedo, aspettativa del servizio, trasferimenti o altre cause previste dall’ordinamento, dichiarati nella domanda di partecipazione e verificati dagli uffici preposti. Ai medesimi fini le commissioni terranno conto delle esenzioni dalle attività didattiche previste dall’ordinamento”.
A sua volta l’art. 79 del Regolamento Generale di Ateneo prevede al fine del quorum per la valida formazione dei consessi la rilevanza delle assenze giustificate, si da ingenerare nel silenzio del bando l’affidamento di numerosi docenti circa la [#OMISSIS#] anche ai fini dell’incentivo de quo.
L’art. 56 comma 2 dello Statuto d’Ateneo, parimenti, consente ai componenti degli organi collegiali dell’Università di giustificare la propria assenza alle riunioni.
Deve allo stesso modo escludersi – diversamente da quanto argomentato dalla difesa erariale – che una simile previsione potesse desumersi dal modulo di domanda allegato A al D.R. 1789/2014, dal momento che la pur prevista casella da barrare da parte dei docenti inerente la presenza alle sedute del Coniglio di Dipartimento e di Facoltà per il triennio 2008/2010 nulla dice in punto di non computabilità delle assenze giustificate, confermando il silenzio del bando su tal specifico e decisivo punto.
8.1. – Giova poi evidenziare che l’interpretazione degli atti amministrativi, ivi compreso il bando di gara pubblica, soggiace alle stesse regole dettate dall’art. 1362 e ss. c.c. per l’interpretazione dei contratti, tra le quali assume carattere preminente quella collegata all’interpretazione letterale, in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo, perché gli effetti degli atti amministrativi devono essere individuati solo in base a ciò che il destinatario può ragionevolmente intendere, anche in ragione del principio costituzionale di buon andamento, che impone alla Pubblica amministrazione di operare in modo chiaro e lineare, tale da fornire ai cittadini regole di condotta certe e sicure, soprattutto quando da esse possano derivare conseguenze negative; pertanto, la dovuta prevalenza da attribuire alle espressioni letterali, se chiare, contenute nel bando, esclude ogni ulteriore procedimento ermeneutico per rintracciare pretesi significati ulteriori e preclude ogni estensione analogica intesa ad evidenziare significati inespressi e impliciti, che rischierebbe di vulnerare l’affidamento dei partecipanti, la par condicio dei concorrenti e l’esigenza della più ampia partecipazione (ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 12 settembre 2017, n. 4307; id. sez. III, 10 giugno 2016, n. 2497).
8.2. – Depone poi nel senso della rilevanza delle assenze giustificate, sempre nel silenzio del bando, anche il principio di ragionevolezza quale corollario dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa nonché di uguaglianza (ex multis Corte Costituzionale sent. 2009 n. 137). Infatti ritenere come pretende l’Università che la partecipazione ad attività congressistiche universitarie, di ricerca scientifica o assistenziali non rilevi ai fini del raggiungimento delle soglie per l’attribuzione dell’incentivo di che trattasi sarebbe del tutto illogico ed irragionevole oltre che contrario allo stesso principio costituzionale di buon andamento, rilevando tali attività, tra l’altro, ai fini dei trasferimenti premiali di risorse operati dal MIUR.
8.3. – Il silenzio del bando sulla computabilità o meno delle assenze giustificate è poi comprovato dalla stessa attività integrativa postuma effettuata dalla dott.ssa Nuzzi, la quale non avrebbe avuto alcun senso ove il bando avesse già contemplato tal requisito.
Ritiene il Collegio del tutto irrilevante la comunicazione effettuata il 9 dicembre 2014 tramite email ordinaria, completamente inidonea ad interpretare in via autentica né tantomeno ad integrare il contenuto del bando approvato con D.R. 1789 del 2014.
Per giurisprudenza pacifica – seppur maturata in tema di gare d’appalto ma estensibile ad ogni procedura di tipo concorsuale quali espressione dei comuni principi di trasparenza ed imparzialità – le uniche fonti della procedura sono costituite dal bando di gara, dal capitolato e dal disciplinare, unitamente agli eventuali allegati; di conseguenza gli eventuali chiarimenti auto-interpretativi della stazione appaltante non possono né modificarle, né integrarle, né rappresentarne un’inammissibile interpretazione autentica, potendo esse essere interpretate e applicate per quello che oggettivamente prescrivono, senza che possano acquisire rilevanza atti interpretativi postumi della stazione appaltante ad integrare la lex specialis ed essere vincolanti per la Commissione aggiudicatrice (Consiglio di Stato, sez. V, 24 aprile 2017, n. 1903; id. sez. V – 22 e 31 marzo 2016, nn. 1173 e 1271; id., 23 settembre 2015, n. 4441). Semmai, dunque, l’Amministrazione avrebbe dovuto procedere al ritiro in autotutela del bando e all’emanazione di nuova lex specialis anche a tutela dell’affidamento ingenerato nei partecipanti in ordine alle prescrizioni dell’originario bando (Consiglio di Stato sez. IV, 6 aprile 2017, n. 1607).
Anche poi volendo ammettere, per mera ipotesi, una possibilità di interpretazione autentica o anche solo di fornire chiarimenti, l’Università avrebbe casomai dovuto procedere con le medesime forme di pubblicità del bando (ex multis T.A.R. Pescara sez. I, 11 giugno 2015 n. 248; Consiglio di Stato sez. III, 1 febbraio 2017, n. 435) per elementari ragioni anche in questo caso di trasparenza ed imparzialità, e non certo, del tutto irritualmente, tramite email ordinaria.
8.4. – Ne consegue, pertanto, la completa irrilevanza o comunque l’illegittimità della comunicazione del 9 dicembre 2014, avendo l’Università del tutto surrettiziamente effettuato una modifica circa la portata applicativa degli atti presupposti, in aperta violazione di fondamentali canoni dell’attività amministrativa.
9. – Alla luce delle suesposte considerazioni risultano fondate le doglianze di violazione del Regolamento e del bando nonché di eccesso di potere dedotte nei confronti del D.R. 393/2017 di cui al IV motivo, non sussistendo alcun indebito ex art. 2033 c.c. soggetto a recupero nè potendo tantomeno ritenersi non veritiere le dichiarazioni sostitutive presentate dai docenti, sia per l’affidamento ingenerato dal bando e dalla normativa di Ateneo in ordine alla computabilità delle “assenze giustificate” sia invero perché soltanto con la email del 9 dicembre 2014 (ovvero dopo la presentazione dei termini per la presentazione delle domande) l’Università ha reso disponibili gli estratti delle presenze ai Consigli di Dipartimento e Facoltà, trattandosi di dati obbligatoriamente acquisibili d’ufficio ai sensi dell’art. 43 del d.P.R. 445/2000 (richiamato nello stesso bando) oltre che nell’art. 18, comma 2, L. n. 241 del 1990, quindi nemmeno autocertificabili (ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 14 aprile 2008, n. 1608).
10. – Restano assorbite per ragioni di economia processuale le doglianze “formali” dedotte con i restanti motivi di gravame, mentre viene meno l’interesse all’esame dell’ultimo motivo di violazione dell’art. 2033 c.c. (circa il recupero al netto delle ritenute e non al lordo) dal momento che l’integrale annullamento del D.R. 393/2017 impugnato soddisfa la pretesa azionata nella sua interezza ovvero quanto allo stesso an della spettanza delle somme per cui è causa.
11. – Quanto alla domanda risarcitoria, lamenta come detto l’odierna ricorrente di aver subito una grave lesione della propria immagine in conseguenza dell’ampia diffusione mediatica della vicenda, non allegando articoli di stampa ma evidenziando l’ampio risalto dato nella trasmissione televisiva “Report” su Rai 3.
Come noto, il danno non patrimoniale va sempre allegato e provato dal danneggiato nelle sue distinte componenti quale “danno conseguenza”, ammettendosi la prova del danno con ogni mezzo (Consiglio di Stato, sez. VI, 8 luglio 2015, n. 3400) ivi comprese le presunzioni semplici (Consiglio di Stato, sez. IV, 19 aprile 2017, n. 1835).
Ciò premesso, per quanto la diffusione mediatica della vicenda sia stata in parte dimostrata, non è provato da parte ricorrente anche il nesso causale tra la lamentata lesione dell’immagine ed il comportamento dell’Università, potendo derivare il discredito dell’opinione pubblica soprattutto dalle non corrette modalità con cui la vicenda è stata riportata dai media, risultando del tutto fuorviante e non aderente ai fatti di causa qualificare i docenti quali “furbetti” o “furbacchioni” ecc. prendendo a riferimento fattispecie desunte da altri fatti di cronaca del tutto diverse.
Ne consegue l’infondatezza della domanda risarcitoria, per mancata dimostrazione del nesso di causalità tra attività illegittima e danno non patrimoniale, dal momento che ai fini del risarcimento del danno cagionato da attività provvedimentale della p.a., il danneggiato deve dare la prova, ex art. 2697 c.c., di tutti gli elementi costitutivi dell’illecito, ossia danno e suo ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso di causalità, dolo o colpa del danneggiante (ex multis T.A.R. Sardegna, sez. II, 23 dicembre 2013, n. 958; T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 25 settembre 2017, n. 4483).
12. – Per i suesposti motivi la domanda di annullamento è fondata e va accolta, con l’effetto dell’annullamento del D.R. n. 393 del 20 marzo 2017 e conseguente diritto della ricorrente alla spettanza delle somme ricevute a titolo di incentivo una tantum per l’anno 2012; va invece respinta la domanda risarcitoria.
Le spese seguono la soccombenza, secondo dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così decide:
a) accoglie e per l’effetto annulla il D.R. n. 393 del 20 marzo 2017 impugnato, come da motivazione;
b) respinge la domanda risarcitoria.
Condanna l’Università degli Studi di Perugia alla refusione delle spese in favore della ricorrente, in misura di 1.500,00 (millecinquecento/00) euro, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 16 gennaio 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Potenza, Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Primo Referendario
Pubblicato il 07/02/2018