L’articolo 29, comma 19, legge 30 dicembre 2010, n. 240, demanda a decreto ministeriale l’indicazione di criteri e modalità anche per quanto riguarda “la selezione dei destinatari dell’intervento” specificando che il riconoscimento del beneficio debba comunque aver luogo “secondo criteri di merito accademico e scientifico”. L’art. 4, comma 1, lett c,) del d.m. 26 luglio 2013, n. 665 dispone, coerentemente, che le risorse siano attribuite esclusivamente secondo criteri di metodo accademico e scientifico, precisando che i procedimenti di selezione basati sulla valutazione comparativa dei candidati sono disciplinati dall’Università con proprio regolamento, osservando quali criteri il complesso delle attività didattiche di ricerca e gestionali svolte.
TAR Umbria, Perugia, Sez. I, 7 febbraio 2018, n. 96
Professori I fascia-Procedure selettive per l’attribuzione dell’incentivo una tantum- Art. 29 , comma 19, legge 30 dicembre 2010, n. 240-Recupero somme
N. 00096/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00197/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 197 del 2017, proposto da:
[#OMISSIS#] Giannantoni, rappresentata e difesa dall’avvocato [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso il suo studio in Perugia, via della Cupa, 7;
contro
Università degli Studi di Perugia, in persona del Rettore pro tempore, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Perugia, via degli Offici, 14;
per l’annullamento
– del decreto del Rettore dell’Università degli Studi di Perugia n. 395 del 20 marzo 2017 e relativo allegato 1 (notificato alla ricorrente in data 22.3.2017 con prot. n. 0021463);
– del decreto del Rettore dell’Università degli Studi di Perugia n. 397 del 20 marzo 2017 e relativo allegato 1 (notificato alla ricorrente in data 22.3.2017 con Prot. n. 0021643);
– del decreto del Rettore dell’Università degli Studi di Perugia n. 1789/2014;
– del regolamento dell’Università degli Studi di Perugia per l’attribuzione ai professori ed ai ricercatori dell’incentivo di cui all’art. 29, comma 19, l. 240/2010 (allegato al D.R. 1764 del 1.10.2014);
– della comunicazione email del 9.12.2014 a firma della Dott.ssa [#OMISSIS#] Nuzzi avente ad oggetto: “comunicazione urgente a tutti coloro che hanno presentato domanda per incentivo ex art. 29, comma 9, L. 240/10”;
– di ogni ulteriore atto – anche non noto alla ricorrente o implicitamente adottato dall’Amministrazione in via di autotutela – presupposto, conseguente o comunque connesso a quelli di cui ai precedenti punti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Perugia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 gennaio 2018 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con atto di ricorso (n.r.g. 197/2017) notificato il 15 maggio 2017 e depositato il successivo 23 maggio, la prof.ssa [#OMISSIS#] Giannantoni ha adito l’intestato Tribunale per chiedere l’annullamento dei decreti dell’Università degli Studi di Perugia con cui con cui all’odierna ricorrente è stata domandata la restituzione delle somme già erogate a titolo di «incentivo una tantum» ai sensi dell’art. 29, comma 19, della legge n. 240/2010, in ragione del mancato possesso, ed in relazione ad entrambe le annualità contestate (2011 e 2013) dei cd. “requisiti gestionali minimi” stabiliti dal Regolamento emanato con d.r. n. 1764/2014, e ribaditi dalla lex specialis della procedura (d.r. n. 1789/2014), ovvero l’effettiva partecipazione ad una percentuale di Consigli di Dipartimento e/o di Consigli di Facoltà diversa ed inferiore rispetto a quella richiesta.
2. Nel merito, il gravame è stato affidato ai seguenti motivi:
I. Violazione di legge – Violazione dell’art. 2033 cc – Eccesso di potere per
irragionevolezza e/o illogicità per avere l’Amministrazione computato, tra le somme oggetto della reclamata ripetizione, anche gli importi oggetto di ritenuta fiscale. Nullità e/o annullabilità e/o invalidità e/o illegittimità del Decreto del Rettore dell’Università degli Studi di Perugia n. 395 del 20 marzo 2017 e relativo allegato 1 e del Decreto del Rettore dell’Università degli Studi di Perugia n. 397 del 20 marzo 2017 e relativo allegato 1.
Afferma la ricorrente che la ripetizione degli importi in eccesso o comunque non dovuti avrebbe dovuto essere calcolata al netto delle ritenute fiscali, previdenziali ed assistenziali.
II. Violazione di legge – violazione degli artt. 7 ed 8 l. 241/1990 (mancata comunicazione dell’avvio del procedimento). Nullità e/o annullabilità e/o invalidità e/o illegittimità del Decreto del Rettore dell’Università degli Studi di Perugia n. 395 del 20 marzo 2017 e relativo allegato 1 e del Decreto del Rettore dell’Università degli Studi di Perugia n. 397 del 20 marzo 2017 e relativo allegato 1.
Lamenta la ricorrente la violazione delle garanzie procedimentali di cui alla legge n. 241/1990.
III. Violazione di legge – Violazione dell’art. 29, comma 19, l. 240/2010 – Violazione dell’art. 1, comma 4, del D. M. 21 luglio 2011 n. 314 – Violazione dell’art. 4, comma 1 del D.M. 26 luglio 2013, n. 665. Nullità e/o invalidità e/o illegittimità dell’art. 4, comma 2, lett. c del Regolamento dell’Università degli Studi di Perugia relativo alla attribuzione ai professori ed ai ricercatori dell’incentivo di cui all’art. 29, comma 19, l. 240/2010. Nullità e/o invalidità e/o illegittimità dell’art. 3, comma 4, lett. e) e dell’art. 5, comma 2, lett. c), del Bando emanato con D.R. 1789/2014. Nullità e/o annullabilità e/o invalidità e/o illegittimità derivata del Decreto del Rettore n. 395 del 20 marzo 2017 e relativo allegato 1 e nullità e/o annullabilità e/o invalidità e/o illegittimità derivata del Decreto del Rettore n. 397 del 20 marzo 2017 e relativo allegato 1 – Invalidità e/o illegittimità e/o annullabilità e/o nullità derivata di ogni provvedimento presupposto, anche non noto alla ricorrente e/o implicitamente adottato in autotutela, in relazione all’annullamento dei provvedimenti mediante i quali sono stati attribuiti gli incentivi alla ricorrente.
Sostiene la ricorrente che i contributi in questione sarebbero stati erogati senza una effettiva valutazione comparativa dei candidati secondo criteri di merito accademico e scientifico.
IV. Violazione dell’art. 3, comma 4, lett. e) e dell’art. 5, comma 2, lett. c), del Bando emanato con D.R. 1789/2014 – Eccesso di potere per irragionevolezza/illogicità – Violazione artt. 3 e 97 Cost. – Violazione del principio di trasparenza – Annullabilità e/o nullità e/o invalidità e/o illegittimità del provvedimento contenuto nella Comunicazione email del 9.12.2014 a firma della Dott.ssa [#OMISSIS#] Nuzzi avente ad oggetto: “comunicazione urgente a tutti coloro che hanno presentato domanda per incentivo ex art. 29, comma 9, L. 240/10” – Ingiustizia grave e manifesta – Violazione di legge e/o eccesso di potere per errore materiale nella redazione dei verbali di seduta – Nullità e/o annullabilità e/o invalidità e/o illegittimità derivata del Decreto del Rettore n. 395 del 20 marzo 2017 e relativo allegato 1 e nullità e/o annullabilità e/o invalidità e/o illegittimità derivata del Decreto del Rettore n. 397 del 20 marzo 2017 e relativo allegato 1.
Secondo la ricorrente i provvedimenti di recupero sarebbero illegittimi stante l’assenza nel bando di erogazione dei contributi di una espressa disposizione in base alla quale le assenze giustificate registrate nei verbali dei Consigli di Facoltà e di Dipartimento non avrebbero potuto essere computate ai fini del richiesto requisito di partecipazione ai due organi.
V. Eccesso di potere e/o violazione di legge per difetto e/o insufficienza di motivazione e per difetto e/o insufficienza di istruttoria.
I decreti rettorali nn. 395 e 397 del 2017 sarebbero illegittimi per difetto di istruttoria, essendosi limitata l’Università a recepire acriticamente gli accertamenti svolti da altra amministrazione, senza disporre alcun incombente istruttorio al proprio interno.
3. L’Università degli Studi di Perugia si è costituita in giudizio eccependo in [#OMISSIS#] la tardività delle censure proposte avverso la procedura di erogazione del contributo e la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri docenti interessati dalla procedura medesima, per poi concludere nel merito per il rigetto delle doglianze di parte ricorrente.
4. In vista dell’udienza di merito, le parti in causa hanno depositato memorie di replica con le quali insistono nelle rispettive argomentazioni difensive.
5. Alla pubblica udienza del giorno 16 gennaio 2018, la causa è passata in decisione.
DIRITTO
1. È materia del contendere la legittimità dei decreti dell’Università degli Studi di Perugia con i quali è stata disposto il recupero dell’incentivo una tantum ai sensi dell’art. 29 c. 19 della L 240/2010 nei confronti dell’odierna ricorrente.
2. Nel merito il ricorso è fondato e va accolto.
3. Il citato art. 29 c. 19, L. 240 demanda a decreto ministeriale l’indicazione di criteri e modalità anche per quanto riguarda “la selezione dei destinatari dell’intervento” specificando che il riconoscimento del beneficio debba comunque aver luogo “secondo criteri di merito accademico e scientifico”. L’art. 4 comma 1 lett c) del decreto interministeriale n. 665 del 2013 dispone, coerentemente, che le risorse siano attribuite esclusivamente secondo criteri di metodo accademico e scientifico, precisando che i procedimenti di selezione basati sulla valutazione comparativa dei candidati sono disciplinati dall’Università con proprio regolamento, osservando quali criteri il complesso delle attività didattiche di ricerca e gestionali svolte.
A sua volta il Regolamento emanato con D.R. n. 1764 del 2014 prevede all’art. 4 c. 2, lett c) che ciascuna Commissione nella prima fase del procedimento, valuti con riferimento alle attività gestionali anche il requisito minimo della partecipazione ad almeno il 50 % delle sedute dei Consigli di Dipartimento e limitatamente ai professori ordinari ed associati, ad almeno il 60 % delle sedute dei Consigli di Facoltà che si sono svolti nel triennio preso a riferimento.
4. Quanto anzitutto all’ordine logico di esame dei motivi dedotti, vanno esaminate con priorità le doglianze mosse nei confronti del Regolamento approvato con D.R. 1789 e 1764 del 2014 e del bando approvato con il medesimo D.R. 1789/2014.
Lamenta in sostanza la ricorrente l’illegittimità di tutta la disciplina a monte della selezione, non potendo l’Università introdurre requisiti, quali un numero minimo di presenze ai Consigli di Facoltà e Dipartimento, non previsti dal decreto interministeriale e del tutto scollegati al principio meritocratico, unitamente alla illegittimità della previsione contenuta nel bando inerente l’autocertificazione richiesta ai docenti di dati, quali le presenze ai Consigli di Facoltà e Dipartimento, in realtà già in possesso dell’Università e dunque non autocertificabili.
Ritiene il Collegio – condividendo sul punto l’eccezione sollevata dalla difesa erariale – inammissibili tali lagnanze, venendo in questione clausole della lex specialis da ritenersi immediatamente e direttamente lesive per l’interesse azionato dalla ricorrente, in quanto limitative sin dal principio dei soggetti aventi titolo all’incentivo.
Contrariamente agli atti aventi valore normativo, quali lo stesso Regolamento universitario in questione, nella generalità delle procedure concorsuali non è consentita a pena di elusione del termine di decadenza, di cui oggi all’art. 29 cod. proc. amm., la disapplicazione dell’atto amministrativo, ivi compresi i bandi di gara et similia, dovendo necessariamente l’Amministrazione procedere al previo annullamento mediante autotutela od il ricorrente onerarsi della loro tempestiva impugnazione (tra le più recenti T.A.R. Sicilia, Catania sez. IV, 9 ottobre 2017, n. 2350; T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 4 aprile 2017, n. 4191).
4.1. – Ne consegue l’inammissibilità del terzo motivo di gravame, risultando anche le censure dirette nei confronti del Regolamento trasfuse in clausole del bando allo stato inoppugnabili.
5. Quanto invece all’asserito difetto di contraddittorio, deve rilevarsi che per giurisprudenza [#OMISSIS#] la qualità di controinteressato in senso tecnico deve essere riconosciuta a coloro che, oltre ad essere nominativamente indicati nel provvedimento stesso o comunque agevolmente individuabili in base ad esso (cfr. Cons. St., Sez. V, 1° dicembre 1999, n. 2032; 9 ottobre 2002, n. 5411), si presentino come portatori di un interesse giuridicamente qualificato alla conservazione dell’atto.
5.1. Nella fattispecie in esame, i provvedimenti rettorali con i quali è stata disposta nei confronti della ricorrente la ripetizione di quanto asseritamente non dovuto, non fanno alcun cenno o menzione di ulteriori soggetti portatori di interesse contrapposto a quello della ricorrente medesima, il che esclude il coinvolgimento di soggetti terzi nella qualità di ipotetici controinteressati.
6. Meritano invece piena condivisione le censure di violazione del Regolamento stesso e del bando di cui al IV motivo di gravame, dirette alla caducazione dei provvedimenti di recupero delle somme erogate a titolo di incentivo.
7. Il recupero delle somme in questione è stato disposto sulla base dell’assunto per cui il bando, come integrato o comunque interpretato con la comunicazione per email inviata dalla dott.ssa Nuzzi il 9 dicembre 2014 avrebbe inserito la previsione circa la non computabilità delle assenze giustificate al fine del richiesto requisito di partecipazione ai due organi, a meno che non fossero state autorizzate con Decreto rettorale o dirigenziale.
Conseguentemente l’organo accertatore prima e poi il Rettore hanno desunto la non veridicità delle dichiarazioni sostitutive presentate dai docenti che non computando le assenze non raggiungevano l’autocertificato quorum di presenze unitamente alla natura di indebito oggettivo (ex art. 2033 c.c.) delle erogazioni di denaro a titolo di liquidazione dell’incentivo.
8. Non ritiene il Collegio di poter condividere tale assunto, non prevedendo anzitutto né il Regolamento né il bando la previsione dell’esclusione dal computo delle “assenze giustificate”.
Infatti l’art. 4 comma 3 del Regolamento e l’art. 5 comma 3 del bando si limitano a disporre ai fini della sussistenza dei requisiti minimi che questi “saranno proporzionalmente rideterminati in presenza di periodi di congedo, aspettativa del servizio, trasferimenti o altre cause previste dall’ordinamento, dichiarati nella domanda di partecipazione e verificati dagli uffici preposti. Ai medesimi fini le commissioni terranno conto delle esenzioni dalle attività didattiche previste dall’ordinamento”.
A sua volta l’art. 79 del Regolamento Generale di Ateneo prevede al fine del quorum per la valida formazione dei consessi la rilevanza delle assenze giustificate, si dà ingenerare nel silenzio del bando l’affidamento di numerosi docenti circa la [#OMISSIS#] anche ai fini dell’incentivo de quo.
L’art. 56 comma 2 dello Statuto d’Ateneo, parimenti, consente ai componenti degli organi collegiali dell’Università di giustificare la propria assenza alle riunioni.
Deve allo stesso modo escludersi – diversamente da quanto argomentato dalla difesa erariale – che una simile previsione potesse desumersi dal modulo di domanda allegato A al D.R. 1789/2014, dal momento che la pur prevista casella da barrare da parte dei docenti inerente la presenza alle sedute del Coniglio di Dipartimento e di Facoltà per il triennio preso a riferimento, nulla dice in punto di non computabilità delle assenze giustificate, confermando il silenzio del bando su tal specifico e decisivo punto.
8.1. Giova poi evidenziare che l’interpretazione degli atti amministrativi, ivi compreso il bando di gara pubblica, soggiace alle stesse regole dettate dall’art. 1362 e ss. c.c. per l’interpretazione dei contratti, tra le quali assume carattere preminente quella collegata all’interpretazione letterale, in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo, perché gli effetti degli atti amministrativi devono essere individuati solo in base a ciò che il destinatario può ragionevolmente intendere, anche in ragione del principio costituzionale di buon andamento, che impone alla Pubblica amministrazione di operare in modo chiaro e lineare, tale da fornire ai cittadini regole di condotta certe e sicure, soprattutto quando da esse possano derivare conseguenze negative; pertanto, la dovuta prevalenza da attribuire alle espressioni letterali, se chiare, contenute nel bando, esclude ogni ulteriore procedimento ermeneutico per rintracciare pretesi significati ulteriori e preclude ogni estensione analogica intesa ad evidenziare significati inespressi e impliciti, che rischierebbe di vulnerare l’affidamento dei partecipanti, la par condicio dei concorrenti e l’esigenza della più ampia partecipazione (ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 12 settembre 2017, n. 4307; id. sez. III, 10 giugno 2016, n. 2497).
8.2. Depone poi nel senso della rilevanza delle assenze giustificate, sempre nel silenzio del bando, anche il principio di ragionevolezza quale corollario dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa nonché di uguaglianza (ex multis Corte Costituzionale sent. 2009 n. 137). Infatti ritenere come pretende l’Università che la partecipazione ad attività congressistiche universitarie, di ricerca scientifica o assistenziali non rilevi ai fini del raggiungimento delle soglie per l’attribuzione dell’incentivo di che trattasi sarebbe del tutto illogico ed irragionevole oltre che contrario allo stesso principio costituzionale di buon andamento, rilevando tali attività, tra l’altro, ai fini dei trasferimenti premiali di risorse operati dal MIUR.
8.3. Il silenzio del bando sulla computabilità o meno delle assenze giustificate è poi comprovato dalla stessa attività integrativa postuma effettuata dalla dott.ssa Nuzzi, la quale non avrebbe avuto alcun senso ove il bando avesse già contemplato tal requisito.
Ritiene il Collegio del tutto irrilevante la comunicazione effettuata il 9 dicembre 2014 tramite email ordinaria, completamente inidonea ad interpretare in via autentica né tantomeno ad integrare il contenuto del bando approvato con D.R. 1789 del 2014.
Per giurisprudenza pacifica – seppur maturata in tema di gare d’appalto ma estensibile ad ogni procedura di tipo concorsuale quali espressione dei comuni principi di trasparenza ed imparzialità – le uniche fonti della procedura sono costituite dal bando di gara, dal capitolato e dal disciplinare, unitamente agli eventuali allegati; di conseguenza gli eventuali chiarimenti auto-interpretativi della stazione appaltante non possono né modificarle, né integrarle, né rappresentarne un’inammissibile interpretazione autentica, potendo esse essere interpretate e applicate per quello che oggettivamente prescrivono, senza che possano acquisire rilevanza atti interpretativi postumi della stazione appaltante ad integrare la lex specialis ed essere vincolanti per la Commissione aggiudicatrice (Consiglio di Stato, sez. V, 24 aprile 2017, n. 1903; id. sez. V – 22 e 31 marzo 2016, nn. 1173 e 1271; id., 23 settembre 2015, n. 4441). Semmai, dunque, l’Amministrazione avrebbe dovuto procedere al ritiro in autotutela del bando e all’emanazione di nuova lex specialis anche a tutela dell’affidamento ingenerato nei partecipanti in ordine alle prescrizioni dell’originario bando (Consiglio di Stato sez. IV, 6 aprile 2017, n. 1607).
Anche poi volendo ammettere, per mera ipotesi, una possibilità di interpretazione autentica o anche solo di fornire chiarimenti, l’Università avrebbe casomai dovuto procedere con le medesime forme di pubblicità del bando (ex multis T.A.R. Pescara sez. I, 11 giugno 2015 n. 248; Consiglio di Stato sez. III, 1 febbraio 2017, n. 435) per elementari ragioni anche in questo caso di trasparenza ed imparzialità, e non certo, del tutto irritualmente, tramite email ordinaria.
8.4. Ne consegue, pertanto, la completa irrilevanza o comunque l’illegittimità della comunicazione del 9 dicembre 2014, avendo l’Università del tutto surrettiziamente effettuato una modifica circa la portata applicativa degli atti presupposti, in aperta violazione di fondamentali canoni dell’attività amministrativa.
9. Alla luce delle suesposte considerazioni risultano fondate le doglianze di violazione del Regolamento e del bando nonché di eccesso di potere dedotte nei confronti dei decreti di recupero somme di cui al IV motivo, non sussistendo alcun indebito ex art. 2033 c.c. soggetto a recupero né potendo tantomeno ritenersi non veritiere le dichiarazioni sostitutive presentate dai docenti, sia per l’affidamento ingenerato dal bando e dalla normativa di Ateneo in ordine alla computabilità delle “assenze giustificate” sia invero perché soltanto con la email del 9 dicembre 2014 (ovvero dopo la presentazione dei termini per la presentazione delle domande) l’Università ha reso disponibili gli estratti delle presenze ai Consigli di Dipartimento e Facoltà, trattandosi di dati obbligatoriamente acquisibili d’ufficio ai sensi dell’art. 43 del d.P.R. 445/2000 (richiamato nello stesso bando) oltre che nell’art. 18, comma 2, L. n. 241 del 1990, quindi nemmeno autocertificabili (ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 14 aprile 2008, n. 1608).
10. Restano pertanto assorbite, per ragioni di economia processuale, le doglianze “formali” dedotte con i restanti motivi di gravame, mentre viene meno l’interesse all’esame del primo motivo di violazione dell’art. 2033 c.c. (circa il recupero al netto delle ritenute e non al lordo), dal momento che l’annullamento dei decreti rettorali di recupero degli incentivi soddisfa la pretesa azionata nella sua interezza ovvero quanto allo stesso an della spettanza delle somme per cui è causa.
11. Per i suesposti motivi la domanda di annullamento dei decreti con i quali è stato disposto il recupero degli incentivi è fondata e va accolta, con conseguente diritto della ricorrente alla spettanza delle somme ricevute.
12. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano nella misura riportata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie come da motivazione e, per l’effetto, annulla i provvedimenti rettorali con i quali è stato disposto il recupero degli incentivi nei confronti dell’odierna ricorrente.
Condanna l’Università degli Studi di Perugia al pagamento delle spese di lite in favore della ricorrente, che liquida in complessivi € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre oneri ed accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 16 gennaio 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Potenza, Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Primo Referendario, Estensore
Pubblicato il 07/02/2018