Nel procedimento amministrativo concernente un pubblico concorso il candidato leso da un provvedimento della commissione lo può ben impugnare unitamente all’atto di nomina dei componenti di quest’ultima, in quanto detta nomina ha natura endoprocedimentale ed è adottata in esito ad uno specifico sub-procedimento, volto a consentire che i candidati siano valutati, nell’ulteriore corso, proprio da coloro che le norme reputano più idonei e siano in possesso dei prescritti requisiti, per cui l’interesse dei candidati stessi alla rimozione dei componenti illegittimamente nominati si attualizza solo dopo l’adozione dell’atto che ha preso in esame la loro posizione e approvato la relativa graduatoria (Cons. Stato, sez. V, 24 febbraio 1996, n. 232; T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 19 novembre 2012, n. 692).
Poichè l’atto di nomina della commissione di concorso (nel caso in esame) nonché la precedente proposta di nomina sono atti endoprocedimentali, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse.
TAR Veneto, Venezia, Sez. I, 24 ottobre 2018, n. 990
Procedura concorsuale posto Professore I fascia - improcedibilità - nomina commissione - atti endoprocedimentali
N. 00990/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01004/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1004 del 2018, proposto da:
Erich [#OMISSIS#] e Guido [#OMISSIS#], rappresentati e difesi dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Donà e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio ex lege presso gli indirizzi PEC indicati nel ricorso;
contro
Università degli Studi di Padova, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Chiara Cacciavillani, [#OMISSIS#] Sala, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso gli indirizzi PEC indicati nel controricorso;
per l’annullamento, previa sospensione, anche inaudita altera parte
del decreto del Rettore dell’Università di Padova n. 2769 del 23.8.2018, prot. n. 379701- con il quale è stata nominata la commissione giudicatrice per la procedura selettiva 2018PO181 per la chiamata di un posto di professore di prima fascia per il settore concorsuale 06/H1 “Ginecologia e Ostetricia” – e di tutti gli atti precedenti e seguenti comunque connessi o presupposti, ivi espressamente compresa la delibera del Consiglio del Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino del 16.5.2018, conosciuta l’11.9.2018.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Padova;
Vista la memoria depositata dalla parte ricorrente;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 ottobre 2018 il dott. Giovanni [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Dato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Espongono i ricorrenti di essere professori di seconda fascia presso l’Università di Padova nel settore concorsuale 06/H1 “Ginecologia e Ostetricia” e che, oltre che nell’attività di ricerca e nella didattica, hanno profuso impegno e sforzi non comuni per far crescere la Clinica “Ginecologica e Ostetricia” dell’Azienda Ospedaliera di Padova, convenzionata con l’Università di Padova in forza del D.Lgs. 21.12.1999, n. 517, concernente i rapporti tra il Servizio Sanitario Nazionale e l’Università.
Espongono che negli ultimi anni, tuttavia, è venuta a crearsi una situazione di forte tensione e disaccordo tra tutti i medici della Clinica e il Direttore (docente di prima fascia nel settore di cui si discute), che ha reso e rende difficili i rapporti tra gli stessi. Ciò anche nell’ambito del Dipartimento universitario e nelle scelte organizzative e gestionali del settore concorsuale, per le quali i medici della Clinica non si sono sentiti adeguatamente rappresentati e valorizzati dal prefato docente di prima fascia di riferimento.
Avendo l’Università programmato da tempo di indire una serie di concorsi per posizioni di diverso tipo, i medici universitari della Clinica espongono di aver rappresentato al Rettore e al Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino, al quale appartengono, il forte disagio e il contrasto creatisi con il Direttore della Clinica, chiedendo di attivarsi per garantire l’assoluta imparzialità e trasparenza in relazione a tutti i programmati adempimenti concorsuali, in ragione della scarsa fiducia riposta nella idoneità del Direttore e docente di prima fascia nel settore in questione (suo malgrado e nonostante le intenzioni positive) a rappresentare gli interessi di tutta la Clinica.
Espongono i ricorrenti che in un primo momento il Dipartimento si era orientato per richiedere l’attivazione di un bando per un professore di prima fascia nel settore concorsuale in parola, ai sensi dell’art. 24, comma 6, della L. 30.12.2010, n. 140, e dunque con una procedura riservata ai docenti di seconda fascia in servizio presso l’Università di Padova, che fossero in possesso dell’abilitazione per la prima fascia. Tuttavia, con decreto rettorale n. 495 del 9.2.2018 è stato emanato il bando per la chiamata, ai sensi dell’art. 18, comma 1, della L. 30.12.2010, n. 140, – con una procedura, dunque, aperta alla partecipazione anche di soggetti esterni – di un professore di prima fascia nel settore concorsuale 06/H1 “Ginecologia e Ostetricia”, al quale hanno partecipato anche i ricorrenti.
Rappresentano inoltre che, alla luce della situazione di tensione esistente, i ricorrenti e gli altri medici universitari della Clinica hanno chiesto senza indugio al Rettore e al Dipartimento la nomina della commissione giudicatrice attraverso il sorteggio dalla lista dei docenti selezionabili per la commissione nazionale nel settore concorsuale SC 06/H1 per la procedura di abilitazione scientifica nazionale (ASN), come raccomandato da ANAC con la deliberazione n. 1208 del 22.11.2017 e dall’atto di indirizzo e di coordinamento del 14.5.2018 del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR).
Tuttavia, rispetto a quanto inizialmente prospettato e senza in alcun modo dare riscontro alle istanze dei ricorrenti (secondo quanto affermato nel ricorso dagli stessi), il Dipartimento ha deciso – con delibera del 16.5.2018 e in una seduta riservata ai docenti di prima fascia, con la presenza del predetto Direttore, unico professore di prima fascia nel settore di cui si controverte – di non adottare il criterio del sorteggio, ma di proporre al Rettore, quali commissari, i professori che “risultano avere le mediane di riferimento ASN di valore più elevato tra i docenti di I fascia del SC 06/H1” (criterio che, per i ricorrenti, è stato erroneamente applicato). Nel frattempo, non conoscendo ancora la decisione del Dipartimento, i ricorrenti hanno chiesto l’applicazione del criterio del sorteggio in conformità alle raccomandazioni di ANAC e del MIUR sopra ricordate.
Nei giorni successivi il Direttore del Dipartimento ha illustrato ai ricorrenti i criteri seguiti nella nomina, consegnando copia delle asserite “graduatorie” che sarebbero state utilizzate per individuare i docenti da proporre al Rettore per la nomina. Preso atto di ciò, i ricorrenti hanno segnalato al Rettore l’illegittimità delle modalità di selezione della commissione giudicatrice adottate dal Dipartimento sia perché la situazione di disagio e di contrasto all’interno della Clinica universitaria imponeva il sorteggio, sia perché lo stesso criterio adottato dal Dipartimento – e cioè quello di nominare i docenti con i valori degli indicatori bibliometrici più elevati – non era stato esattamente applicato.
A tali contestazioni – affermano i ricorrenti – non è stato dato il minimo riscontro e con decreto rettorale n. 2769 del 23.8.2018 è stata nominata la commissione giudicatrice del concorso in questione, in conformità alla proposta del Dipartimento, facendo propri, dunque, i criteri dallo stesso adottati.
Avverso tale provvedimento, nonché contro tutti gli atti precedenti e seguenti comunque connessi e presupposti, ivi espressamente compresa la delibera del 16.5.2018 del Dipartimento, hanno proposto ricorso – notificato e depositato in data 21 settembre 2018 – Erich [#OMISSIS#] e Guido [#OMISSIS#], chiedendone l’annullamento, previa sospensione, anche inaudita altera parte.
1.1. Con decreto 22 settembre 2018, n. 364 è stata accolta l’istanza di misure cautelari monocratiche incidentalmente proposta dai ricorrenti, ai sensi dell’art. 56 cod. proc. amm. e, per l’effetto, sospesa l’efficacia del decreto rettorale n. 2769 del 23.8.2018, prot. n. 379701, in considerazione del probabile avvio della procedura valutativa da parte della nominata commissione giudicatrice e quindi al fine di mantenere integra la tutela cautelare richiesta dai ricorrenti; è stata, dunque, fissata per la trattazione collegiale dell’istanza di sospensione la camera di consiglio del 17 ottobre 2018, riservando al Collegio giudicante l’esame e la decisione sulle questioni di merito dedotte nel ricorso.
1.2. Si è costituita in giudizio l’Università degli Studi di Padova che ha chiesto il rigetto, nel [#OMISSIS#] ovvero nel merito, del ricorso introduttivo, previa reiezione in limine dell’istanza cautelare in esso recata.
1.3. Parte ricorrente in data 13 ottobre 2018 ha depositato memoria ex art. 55 cod. proc. amm..
1.4. Alla camera di consiglio del 17 ottobre 2018, presenti i difensori delle parti, come da verbale, il Presidente ha avvisato le stesse parti, ex art. 73, comma 3, cod. proc. amm., che il Collegio avrebbe valutato in via preliminare la natura dell’atto impugnato quale atto endoprocedimentale e la sussistenza di profili di inammissibilità per carenza di interesse al ricorso, riservandosi eventualmente l’emissione di sentenza in forma semplificata.
Le parti, dopo breve discussione, si sono riportate alle conclusioni già prese chiedendone l’accoglimento.
Il Collegio si è riservato di provvedere.
2. Il giudizio, trattato nella camera di consiglio per la domanda di concessione di misure cautelari, può essere deciso con sentenza in forma semplificata, secondo la disciplina dettata dal codice del processo amministrativo, essendo maturo per la decisione di merito, integro il contraddittorio, completa l’istruttoria, avendone dato avviso ai difensori presenti e sussistendo gli altri presupposti di legge.
3. Giova premettere che l’azione di annullamento davanti al giudice amministrativo è soggetta a tre condizioni fondamentali: il c.d. titolo o possibilità giuridica dell’azione (cioè la situazione giuridica soggettiva qualificata in astratto da una norma come di interesse legittimo, ovvero come altri dice la legittimazione a ricorrere discendente dalla speciale posizione qualificata del soggetto che lo distingue dal quisque de populo rispetto all’esercizio del potere amministrativo); l’interesse ad agire (ex art. 100 cod. proc. civ.) ovvero interesse al ricorso nel linguaggio corrente del processo amministrativo; la legitimatio ad causam (o legittimazione attiva/passiva, discendente dall’affermazione di colui che agisce/resiste in giudizio di essere titolare del rapporto controverso dal lato attivo o passivo): cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Ad. Plen., 25 febbraio 2014, n. 9; Cons. Stato, sez. VI, 6 agosto 2018, n. 4822; Cons. Stato, sez. IV, 4 dicembre 2017, n. 5713.
In relazione all’interesse ad agire, è stato di recente evidenziato da Cons. Stato, Ad. Plen., 26 aprile 2018, n. 4 che <<[…] a) <> (cfr. tra le tante Cass. Civ., Sez. III, n. 12241/98). b) nel processo amministrativo l’interesse a ricorrere è caratterizzato dalla presenza degli stessi requisiti che qualificano l’interesse ad agire di cui all’art. 100 c.p.c., vale a dire dalla prospettazione di una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica del ricorrente e dall’effettiva utilità che potrebbe derivare a quest’ultimo dall’eventuale annullamento dell’atto impugnato (cfr. C.d.S., Sez. IV, n. 20 ottobre 1997 n.1210, Consiglio di Stato, sez. V, 23 febbraio 2015 n. 855 ma si veda anche Cassazione civile, sez. un., 2 novembre 2007, n. 23031 secondo cui l’interesse a ricorrere deve essere, non soltanto personale e diretto, ma anche attuale e concreto – e non ipotetico o virtuale- per fornire una prospettiva di vantaggio); c) tali approdi appaiono coerenti con la funzione svolta dalle condizioni dell’azione nei processi di parte, innervati come sono dal principio della domanda e dal suo corollario rappresentato dal principio dispositivo (cfr. Cass. Sezioni unite, 22 aprile 2013 n. 9685 Cassazione civile, sez. III, 3marzo 2015, n. 4228, Cassazione civile, sez. II, 9 ottobre 2017, n. 23542); d) il codice del processo amministrativo ha confermato e ribadito tale impostazione (art. 34 comma III ed art. 35 comma I lett, b e c) […]>>.
Secondo l’impostazione tradizionale, in linea con il principio costituzionale di effettività della tutela giurisdizionale ex artt. 24, 103 e 113 Cost., l’interesse a ricorrere deve, quindi, essere caratterizzato dai predicati della personalità (il risultato di vantaggio deve riguardare specificamente e direttamente il ricorrente), dell’attualità (l’interesse deve sussistere al momento del ricorso, non essendo sufficiente a sorreggere quest’ultimo l’eventualità o l’ipotesi di una lesione) e della concretezza (l’interesse a ricorrere va valutato con riferimento ad un pregiudizio concretamente verificatosi ai danni del ricorrente): cfr. T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 22 gennaio 2014, n. 188.
In ordine ai richiamati profili di concretezza e attualità della titolarità dell’interesse all’azione il ricorso giurisdizionale è sempre stato considerato un rimedio non dato nell’interesse astratto della giustizia o per ottenere la mera enunciazione dei parametri di legalità dell’azione amministrativa, disancorati da un effettivo e non ipotetico vantaggio derivante all’attore nel caso in contestazione (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. VI, 28 marzo 2003, n. 1634; T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 21 luglio 2016, n. 1578; T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 16 marzo 2016, n. 613).
E’ stato acutamente evidenziato che l’interesse ad agire è scolpito nella sua tradizionale definizione di “bisogno di tutela giurisdizionale”, nel senso che il ricorso al giudice deve presentarsi come indispensabile per porre rimedio allo stato di fatto lesivo; è dunque espressione di economia processuale, manifestando l’esigenza che il ricorso alla giustizia rappresenti extrema ratio; da qui i suoi caratteri essenziali costituiti dalla concretezza ed attualità del danno (anche in termini di probabilità), alla posizione soggettiva di cui si invoca tutela (cfr. Cons. Stato, sez. III, 9 giugno 2014, n. 2892; Cons. Stato, sez. V, 2 aprile 2014, n. 1572).
In particolare, il requisito dell’attualità dell’interesse non sussiste quando il pregiudizio derivante dall’atto amministrativo è meramente futuro ed eventuale, cioè quando l’emanazione del provvedimento non sia di per sé in grado di arrecare una lesione nella sfera giuridica del soggetto né sia certo che una siffatta lesione comunque si realizzerà in un secondo tempo (cfr. T.A.R. Molise, sez. I, 19 aprile 2018, n. 219).
Di recente è stato ribadito che una nozione di interesse ad agire scevra dei predicati di certezza e attualità è da considerare come distonica rispetto ai principi generali del processo amministrativo costantemente affermati dalla giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 11 maggio 2018, n. 6).
4. Ciò premesso in via generale sull’interesse ad agire, il Collegio ritiene di evidenziare che con riguardo al contenzioso relativo al settore delle procedure concorsuali (alle quali, appare opportuno evidenziarlo, va ricondotta la procedura che occupa, indetta ex art. 18 della legge 30 dicembre 2010, n. 240: cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 31 marzo 2017, n. 1746), è assolutamente consolidato l’orientamento secondo cui il provvedimento di nomina della commissione giudicatrice può essere impugnato dal candidato solo nel momento in cui, con l’approvazione delle operazioni concorsuali e la nomina del vincitore, si esaurisce il relativo procedimento amministrativo e diviene compiutamente riscontrabile la lesione della sfera giuridica dell’interessato (cfr. Cons. Stato, sez. III, 9 luglio 2012, n. 3978): la verifica effettiva del pregiudizio sofferto dal candidato può difatti utilmente compiersi solo al momento dell’approvazione della graduatoria (cfr. Cons. Stato, sez. V, 4 marzo 2011, n. 1408; Cons. Stato, sez. V, 7 ottobre 2002, n. 5279; Cons. Stato, sez. V, 19 ottobre 1999, n. 1589).
Nel procedimento amministrativo concernente un pubblico concorso, quindi, il candidato leso da un provvedimento della commissione lo può ben impugnare unitamente all’atto di nomina dei componenti di quest’ultima, in quanto detta nomina ha natura endoprocedimentale ed è adottata in esito ad uno specifico sub-procedimento, volto a consentire che i candidati siano valutati, nell’ulteriore corso, proprio da coloro che le norme reputano più idonei e siano in possesso dei prescritti requisiti, per cui l’interesse dei candidati stessi alla rimozione dei componenti illegittimamente nominati si attualizza solo dopo l’adozione dell’atto che ha preso in esame la loro posizione e approvato la relativa graduatoria (Cons. Stato, sez. V, 24 febbraio 1996, n. 232; T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 19 novembre 2012, n. 692).
E’ vero che tale orientamento giurisprudenziale comporta il rischio di una rinnovazione del procedimento amministrativo orami conclusosi, ma tale rischio è compensato dall’esonero di un inutile esercizio di attività giurisdizionale compiuta in assenza di un’effettiva lesione (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 5 giugno 2015, n. 2766).
Il richiamato approdo interpretativo costituisce, del resto, applicazione di una risalente e consolidata regula iuris, secondo la quale nel processo amministrativo non sono di regola immediatamente lesivi gli atti endoprocedimentali, che non esprimono la determinazione finale della Pubblica amministrazione e che possono essere contestati soltanto unitamente al provvedimento finale conseguentemente adottato, in quanto la lesione della sfera giuridica del soggetto destinatario dello stesso è normalmente imputabile all’atto che conclude il procedimento; tale regola generale incontra un’eccezione nel caso di:
– atti intermedi di natura vincolata (quali pareri o proposte), quando sono idonei come tali ad imprimere un indirizzo ineluttabile alla determinazione conclusiva;
– atti interlocutori, idonei a cagionare un arresto procedimentale capace di frustrare l’aspirazione dell’istante al celere soddisfacimento dell’interesse pretensivo prospettato;
– atti soprassessori che – rinviando ad un avvenimento futuro e incerto nell’an e nel quando il soddisfacimento dell’interesse pretensivo fatto valere dal privato – determinano un arresto del procedimento che lo stesso privato ha attivato a sua istanza (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15 dicembre 2011, n. 6609; T.A.R. Piemonte, sez. I, 22 gennaio 2018, n. 102; T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 15 gennaio 2018, n. 72; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 17 agosto 2017, n. 1413).
Orbene, l’atto di nomina della commissione di concorso (nel caso in esame) nonché la precedente proposta di nomina sono atti endoprocedimentali non riconducibili a nessuna delle richiamate eccezioni.
5. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse.
6. Il Collegio dispone la compensazione delle spese di giudizio in considerazione della rilevata intervenuta definizione in [#OMISSIS#] del ricorso e della assoluta novità della questione in relazione alle procedure concorsuali disciplinate dal cit. art. 18 della legge n. 240/2010.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per carenza di interesse.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 17 ottobre 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Nicolosi, Presidente
Giovanni [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Dato, Referendario, Estensore
[#OMISSIS#] De Felice, Referendario
Pubblicato il 24/10/2018