Costituisce ius receptum il principio – consolidatosi proprio con riferimento alla espressione del giudizio in termini numerici nei concorsi pubblici – della idoneità del voto numerico attribuito dalle competenti commissioni alle prove o ai titoli nell’ambito di un concorso pubblico o di un esame – in mancanza di una contraria disposizione – ad esprimere e sintetizzare il giudizio tecnico discrezionale della commissione stessa, contenendo in sé stesso la motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni, in relazione alla prefissazione, da parte della stessa commissione esaminatrice, di criteri di massima di valutazione che soprassiedono all’attribuzione del voto (di recente il principio è stato ribadito da Cons. Stato, Sez. IV, 1 agosto 2018, n. 4745; TAR Lazio, Roma, sez. I, 28 dicembre 2018, n. 12607).
TAR Veneto, Venezia, Sez. I, 25 gennaio 2019, n. 89
Dottorato di ricerca-Non ammissione accesso dottorato-Discrezionalità tecnica
N. 00089/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00899/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 899 del 2018, proposto da:
[#OMISSIS#] Battaggia, rappresentata e difesa dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Venezia Mestre, viale Ancona 17;
contro
Università Cà Foscari di Venezia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Venezia, presso i cui uffici domicilia in Venezia, Piazza S. [#OMISSIS#], 63;
nei confronti
[#OMISSIS#] Contrini, non costituito in giudizio;
per l’annullamento, previa sospensione,
della determina a firma del Dirigente dell’Ufficio Dottorato e Ricerca dell’Università Cà Foscari di Venezia (prot. 35331) del 18 giugno 2018, avente ad oggetto l’approvazione della graduatoria del Concorso di ammissione al corso di dottorato in studi sull’Asia e sull’Africa 34° ciclo (a.a. 2018/2019), nonché di qualsivoglia atto ad esso antecedente, conseguente e connesso, anche non noto ed in particolare del verbale della Commissione giudicatrice relativo all’espletamento della prova orale ed alla compilazione della graduatoria dell’8 giugno 2018.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università Cà Foscari di Venezia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 gennaio 2019 il dott. Giovanni [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Dato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Espone la ricorrente di aver conseguito nel 2014, riportando il punteggio di 110 e lode, la laurea magistrale presso l’Università Cà Foscari di Venezia in lingue e letterature dell’Africa e dell’Asia e di aver approfondito, negli anni successivi, la conoscenza della lingua e della letteratura giapponese con un prolungato soggiorno in Giappone ove collabora con l’Università Heian Jogakuin di Kyoto, per la quale dal 2016 svolge il ruolo di coordinatrice delle relazioni internazionali.
Rappresenta la ricorrente, dunque, di aver partecipato al concorso per l’ammissione ai corsi di dottorato di ricerca per il 34° ciclo, bandito dall’Università Cà Foscari di Venezia per l’anno accademico 2018/2019, il 16 marzo 2018; in particolare, la ricorrente ha partecipato al concorso per il dottorato internazionale “Studi sull’Asia e sull’Africa in convenzione con l’Universitat Heidelberg, [#OMISSIS#]”, la cui disciplina era articolata all’allegato 13 del bando.
Siffatto allegato, espone la ricorrente, in relazione ai posti a concorso, specificava che 4 borse di studio erano finanziate dall’Ateneo (e la ricorrente ha partecipato al concorso per l’assegnazione di una di tali borse), 2 borse di studio erano finanziate dal “Fondo per il finanziamento dei dipartimenti universitari di Eccellenza” a favore del Dottorato Internazionale con la Heidelberg Universitat e 2 posti riservati ai borsisti del China Scholarship Council – CSC.
Rappresenta la ricorrente che il medesimo allegato prevedeva quali modalità di ammissione: “valutazione titoli, valutazione proposta di ricerca, prova orale (con la possibilità di sostenere il colloquio tramite videoconferenza come previsto dall’art. 2, comma 5 del presente Bando)”.
E poi specificava:
“-Titoli valutabili;
-Titoli obbligatori (come previsto dall’art. 5 del Bando)” (e quindi curriculum vitae et studiorum; proposta di ricerca; abstract della tesi; certificato degli esami sostenuti; una lettera di referenza da parte di docenti universitari, ricercatori o altri esperti del settore).
“Titoli facoltativi”: pubblicazioni scientifiche; altre lauree e titoli accademici conseguiti in Italia o all’estero; borse di studio e assegni di ricerca.
Lo stesso allegato disciplinava i “criteri di valutazione delle prove e/o dei titoli” prevedendo che: “la Commissione dispone di 100 punti da attribuire come segue:
punti per i titoli (obbligatori e facoltativi): 10;
punti per la proposta di ricerca: 45 (punteggio minimo per l’ammissione alla prova orale (proposta di ricerca + titoli) 40/55, di cui 35 relativi alla proposta di ricerca);
punti per la prova orale: 45;
Punteggio minimo per l’idoneità: 60/100”.
Infine, l’allegato al bando disciplinava le “materie su cui verte l’esame” disponendo che “la prova orale prevede una discussione sull’area di interesse del candidato, sulla sua proposta di ricerca e sulla produzione scientifica presentata, assieme ad una verifica delle competenze argomentative; è prevista anche la verifica della lingua di ricerca prescelta dal candidato”.
Partecipavano 60 candidati, come risulta dal verbale della commissione giudicatrice del 23 maggio 2018.
Nella medesima seduta di apertura delle domande di partecipazione, la commissione fissava i seguenti criteri di valutazione:
– quanto alla proposta di ricerca:
“- originalità e prospettive di impatto della ricerca nell’ambito di studi per le tematiche indicate dal bando: massimo 10 punti;
– interdisciplinarietà: massimo 5 punti;
– metodologia, bibliografia, stato dell’arte con riguardo alle tematiche indicate dal bando: massimo 10 punti;
– organizzazione e struttura del progetto: massimo 10 punti;
– fattibilità: massimo 5 punti;
– coerenza col percorso formativo: massimo 5 punti”.
– quanto alla prova orale:
“- verifica delle conoscenze linguistiche dichiarate: massimo 10 punti;
– discussione sulla proposta di ricerca e sull’eventuale produzione scientifica presentata, verifica delle competenze argomentative (chiarezza e coerenza nell’esposizione), capacità analitiche: massimo 35 punti”.
All’esito della valutazione dei titoli e della proposta di ricerca, risultavano ammessi 16 candidati (verbale della commissione del 29 maggio 2018).
La ricorrente riportava: 10 punti (ossia il massimo punteggio) sui titoli; 43 punti su 45 (il massimo punteggio attribuito dalla commissione in sede di valutazione delle proposte di ricerca di tutti i candidati) sulla proposta di ricerca dal titolo “Sviluppo globale dell’industria tessile giapponese: ibridazione come chiave di accesso al mercato internazionale” (ed in particolare: 9 punti su 10 per l’originalità e le prospettive di impatto della ricerca; 5 punti su 5 per l’interdisciplinarietà; 9 punti su 10 per metodologia, bibliografia, stato dell’arte; 10 punti su 10 per l’organizzazione e la struttura del progetto; 5 punti su 5 per la fattibilità; 5 punti su 5 per la coerenza con il percorso formativo).
La prova orale per la ricorrente aveva luogo in data 8 giugno 2018, nella fascia oraria 10.05-10.30.
Il 18 giugno 2018, l’esponente apprendeva dal sito on-line dell’Università, ove era stata inserita la determina di approvazione della graduatoria, di non essere stata ammessa alla fruizione della borsa, collocandosi al numero 10 della graduatoria generale (ed al n. 8 della graduatoria relativa ai candidati alle borse finanziate dall’Ateneo), avendo riportato un punteggio per la prova orale pari a 17 su 45 e quindi un punteggio totale pari a 70 su 100.
La ricorrente, dunque, depositava il 21 giugno 2018 richiesta di accesso ai verbali della commissione, che le venivano consegnati il 5 luglio successivo; dai verbali apprendeva che nella prova orale aveva conseguito 7 punti su 10 per le competenze linguistiche (conoscenza della lingua giapponese) e 10 punti su 35 per la “discussione”; evidenzia la ricorrente l’assenza, nel verbale, di motivazione e di specificazione in relazione al punteggio riportato.
Successivamente, all’esito di una ulteriore richiesta di accesso, la ricorrente apprendeva che due candidati collocati rispettivamente al sesto e al settimo posto in graduatoria avevano rinunciato e ciò aveva consentito lo scorrimento, con l’ingresso tra gli ammessi del dott. [#OMISSIS#] Contrini; l’esponente rappresenta di collocarsi attualmente al n. 6 della graduatoria (seconda dei non ammessi).
Dunque, con ricorso, spedito per la notifica in data 30 luglio 2018 e depositato in data 7 agosto 2018, l’esponente ha avanzato le domande in epigrafe.
1.1. Si è costituita in giudizio l’Università Cà Foscari di Venezia; non si è costituito [#OMISSIS#] Contrini.
1.2. Con ordinanza 6 settembre 2018, n. 315 è stata respinta l’istanza cautelare.
A seguito di gravame interposto avverso la predetta ordinanza, il Consiglio di Stato, sez. VI, con ordinanza 12 ottobre 2018, n. 5022 ha rilevato che, ad un primo esame, le censure dedotte in ordine al modo di svolgimento della prova orale ed alla contestuale verbalizzazione paiono prospettare questioni che meritano l’immediato approfondimento di merito del gravame; è stato così accolto l’appello ai sensi e nei limiti della motivazione e ordinata la trasmissione dell’ordinanza per la sollecita fissazione dell’udienza di merito ai sensi dell’art. 55, comma 10, cod. proc. amm..
1.3. All’udienza pubblica del 9 gennaio 2019 presenti i difensori delle parti, come da verbale, i quali si sono riportati alle conclusioni già prese chiedendone l’accoglimento, il Collegio si è riservato di provvedere e ha trattenuto il ricorso in decisione.
DIRITTO
1. Con unico motivo di gravame parte ricorrente ha dedotto la Violazione di legge – Violazione del principio del giusto procedimento – Violazione art 3 L 241/90 – Difetto assoluto di motivazione – Eccesso di potere – Motivazione fuorviante – Contraddittorietà.
Lamenta parte ricorrente che il giudizio espresso dalla commissione giudicatrice sulla prova orale sostenuta in data 8 giugno 2018 è assolutamente illegittimo quanto meno per due ordini di ragioni.
1.1. Parte ricorrente, dopo aver richiamato i criteri stabiliti dalla commissione nel verbale di insediamento del 23 maggio 2018 per la valutazione della proposta di ricerca nonché le modalità di valutazione per la prova orale, evidenzia che alla valutazione della proposta di ricerca è stato attribuito un peso determinante nell’articolazione bifasica del concorso (valutazione titoli e proposta; espletamento prova orale), potendo comportare l’attribuzione di 45 punti sui 100 totali; inoltre essa costituiva anche l’oggetto della prova orale (ciò peraltro in linea con la finalità dei concorsi per l’assegnazione dei dottorati di ricerca).
Orbene, la ricorrente evidenzia di aver riportato il punteggio di 43 su 45 nella valutazione delle proposte di ricerca mentre in sede di discussione della medesima proposta ha conseguito un punteggio pari a 10 sui 35 attribuibili.
Secondo l’esponente, utilizzando una formula matematica (45 : 43 = 35 : x) se la proposta di ricerca fosse stata valutata con i medesimi criteri, nelle due differenti fasi del concorso, la ricorrente avrebbe dovuto riportare nella prova orale il punteggio di 33,4, e dunque un punteggio totale di 93,4 (53 + 33,4 + 7) collocandosi al primo posto in graduatoria degli ammessi ai dottorati di ricerca finanziati dall’Ateneo.
E’ evidente secondo la prospettazione dell’esponente, dunque, la contraddittorietà nella quale è incorsa la commissione, la quale ha valutato la stessa proposta di ricerca, nelle due fasi del concorso, a distanza di pochi giorni, in modo diametralmente opposto.
La parte resistente argomenta nel senso dell’infondatezza delle censure.
1.1.1. La doglianza è infondata.
Già sul piano astratto la tesi di parte ricorrente non appare condivisibile in quanto, in definitiva, riduce la prova orale ad un inutile doppione della valutazione della proposta di ricerca.
In altri termini, l’argomentazione sviluppata dalla parte ricorrente – che si avvale icasticamente di una proporzione matematica – finisce per configurare la prova orale (e la relativa valutazione) della procedura concorsuale in esame non solo come del tutto ancillare e subalterna rispetto alla precedente valutazione della proposta di ricerca ma, soprattutto, vincolata nei pertinenti esiti valutativi, non potendo la commissione – stando alla prospettazione della parte ricorrente – discostarsi de facto dalle valutazioni in precedenza compiute.
Orbene, se davvero questa fosse la configurazione della prova orale nella procedura comparativa che occupa la stessa sarebbe non solo inutile, come già detto, ma financo dannosa, costituendo un evidente aggravamento del procedimento.
L’astratta infondatezza della censura in esame si coniuga con la argomentazione della inconferenza, anche sul piano concreto, della lagnanza.
Ed invero, mentre la valutazione della proposta di ricerca è stata condotta alla luce di taluni criteri fissati dalla commissione (originalità e prospettive di impatto della ricerca nell’ambito di studi per le tematiche indicate dal bando; interdisciplinarietà; metodologia, bibliografia, stato dell’arte con riguardo alle tematiche indicate dal bando; organizzazione e struttura del progetto; fattibilità; coerenza col percorso formativo), quanto alla prova orale la valutazione risulta essere stata incentrata sulla discussione sulla proposta di ricerca e sull’eventuale produzione scientifica presentata, sulla verifica delle competenze argomentative (chiarezza e coerenza nell’esposizione) ed infine sulle capacità analitiche.
In altri termini, pur nella medesimezza dell’oggetto (proposta di ricerca, sebbene in astratto formava oggetto di prova orale anche la discussione circa l’eventuale produzione scientifica presentata) la prova orale, rispetto alla precedente valutazione effettuata dalla commissione, risultava preordinata a scandagliare in via principale le abilità elocutive dei candidati (discussione), in particolare la capacità di allestire il palcoscenico del discorso (competenze argomentative) attraverso l’ordinata esposizione della struttura argomentativa (chiarezza) e la costruzione di relazioni logiche e tematiche tra le idee (coerenza), oltre alle abilità di applicare il pensiero logico e critico al fine di costruire o decostruire gli argomenti (capacità analitiche).
Ne discende che non vi è coincidenza – nei rapporti fra valutazione della proposta di ricerca e valutazione della prova orale – dei profili o aspettivalutati.
Donde, si ribadisce, l’infondatezza della censura.
1.2. Parte ricorrente espone, altresì, di aver acquisito all’esito dell’accesso agli atti il verbale in data 8 giugno 2018 ove si dà conto dell’espletamento delle prove orali, verbale che a fronte dei criteri di valutazione già stabiliti il 23 maggio 2018, in modo del tutto generico, si limita a dar conto del punteggio attribuito nella “discussione”, senza precisare alcunché.
Non è chiaro quindi in che misura il punteggio di 10 sia suddivisibile tra i vari sottocriteri (anche perché se effettivamente rappresentasse la sommatoria delle varie componenti, ciò comporterebbe che il punteggio per ciascuna di esse dovrebbe essere prossimo a zero).
Sicché, lamenta parte ricorrente, la commissione ha stabilito i criteri di valutazione della prova orale ma sembra non li abbia utilizzati in sede di espletamento della prova, né in sede di attribuzione del punteggio, disattendendo la previsione di cui all’art. 3 della L. 241/90 che, nel porre a carico dell’Amministrazione l’obbligo di motivazione, ha quale ratio quella di consentire di ricostruire ab externo l’iter motivazionale che ha accompagnato l’attività valutativa (all’uopo parte ricorrente richiama un precedente giurisprudenziale).
Ciò che parte ricorrente lamenta quindi non è l’inidoneità del punteggio numerico ad esaudire l’obbligo motivazionale (ed anzi, l’esponente richiama un precedente giurisprudenziale secondo il quale la votazione numerica esprime e sintetizza il giudizio tecnico della commissione, contenendo in sè senza necessità di ulteriori spiegazioni, la motivazione della scelta compiuta) ma la circostanze che anche il mero punteggio numerico deve consentire di percepire, con evidenza, la graduazione e l’omogeneità delle valutazioni effettuate, ossia l’iter motivazionale percorso dall’Amministrazione, tanto più ove sussista una modifica sostanziale nella valutazione del medesimo candidato, nelle diverse fasi del concorso.
Nel caso di specie, si duole parte ricorrente, il verbale in data 8 giugno 2018 si limita a dar conto dell’attribuzione di un punteggio esiguo e generico per tutti i subcriteri di valutazione, senza procedere ad alcun dettaglio, impedendo di ricostruire il percorso valutativo e quello motivazionale.
La parte resistente argomenta nel senso dell’infondatezza delle censure.
1.2.1. La censura è priva di base.
In via preliminare il Collegio intende evidenziare l’irrilevanza, ai fini della decisione, delle dichiarazioni rese dai componenti la commissione (prof.ri [#OMISSIS#] Ghersetti, [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Fuess e [#OMISSIS#] Heinrich) e depositate dalla difesa erariale (rispettivamente, le prime tre in data 28 agosto 2018 e le ultime due in data 30 agosto 2018).
Ciò in relazione all’indirizzo interpretativo (accolto anche dalla Sezione: cfr. T.A.R. Veneto, sez. I, 4 dicembre 2018, n. 1118) secondo il quale la volontà della commissione non può essere accertata con riferimento a postume dichiarazioni dei commissari (arg. ex T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 24 giugno 2004, n. 4591), e ciò alla luce del più generale principio in base al quale il verbale è l’unico mezzo attraverso il quale le deliberazioni e le operazioni del collegio sono conosciute all’esterno e non può essere sostituito o integrato in base a dichiarazioni rese ex post dai componenti della commissione (arg. ex T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 10 aprile 2002, n. 3070).
Si deve ricordare, inoltre, che pur se il verbale si inquadra fra i mezzi di mera documentazione dell’attività collegiale, esso rappresenta pur sempre una prova infungibile, in quanto non surrogabile da altri elementi di prova ovvero presunzioni e indizi (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 1 febbraio 2012, n. 1110, ove si legge anche che è solo il verbale della seduta ad integrare l’elemento essenziale della esternazione e della documentazione delle determinazioni amministrative degli organi collegiali, nonché la condizione necessaria perché le determinazioni stesse acquistino valore di espressione di potestà amministrative).
Vanno pertanto considerate irrilevanti ai fini della decisione le dichiarazioni postume rese singulatim dai componenti la commissione, con conseguente superamento del contrasto insorto fra le parti in ordine alla configurabilità della stesse dichiarazioni come integrazione motivazionale postuma e, comunque, in merito alla legittimità ed utilizzabilità delle stesse ai fini della decisione (cfr. pagg. 2 e ss. della memoria depositata in data 30 agosto 2018 e pagg. 3 e ss. della memoria depositata in data 7 dicembre 2018 dalla parte ricorrente; cfr. pagg. 2 e ss. della memoria di replica della difesa erariale).
Ciò premesso, deve evidenziarsi che parte ricorrente afferma chiaramente che <<Ciò che si lamenta quindi non è l’inidoneità del punteggio numerico ad esaudire l’obbligo motivazionale>> (cfr. pag. 12 del ricorso); ed anzi, sembra che la stessa esponente mostri di condividere l’orientamento giurisprudenziale formatosi sulla c.d. motivazione in forma numerica (cfr. sempre pag. 12 del ricorso).
D’altronde, osserva il Collegio, costituisce ius receptum il principio – consolidatosi proprio con riferimento alla espressione del giudizio in termini numerici nei concorsi pubblici – della idoneità del voto numerico attribuito dalle competenti commissioni alle prove o ai titoli nell’ambito di un concorso pubblico o di un esame – in mancanza di una contraria disposizione – ad esprimere e sintetizzare il giudizio tecnico discrezionale della commissione stessa, contenendo in sé stesso la motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni, in relazione alla prefissazione, da parte della stessa commissione esaminatrice, di criteri di massima di valutazione che soprassiedono all’attribuzione del voto (di recente il principio è stato ribadito da Cons. Stato, sez. IV, 1 agosto 2018, n. 4745; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 28 dicembre 2018, n. 12607).
Peraltro, l’art. 7, comma 3, del bando di concorso per l’ammissione ai Corsi di dottorato di ricerca per il 34° ciclo (a.a. 2018/2019) – che comunque non è stato impugnato dalla ricorrente – prevede espressamente la declinazione della valutazione dei titoli e delle prove in termini di “punteggi”, non contemplando in uno alla valutazione numerica forme di motivazione “discorsiva”.
Parte ricorrente, dunque, lamenta che “anche il mero punteggio numerico deve consentire di percepire, con evidenza, la graduazione e l’omogeneità delle valutazioni effettuate, ossia l’iter motivazionale percorso dall’ amministrazione […] tanto più ove sussista una modifica sostanziale nella valutazione del medesimo candidato, nelle diverse fasi del concorso>>.
Conclude, dunque, evidenziando che nel caso di specie <<il verbale dell’8 giugno si limita a dar conto dell’attribuzione di un punteggio esiguo e generico per tutti i subcriteri di valutazione, senza procedere ad alcun dettaglio, impedendo di ricostruire il percorso valutativo e quello motivazionale>> (cfr. sempre pag. 12 del ricorso).
Le argomentazioni sviluppate da parte ricorrente disvelano, in modo evidente, l’infondatezza della censura in esame. Ed invero:
– l’idoneità del “mero punteggio numerico” a soddisfare l’esigenza di conoscenza della graduazione ed omogeneità delle valutazioni effettuate, ossia l’iter motivazionale percorso dall’Amministrazione, è dalla giurisprudenza legata alla “condizione” che siano stati precedentemente fissati criteri di massima e parametri di riferimento sufficientemente specifici e dettagliati per l’attribuzione dei voti, (sul punto si richiama la giurisprudenza sopra citata nonché, in via ulteriore, Cons. Stato, sez. VI, 8 gennaio 2019, n. 179; Cons. Stato, sez. V, 23 marzo 2018, n. 1860).
Nel caso che occupa, la stessa parte ricorrente ha riconosciuto che la commissione ha stabilito nel verbale del 23 maggio 2018 i criteri di valutazione della prova orale (cfr. pagg. 10 e 11 del ricorso) e nei confronti degli stessi criteri – per così dire, nel merito – l’esponente non ha formulato alcuna censura;
– per le ragioni già esposte supra al punto 1.1.1., e che qui devono intendersi ribadite, non può parlarsi di modifica sostanziale nella valutazione del medesimo candidato, nelle diverse fasi del concorso; dunque, nessun corredo motivazionale “aggiuntivo” (rispetto al punteggio numerico) è esigibile nel caso in esame, avendo la commissione – nei rapporti fra valutazione della proposta di ricerca e valutazione della prova orale – preso in esame e, dunque, valutato profili o aspetti differenti (come peraltro bene evidenzia il verbale della commissione in data 23 maggio 2018 in punto di criteri e modalità di valutazione delle prove);
– quanto alla critica secondo la quale il verbale in data 8 giugno 2018 si limita a dar conto dell’attribuzione di un punteggio generico per tutti i subcriteri di valutazione, senza procedere ad alcun dettaglio, impedendo di ricostruire il percorso valutativo e quello motivazionale, essa è priva di base in quanto la commissione giudicatrice, come emerge chiaramente dal predetto verbale in data 23 maggio 2018, per la valutazione dei “titoli” e della “proposta di ricerca” ha previsto una pluralità di criteri, associando a ciascuno di esso un punteggio massimo, prevedendo poi, quanto alla “prova orale”, la distinzione ai fini della valutazione fra verifica delle conoscenze linguistiche dichiarate (massimo 10 punti) e discussione sulla proposta di ricerca e sull’eventuale produzione scientifica presentata, verifica delle competenze argomentative (chiarezza e coerenza nell’esposizione), capacità analitiche (massimo 35 punti), senza però prevedere punteggi massimi (nel rispetto del limite complessivo dei 35 punti) per ciascuno di essi, i quali – ciò che appare decisivo per ritenere infondata la censura – sono tutti riconducibili al profilo essenzialmente unitario delle capacità del candidato di trattare avanti alla commissione in modo ordinato e diffuso le questioni di interesse (discussione; competenze argomentative; capacità analitiche).
Peraltro, la stessa parte ricorrente oscilla fra la qualificazione dei criteri di valutazione della prova orale stabiliti dalla commissione nel verbale del 23 maggio 2018 come, appunto, “criteri di valutazione” (pag. 10 del ricorso) e la qualificazione degli stessi quali “sottocriteri” (pag. 11 del ricorso) o “subcriteri” (pag. 12 del ricorso).
E comunque, la scelta in questione operata dalla commissione giudicatrice non è stata avversata dalla parte ricorrente (il verbale in data 23 maggio 2013 non è stato impugnato).
– infine, parte ricorrente si è limitata alla mera recriminazione circa l’”esiguità” del punteggio; orbene, secondo giurisprudenza consolidata le commissioni esaminatrici esercitano non una ponderazione di interessi, ma un’amplissima discrezionalità tecnica, sulla quale il sindacato di legittimità del giudice amministrativo è limitato al riscontro del vizio di illegittimità per violazione delle regole procedurali e di quello di eccesso di potere in particolari ipotesi-limite, riscontrabili dall’esterno e con immediatezza dalla sola lettura degli atti (cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 dicembre 2018, n. 7115; Cons. Stato, sez. IV, 30 agosto 2018, n. 5117); nel caso che occupa l’”esiguita”, in disparte la questione già esaminata e respinta al precedente punto 1.1.1., è stata dedotta in modo del tutto generico e, comunque, parte ricorrente non ha comprovato l’esistenza dei predetti vizi.
Dunque, appare priva di base la tesi secondo la quale la commissione non ha utilizzato in sede di espletamento della prova e di attribuzione del punteggio i criteri di valutazione della prova orale in precedenza stabiliti.
In conclusione, il punteggio numerico vale come sintetica motivazione, sicché, per contestarlo, l’interessato deve offrire elementi atti a far ritenere che la sua assegnazione, nel caso specifico, sia affetta da una manifesta illogicità, che riveli lo sviamento del potere (cfr. Cons. Stato, sez. III, 27 aprile 2018, n. 2564); nel caso in esame non è emerso né tale profilo né, comunque, alcuna forma di intrinseca erroneità, irragionevolezza o contraddittorietà della valutazione sottesa.
2. In conclusione il ricorso è infondato e deve essere respinto.
3. La peculiarità della vicenda contenziosa induce il Collegio a disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Nicolosi, Presidente
[#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], Consigliere
Giovanni [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Dato, Referendario, Estensore
Pubblicato il 25/01/2019