TAR Veneto, Venezia, Sez. I, 3 maggio 2018, n. 479

Procedura concorsuale posto ricercatore-Equiparazione assegni di cui all'articolo 22, legge 30 dicembre 2010, n. 240 e assegni ci cui all'articolo 51, comma 6, legge 27 dicembre 1997, n. 449

Data Documento: 2018-05-03
Area: Giurisprudenza
Massima

Accoglimento del ricorso,atteso che l’applicazione dell’art. 1, comma 10-octies, del d. l. 30 dicembre 2015, n.  210 del 2015 (nella parte in cui prevede che gli assegni di ricerca, di cui all’articolo 22 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, sono equipollenti a quelli erogati ai sensi della previgente disciplina di cui all’articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449), come norma avente natura interpretativa e dunque portata retroattiva, non esclude che, essendo all’epoca dell’entrata in vigore di tale norma ampiamente scaduti i termini di presentazione delle domande di partecipazione alla procedura selettiva, all’Ateneo fosse assolutamente precluso di rileggere una disposizione del bando in forza di una norma nel frattempo sopravvenuta, al fine di darne un significato diverso da quello inizialmente attribuitole, con l’effetto di riammettere alla procedura un solo candidato. Semmai, l’ateneo avrebbe dovuto riaprire tali termini per la presentazione delle domande in modo da consentire la partecipazione a tutti coloro che fossero in possesso del requisito di ammissione, come reinterpretato dalla norma sopravvenuta.

Contenuto sentenza

N. 00479/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00987/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 987 del 2017, proposto da 
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC indicata nell’atto di costituzione in giudizio a seguito di trasposizione del ricorso straordinario; 
contro
Università degli Studi di Padova, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] Sala, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso la Segreteria del Tar in Venezia, Cannaregio 2277/2278; 
Ministero Istruzione Università e Ricerca, non costituito in giudizio; 
nei confronti
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 
per l’annullamento
– di tutti gli atti della procedura selettiva per l’assunzione di un ricercatore a tempo determinato presso il Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale, settore concorsuale 08/B2 – Scienza delle Costruzioni, dell’Università di Padova, indetta con decreto rettorale 3514 del 2/12/2014 e successivo decreto rettorale 1416 del 20/04/2015;
per la condanna dell’Università degli Studi di Padova:
a) al risarcimento di ogni danno subito e/o subendo dallo stesso ricorrente in conseguenza dell’illegittimo operato della Commissione Giudicatrice, del personale amministrativo e del legale rappresentante o suo sostituto (da determinarsi in forma equitativa);
b) alla rifusione di tutte le spese e compensi di causa;
c) al pagamento della rivalutazione e degli interessi su tutte le somme dovute ai sensi delle precedenti lettere, dalla data della decisione fino all’effettivo saldo.
d) per la condanna del MIUR-Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca al risarcimento di ogni danno subito e/o subendo dallo stesso ricorrente in conseguenza della assoluta mancanza di vigilanza sull’operato dell’Università degli Studi di Padova, nonostante le reiterate e continue richieste di intervento testimoniate negli atti allegati e nella novellazione del ricorso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Padova e di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 aprile 2018 il dott. [#OMISSIS#] Fenicia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso straordinario e, successivamente, con giudizio avanti a codesto TAR, il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ha impugnato gli atti della procedura selettiva sopra menzionata indetta dall’Università di Padova, per l’assunzione di un ricercatore a tempo determinato di Scienza delle Costruzioni, SSD 08/B2, ai sensi dell’art. 24, co. 3, lett. B, L. 240/2010.
Con il primo motivo il ricorrente lamenta – ma solo ai fini del risarcimento dei danni – l’originaria illegittimità dell’art. 2 del Decreto Rettorale n. 3514/2014 con cui era stata indetta la procedura, giacché – accanto agli ordinari requisiti di ammissione previsti dalla Legge n. 240/2010 (al fine di attestare il possesso di adeguate capacità e conoscenze scientifiche) – ne menzionava uno ulteriore e cioè quello dell’aver svolto “attività di ricerca nel campo della meccanica computazionale e della modellazione di rinforzi FRP”. Avverso tale asserita illegittima previsione, [#OMISSIS#], dopo averla senza esito segnalata all’Università, era stato costretto a proporre ricorso al TAR Veneto (n. R.G. 359/2015); solo allora l’Università aveva modificato il bando nel senso da lui auspicato. Tuttavia, tale illegittimità gli aveva cagionato un danno, consistente nelle spese legali affrontate, di cui egli ora pretende il ristoro.
Con il secondo motivo il ricorrente contesta la legittimità dell’ammissione alla selezione del candidato, risultato poi vincitore, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#].
Al riguardo giova precisare che quest’ultimo era stato inizialmente escluso dalla selezione con decreto rettorale del 22 luglio 2015, non essendo stato ritenuto in possesso dei requisiti di ammissione stabiliti dall’art. 2 del bando. In particolare, l’Università aveva rilevato che il medesimo non aveva usufruito per almeno tre anni anche non consecutivi, di assegni di ricerca ai sensi dell’art. 51, comma 6, della Legge 27 dicembre 1997, n. 449.
Successivamente, il candidato [#OMISSIS#], con nota del 10 giugno 2016, aveva chiesto un riesame della sua candidatura ai fini della riammissione alla procedura selettiva motivata con le novità normative introdotte dal D.L. 210/2015, convertito con modificazioni in Legge 25 febbraio 2016, n. 21 (c.d. “Milleproroghe”). Quest’ultime stabilivano che gli assegni di ricerca previsti dall’art. 22 della L. 240/2010 fossero equiparati agli assegni di ricerca di cui all’art. 51 comma 6, della L. 449/1997. Con decreto Rettorale del giorno 11 luglio 2016, sul presupposto che tali norme avessero natura interpretativa e dunque portata retroattiva, veniva quindi riammesso il candidato [#OMISSIS#].
Ebbene, secondo il ricorrente, tale riammissione non poteva essere disposta, in quanto la suddetta modifica normativa – recante l’ampliamento dei titoli che consentono l’accesso alle procedure di cui all’art. 24, comma 3, lettera b) della legge n. 240/2010 – era posteriore alla chiusura dei termini del bando in esame e non aveva portata retroattiva e dunque avrebbe semmai dovuto comportare una modifica del bando e la riapertura dei termini di ammissione.
Con il terzo motivo il ricorrente deduce invece l’illegittimità della decisione della Commissione, relativa all’iniziale individuazione dei criteri di selezione di cui al D.M. 25/05/2011 n. 243, di escludere il criterio afferente alla “realizzazione di attività progettuale”, attenendo pienamente, tale attività, secondo il ricorrente, al settore di concorso in questione.
Con il quarto e il sesto motivo il ricorrente contesta le valutazioni operate dalla commissione dei propri titoli e delle proprie pubblicazioni nonché di quelli del candidato [#OMISSIS#], ritenendole illogiche e non corrispondenti con la realtà.
Con il quinto motivo il ricorrente ha invece dedotto che il candidato [#OMISSIS#] avrebbe dovuto essere escluso dalla selezione avendo dichiarato il falso circa il possesso dei requisiti di ammissione alla procedura selettiva. In particolare, [#OMISSIS#], secondo il ricorrente, nella propria domanda di ammissione del 10 giugno 2015, ed in particolare nel relativo Allegato B, aveva dichiarato “di avere altresì usufruito per almeno tre anni anche non consecutivi, di assegni di ricerca ai sensi dell’art. 51, comma 6, della Legge 27 dicembre 1997, n. 449 e successive modificazioni…”, venendo tuttavia poi smentito dalle successive verifiche dell’Ateneo che avevano portato inizialmente alla sua esclusione.
Si è costituita l’Università chiedendo la reiezione del gravame in quanto infondato in fatto e in diritto.
Con ordinanza emessa all’esito della camera di consiglio del 18 ottobre 2017 è stata accolta la domanda cautelare.
Tale ordinanza è stata poi riformata in appello dal Consiglio di Stato.
Con memoria depositata il 6 marzo 2018 si è costituito [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], deducendo in via pregiudiziale, l’inammissibilità del ricorso in ragione della radicale inesistenza della notificazione del ricorso straordinario, in quanto trasmesso al controinteressato [#OMISSIS#] a mezzo posta elettronica certificata, direttamente da [#OMISSIS#] senza l’ausilio di un difensore.
Nel merito il controinteressato ha contestato la fondatezza del ricorso chiedendone il rigetto.
In vista dell’udienza di discussione le parti hanno depositato memorie conclusive e di replica.
All’udienza del 18 aprile 2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente, deve ritenersi infondata l’eccezione formulata dal controinteressato di nullità della notifica del ricorso straordinario.
Infatti, il controinteressato ha avuto conoscenza del ricorso straordinario, da cui è scaturito l’odierno giudizio, secondo le forme di [#OMISSIS#], il 14 settembre 2017, quando, pendente ancora il termine per la proposizione del ricorso straordinario, gli è stato notificato l’avviso dell’opposizione proposta dall’Università di Padova.
D’altro canto, il ricorrente – che al momento dell’opposizione era ancora largamente in termini per notificare il ricorso al controinteressato – una volta verificatasi la trasposizione del ricorso presso l’organo giurisdizionale, non avrebbe più potuto notificare il ricorso straordinario, essendo questo ormai superato dall’opposizione, ed essendosi invece instaurato il contraddittorio con il controinteressato, dopo la trasposizione, con la rituale notifica dell’avviso di cui all’art. 10 D.P.R. n. 1199/1971.
Ne consegue che alcuna inesistenza della notifica del ricorso straordinario può ritenersi sussistere nella fattispecie in esame, mentre, eventuali difformità fra le forme della notifica del ricorso e quelle dell’avviso di cui all’art. 10 D.P.R. n. 1199/1971, ove si ritenesse comunque necessaria la prima, devono ritenersi sanate dalla costituzione in giudizio del controinteressato, il quale ha anche preso posizione sul merito del ricorso; e ciò in base al principio della strumentalità delle forme di cui all’art. 156 c.p.c., come anche ritenuto dal Consiglio di Stato, nel presente giudizio, in sede di appello cautelare.
2. Nel merito, il ricorso è in parte fondato.
2.1. In particolare risulta fondato il secondo motivo.
Infatti, anche accedendo alla qualificazione dell’art. 1, comma 10-octies, del d. l. n. 210 del 2015 (nella parte in cui prevede che gli assegni di ricerca, di cui all’articolo 22 della l. n. 240 del 2010, sono equipollenti a quelli erogati ai sensi della previgente disciplina di cui all’articolo 51, comma 6, della l. n. 449 del 1997), come norma avente natura interpretativa e dunque portata retroattiva, come ritenuto dal Consiglio di Stato in sede di appello cautelare, ciò non esclude che, essendo all’epoca dell’entrata in vigore di tale norma, ampiamente scaduti i termini di presentazione delle domande di partecipazione alla procedura selettiva, all’Ateneo fosse assolutamente precluso di rileggere una disposizione del bando in forza di una norma nel frattempo sopravvenuta, al fine di darne un significato diverso da quello inizialmente attribuitole, con l’effetto di riammettere alla procedura l’odierno controinteressato.
Dovendo, semmai, l’Università, riaprire tali termini per la presentazione delle domande in modo da consentire la partecipazione a tutti coloro che fossero in possesso del requisito di ammissione come reinterpretato dalla norma sopravvenuta.
Ne consegue l’illegittimità dell’operato dell’Università che appare volto alla considerazione dell’interesse partecipativo del solo [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] a discapito di tutti i possibili interessati che come quest’ultimo avrebbero potuto essere in possesso solo di assegni di ricerca ex L. 240/2010 ma non di assegni erogati in base alla L. 449/1991 e che, per tale motivo, si sono astenuti dal presentare domanda.
Per cui, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, deve essere disposto l’annullamento dell’intera procedura, in modo che possa trovare soddisfazione l’interesse strumentale del ricorrente alla ripetizione della stessa.
2.2. E’ anche fondato il quinto motivo di ricorso, afferente alla falsa dichiarazione resa dall’odierno controinteressato relativamente al possesso dei requisiti di ammissione alla procedura selettiva (questione chiaramente posta fin dal principio senza che nel prosieguo del giudizio vi sia stata una mutatio libelli, come invece prospettato dalla difesa del controinteressato nella memoria di replica).
Infatti, nella propria domanda di ammissione del 10 giugno 2015, il [#OMISSIS#] aveva dichiarato “di avere altresì usufruito per almeno tre anni anche non consecutivi, di assegni di ricerca ai sensi dell’art. 51, comma 6, della Legge 27 dicembre 1997, n. 449”, specificando, in particolare, nell’allegato B:
– “di aver usufruito di un assegno di ricerca ai sensi dell’art. 51, comma 6 della Legge n. 449/1997 con l’ente UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA a partire da (data inizio assegno di ricerca) 01/01/2009 fino al (data fine assegno di ricerca) 31/12/2010 …”;
– e “di aver usufruito di un assegno di ricerca ai sensi dell’art. 51, comma 6 della Legge n. 449/1997 con l’ente UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA a partire da (data inizio assegno di ricerca) 01/03/2007 fino al (data fine assegno di ricerca) 01/07/2018 …”.
Tuttavia, l’Università, come si ricava dal provvedimento di esclusione del 22 luglio 2015, ha accertato l’inesistenza del secondo assegno di ricerca, e dunque la mancanza del requisito di ammissione costituito dall’aver usufruito di assegni di ricerca ex art. 51 della Legge n. 449/1997 per almeno tre anni anche non consecutivi.
Con la conseguenza che l’Ateneo, avendo constatato una falsità dichiarativa, non poteva riammettere il [#OMISSIS#] alla procedura selettiva, ma doveva necessariamente confermare l’esclusione, trovando questa un’ulteriore ed autonoma ragione giustificativa nella falsità; e ciò in applicazione dell’art. 75 del D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445, che prevede, oltre alla responsabilità penale del dichiarante, la decadenza “dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base di una dichiarazione non veritiera”.
Tenuto conto di tali circostanze di fatto, vi è l’obbligo di trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Padova al fine degli accertamenti di competenza.
3. In ragione della natura radicale dei vizi fin qui riscontrati, si ritiene che possano rimanere assorbite le restanti censure.
4. Deve invece essere invece dichiarata inammissibile la domanda risarcitoria di cui al primo motivo di ricorso, sostanziandosi la stessa nella richiesta di rimborso delle spese legali relative ad un giudizio diverso da quello per cui è causa, peraltro tuttora pendente (R.G. n. 359/2015).
Le restanti istanze risarcitorie, solo genericamente prospettate, devono essere invece respinte non trovando supporto in specifiche allegazioni e documentate prove.
5. Le spese di lite, attesa la peculiarità del ricorso e delle vicende ad esso sottostanti, possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
Respinge le domande risarcitorie.
Spese compensate.
Manda alla Segreteria di trasmettere copia della presente sentenza e degli atti del procedimento alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Padova per gli accertamenti di competenza.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Nicolosi, Presidente
[#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] Fenicia, Primo Referendario, Estensore
 Pubblicato il 03/05/2018