Il giudizio di legittimità non può trasmodare in un rifacimento, ad opera dell’adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa, potendo l’apprezzamento tecnico dell’organo collegiale essere sindacabile soltanto ove risulti macroscopicamente viziato da illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà. Deve, pertanto, ritenersi infondata una censura che miri unicamente a proporre una diversa valutazione delle esperienze didattiche o altri titoli (in particolare l’attività di ricerca, le pubblicazioni e l’attività gestionale, organizzativa e di servizio) atteso che in tal modo verrebbe a giustapporsi alla valutazione di legittimità dell’operato della Commissione una – preclusa – cognizione del merito della questione.
TAR Lazio, Sez. III ter, 25 febbraio 2025, n. 4163
Il giudizio di legittimità non può trasmodare in un rifacimento, ad opera dell'adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione
04163/2025 REG.PROV.COLL.
16844/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 16844 del 2023, proposto da
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avvocati Augusto Sinagra, Lorenzo Minisci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Augusto Sinagra in Roma, viale Gorizia n. 14;
contro
Università degli Studi Roma Tre, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Commissione Giudicatrice Nominata con D.R. 40740-4.05.23-Dip.To Studi Umanistici Univ. Roma Tre, Consiglio di Amministrazione Università degli Studi Roma Tre, Consiglio di Dipartimento di Studi Umanistici Università degli Studi Roma Tre, Giunta di Dipartimento di Studi Umanistici Università degli Studi Roma Tre, non costituiti in giudizio;
nei confronti
OMISSIS, non costituito in giudizio;
per l”annullamento
– del Decreto Rettorale n. 0112790 del 23.11.2023 della Università degli Studi Roma Tre di approvazione degli atti della Commissione giudicatrice costituita per la rinnovazione della procedura pubblica di selezione per la copertura di un posto di ricercatore universitario a tempo determinato, ai sensi dell”art.24, c. 3, lettera a), della legge 240/2010, presso il Dipartimento di Studi Umanistici, Settore concorsuale 10/A1, S.S.D. L-ANT/10 (procedura originariamente indetta con D.R. n. 1066/2020 del 15/07/2020, il cui avviso è stato pubblicato sulla G.U. – IV Serie Speciale – n. 58 del 28/07/2020);
– del Decreto Rettorale di nomina della Commissione giudicatrice i cui componenti non risultano corrispondere ai requisiti previsti dall’art. 6, primo comma, del Bando di concorso.
– di tutti gli atti posti in essere dalla Commissione giudicatrice ivi compresa la relazione finale di data 23 ottobre 2023.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Università degli Studi Roma Tre;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 gennaio 2025 il dott. OMISSIS e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La ricostruzione fattuale sottesa all’odierno ricorso richiede una breve introduzione degli antefatti processuali che hanno condotto all’impugnazione del provvedimento oggi gravato.
Con Bando del Rettore dell’Università degli Studi Roma Tre, Dipartimento di Studi Umanistici, n. 1066 del 15.07.2020, si dava avvio a una procedura concorsuale per la copertura di un posto di Ricercatore a tempo determinato di tipo A, nel Settore concorsuale 10/A1, SSD L-Ant/10, di cui all’art. 24, comma 3, lett. a, della legge di riforma generale del sistema universitario n. 240 del 30.12.2010.
In detta procedura partecipava anche l’odierna ricorrente assieme ad altri candidati.
All’esito della procedura veniva dichiarata vincitrice la dott.ssa OMISSIS.
Gli atti della detta procedura concorsuale venivano impugnati dalla ricorrente con ricorso R.G. n. 2225/2021 innanzi a codesto Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, il quale con sentenza pubblicata il 27 giugno 2022 lo respingeva.
A seguito del giudizio di appello il Consiglio di Stato accoglieva la doglianza formulata in ordine alla composizione della Commissione di esame (con assorbimento degli altri motivi) e annullava il provvedimento adottato dall’Università, disponendo che essa dovesse essere interamente rifatta, con gli stessi candidati originariamente partecipanti e con la nomina di una Commissione giudicatrice interamente diversa nella sua composizione.
Nominata la nuova Commissione si ripeteva la procedura di selezione, nella quale risultava nuovamente vincitrice la candidata OMISSIS.
La candidata esclusa con apposito ricorso impugnava gli atti indicati in epigrafe con un unico motivo variamente articolato e così riassumibile:
VIOLAZIONE DELLA LEGGE 30.12.2010 N. 240. VIOLAZIONE DI OGNI DISPOSIZIONE DI LEGGE RELATIVA ALLA CESSAZIONE DAL RAPPORTO DI IMPIEGO PUBBLICO O PRIVATIZZATO (COME NELLA FATTISPECIE) ED ESCLUSIONE DI OGNI POSSIBILITÀ DI “RICHIAMATA” IN SERVIZIO DEL “DIPENDENTE” CHE VOLONTARIAMENTE AVEVA RINUNCIATO AL RAPPORTO LAVORATIVO. ECCESSO DI POTERE SOTTO TUTTI I SUOI ASPETTI SINTOMATICI E SEGNATAMENTE PER RADICALE MANCANZA DI MOTIVAZIONE, SVIAMENTO DEL POTERE, FALSITÀ DEI PRESUPPOSTI, ESERCIZIO FAVORITISTICO DEL POTERE, ILLOGICITÀ E MANIFESTA INGIUSTIZIA. COME ANCHE VIOLAZIONE DI OGNI NORMA DI LEGGE E DI BANDO RELATIVA ALLA VALUTAZIONE DEI CANDIDATI. VIOLAZIONE DELL’ART. 97 DELLA COSTITUZIONE. PER L’ANNULLAMENTO, ALTRESÌ, DELLE TABELLE DI ATTRIBUZIONE DEI PUNTEGGI NUMERICI ALLEGATE AL VERBALE N. 2 DELLA COMMISSIONE GIUDICATRICE. 6 VIOLAZIONE DELL’ART. 4 DEL REGOLAMENTO DI ATENEO IN MATERIA DI RECLUTAMENTO DEL PERSONALE, sostenendo che:
a) la controinteressata, OMISSIS, non avrebbe dovuto (e potuto) partecipare alla ripetizione della procedura avendo la stessa già ricoperto, in forza del precedente concorso annullato, il ruolo di ricercatrice universitaria a tempo determinato di tipo A, ancorché cessata dal servizio;
b) la Commissione del concorso non avrebbe adottato indici nazionali di valutazione validi anche per i settori non bibliometrici come quelli della VQR e della ASN che se fossero stati applicati, la ricorrente avrebbe conseguito un punteggio radicalmente maggiore rispetto al punteggio attribuito alla controinteressata;
c) la stessa Commissione avrebbe omesso la valutazione comparativa, con riguardo al curriculumdi ogni candidato e alla coerenza con lo svolgimento delle previste attività di ricerca, nonché del motivato giudizio analitico;
d) sarebbe stato oscuro il metodo di attribuzione dei punteggi dei titoli in quanto “la Commissione non avrebbe esplicitato il rapporto tra il punteggio numerico -nella sua attribuzione tra minimo e massimo- e il giudizio correlato alla singola voce cui è riferito” in modo tale da non consentire la ricostruzione dell’iterlogico seguito dalla Commissione giudicatrice;
e) non sarebbe stato applicato il metodo comparativo come imposto dal bando della selezione;
f) sarebbe mancata la verbalizzazione della prova finale di discussione in seduta pubblica dei titoli e delle pubblicazioni della controinteressata OMISSIS e della ricorrente OMISSIS in ordine alle quali non emergerebbe l’attribuzione di alcun punteggio.
Il 12.01.2024, il Ministero resistente si costituiva in giudizio con atto di stile e il 12.12.2024 depositava memoria oltre a documentazione riferibile alla procedura concorsuale.
All’udienza camerale del 31.01.2024, codesto Tar adito respingeva la domanda cautelare.
La ricorrente depositava memoria ai sensi dell’art. 73 c.p.a. con la quale replicava alle argomentazioni del Ministero resistente e insisteva con l’accoglimento del ricorso.
All’udienza pubblica del 15.01.2025 il ricorso veniva spedito in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Non è fondata la doglianza suba) secondo la quale la controinteressata non avrebbe potuto partecipare alla riedizione della medesima procedura selettiva come previsto dalla pronuncia n. 2408/23 del Consiglio di Stato che ha annullato gli atti della prima gara e disposto la rinnovazione della procedura a partire dalla nomina di una nuova Commissione di concorso. In particolare, la ricorrente sostiene che l’odierna controinteressata non avrebbe potuto prendere parte alla seconda edizione del concorso in ragione della rinuncia che la stessa avrebbe manifestato alla prosecuzione del contratto che ella aveva stipulato in forza della precedente (e poi annullata) procedura di gara, rinunciando così non solo alla prosecuzione del rapporto instaurato con l’Ateneo ma, a monte, agli esiti favorevoli della prima procedura e, in definitiva, a partecipare agli ulteriori sviluppi della stessa.
In realtà, come rilevato dalla parte resistente, il Direttore del Personale con un primo Decreto (prot. n.73921 del 21.07.2022) ha ripristinato gli effetti del contratto, in esecuzione della sentenza del TAR Lazio n.8727/2022, che aveva respinto nel merito il ricorso proposto dalla odierna ricorrente avverso gli atti della prima edizione della procedura concorsuale; con un secondo Decreto (prot n. 127565 del14.11.2022) ha disposto la sospensione del contratto di lavoro a far data dal 15.11.2022, in esecuzione dell’ordinanza cautelare n. 5201/2022 del Consiglio di Stato; infine, con un terzo e ultimo Decreto (prot. n. 23747 del 14.02.2023) l’Ateneo ha disposto la cessazione del rapporto di lavoro subordinato della dott.ssa OMISSIS in esecuzione del giudicato amministrativo.
In disparte (e a prescindere da)gli atti ora richiamati, non può essere esclusa dalla riedizione della procedura la vincitrice della precedente gara sulla base della clausola (escludente) contenuta nel bando “per essere stata già assunta a tempo indeterminato […] come ricercat[rice], ancorché cessat(a) dal servizio”, in quanto la OMISSIS veniva (evidentemente) assunta proprio perché vincitrice della procedura poi definitivamente annullata. Una diversa soluzione contrasterebbe, a ben vedere, con il principio di non contraddizione del sistema nonché con l’efficacia demolitoria (della precedente procedura di gara) e conformativa del giudicato amministrativo espresso nella pronuncia del Consiglio di Stato, perché si ricaverebbe l’ipotesi ostativa alla partecipazione della controinteressata alla riedizione della procedura per aver la stessa prestato servizio (“ancorché cessato”) proprio in virtù della procedura selettiva ormai annullata.
Non è fondato il profilo di illegittimità subb) secondo il quale la Commissione non avrebbe utilizzato indici nazionali di valutazione validi anche per i settori non bibliometrici come quelli della VQR e della ASN.
La contestazione dell’illegittimità dei giudizi adottati dalla Commissione avrebbe dovuto essere illustrata attraverso indici di inattendibilità dei criteri ovvero tramite prova di un non corretto accertamento dei fatti. Invero, il ricorrente propone nuovi criteri, frutto di un processo di elaborazione soggettiva, alla luce dei quali valutare i fatti.
In materia di discrezionalità tecnica, il giudice amministrativo può accertare il fatto e verificare l’attendibilità del criterio, ma non può procedere a valutare il fatto accertato utilizzando un nuovo parametro – quello proposto dal ricorrente -, facendo derivare da tale valutazione l’esito del controllo dell’attendibilità del criterio oggetto di critica.
Il giudizio di non attendibilità del criterio e la conclusione della sua illegittimità non può derivare dal giudizio del merito scientifico attraverso i nuovi parametri proposti dal ricorrente, poiché ciò comporterebbe un inammissibile sindacato sostitutivo sulla sfera di discrezionalità tecnica riservata alla Commissione e, pertanto, non consentita in questa sede.
Secondo la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato sullo scrutinio delle valutazioni espresse da una Commissione scientifica (sez. VI, 7501/2022), il giudizio di legittimità non può trasmodare in un rifacimento, ad opera dell’adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa, potendo l’apprezzamento tecnico dell’organo collegiale essere sindacabile soltanto ove risulti macroscopicamente viziato da illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà. Deve, pertanto, ritenersi infondata una censura che miri unicamente a proporre una diversa valutazione delle esperienze didattiche o altri titoli (in particolare l’attività di ricerca, le pubblicazioni e l’attività gestionale, organizzativa e di servizio) atteso che in tal modo verrebbe a giustapporsi alla valutazione di legittimità dell’operato della Commissione una – preclusa – cognizione del merito della questione (cfr., in argomento e tra le tante, Cons. Stato, Sez. VI, 25 novembre 2021 n. 7899 e 8 settembre 2020 n. 5412).
L’asserita irragionevolezza e arbitrarietà dei criteri utilizzati dalla Commissione avrebbe dovuto essere dimostrata non attraverso la mediazione di una valutazione tecnico-discrezionale e, quindi, opinabile dei fatti, ma sulla base di dati oggettivi, quali il contrasto di essi con il bando di concorso o con la normazione primaria. Come chiarito dalla difesa della resistente, la Commissione in forza della discrezionalità tecnica che contraddistingue il suo potere di selezione ha deciso di adottare, secondo una scelta scevra da irragionevolezza o illogicità, “un sistema di valutazione “tradizionale” perché più obiettivo, più imparziale e trasparente e, soprattutto, in grado di consentire la valutazione analitica dei temi affrontati nei singoli contributi, cogliendo così le novità scientifiche raggiunte dal candidato, il contributo dato dal singolo prodotto nel contesto della comunità scientifica internazionale”, specificando che “nel settore scientifico disciplinare relativo alla procedura in oggetto non esistono indici statistici affidabili o affermati (numero delle citazioni, numero medio di citazioni per pubblicazione, impact factor totale e medio, indice di Hirsh o simili, etc.)”.
Anche i profili di illegittimità subc), d) ed e) sono infondati e possono essere trattati congiuntamente vista la loro sostanziale connessione.
Al riguardo giova premettere che la procedura selettiva esaminata, finalizzata all’individuazione di un candidato con il quale stipulare un contratto di lavoro di durata triennale per un posto di ricercatore universitario, è disciplinata dall’art. 24, comma 3, della Legge 30 dicembre 2010, n. 240.
L’articolo 24, comma 2, nel disporre che i destinatari dei contratti in questione debbano essere individuati mediante selezioni pubbliche disciplinate dai regolamenti universitari, introduce specifici criteri direttivi, includenti la definizione dell’impianto della procedura, articolata – per quanto concerne la valutazione selettiva in senso proprio – in una duplice fase: i) la valutazione preliminare dei candidati secondo parametri predeterminati, finalizzata all’ammissione dei candidati comparativamente meritevoli alla discussione pubblica con la commissione dei titoli e della produzione scientifica; ii) la discussione pubblica dei titoli e della produzione scientifica, conducente all’attribuzione di un punteggio ai titoli e alle pubblicazioni presentate dai candidati ammessi alla discussione, con contestuale prova orale finalizzata all’accertamento dell’adeguata conoscenza di una lingua straniera (al riguardo, cfr. articolo 24, comma 2, lettera c, L. n. 240/2010).
Da questa descrizione si evince che le due fasi sono ineludibilmente connesse ma, mentre la prima è finalizzata a selezionare i candidati per la prova orale, la seconda ha lo scopo di scegliere il candidato vincitore della procedura.
Nella fase preliminare della valutazione come disposto dal verbale n. 1 del 26.06.2023, la commissione giudicatrice ha indicato una dettagliata griglia di elementi di valutazione (tra cui: a) originalità, innovatività, rigore metodologico e rilevanza di ciascuna pubblicazione scientifica; b) congruenza di ciascuna pubblicazione con il settore scientifico-disciplinare per il quale è bandita la procedura, ovvero con tematiche interdisciplinari ad esso correlate; c) rilevanza scientifica della collocazione editoriale di ciascuna pubblicazione e sua diffusione all’interno della comunità scientifica; d) determinazione analitica, anche sulla base di criteri riconosciuti nella comunità scientifica di riferimento, dell’apporto individuale del candidato nel caso di partecipazione del medesimo a lavori in collaborazione) a cui ha attribuito un punteggio numerico.
Sono noti i principi affermati dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato in materia di voto numerico, istituto utilizzato dall’Amministrazione nella procedura valutativa per cui è controversia (cfr., ex multis, Cons. stato, IV, 1-8-2018, n. 4745; III, 29-1-2021, n. 864; A.P., n. 7/2017). In particolare, il voto numerico – in mancanza di una contraria disposizione – esprime e sintetizza il giudizio tecnico-discrezionale della commissione stessa. Esso, infatti, contiene in sé stesso la motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni, quale principio di economicità amministrativa di valutazione. Assicura, inoltre, la necessaria chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute dalla commissione nell’ambito del punteggio disponibile e del potere amministrativo da essa esercitato nonché la significatività delle espressioni numeriche del voto sotto il profilo motivazionale in relazione alla prefissazione, da parte della stessa commissione, di criteri di massima che soprassiedono all’attribuzione del voto, da cui desumere con evidenza la graduazione e l’omogeneità delle valutazioni effettuate mediante l’espressione della cifra del voto. Sicché risulterà scarsamente indicativo o insufficiente ad assolvere l’obbligo motivazionale nel caso in cui lo stesso non sia stato preceduto dalla fissazione di criteri di massima e parametri cui raccordare il punteggio assegnato, ipotesi, quest’ultima, non integrata nel caso di specie, in cui ad ogni pubblicazione (valutabile) è stato attribuito un voto numerico rispondente alla griglia dei criteri (pre)determinati dalla Commissione.
Anche la dedotta assenza di giudizio comparativo finale dei candidati non appare fondata.
Giova sottolineare che alla fase della discussione orale si sono presentate (rispetto ai sei candidati ammessi) unicamente le odierne ricorrente e controinteressata. La presenza di soli due candidati nella fase “finale” ben può sollevare la Commissione da un’analitica analisi comparativa dei due profili che può viceversa emergere dalla valutazione complessiva delle candidate anche avuto riguardo allo specifico titolo del progetto di ricerca cui entrambe ambivano ad accedere.
Nello specifico, la motivazione riportata nell’ambito della valutazione finale a fondamento della ritenuta prevalenza della controinteressata reca l’espressa valorizzazione “del percorso formativo molto articolato e di alto livello, nell’ambito del quale ha potuto sviluppare conoscenze e competenze importanti, che sono in buona parte coerenti con l’assetto disciplinare del SSD LANT/10 (Metodologie della ricerca archeologica) e con le tematiche esplicitate nella premessa del bando di concorso che ha dato vita alla presente procedura concorsuale” stabilendo, infine, che “le continue esperienze, la produzione scientifica e l’ottimo livello raggiunto dalle ricerche della candidata ne fanno una studiosa seria e matura in ambiti pienamente coerenti con il profilo richiesto dal bando in oggetto e con l’assetto disciplinare del SSD L-ANT/10 (Metodologie della ricerca archeologica)”
Infine, dagli atti della procedura selettiva risulta che il giudizio finale di prevalenza accordato alla controinteressata trova fondamento non solo nel maggior punteggio attribuito ai titoli professionali (14 punti per la controinteressata e 12 per la ricorrente ma anche, e soprattutto, nel punteggio assegnato alle pubblicazioni presentate (36,2 punti per la controinteressata, 29,9 per la ricorrente) – a parità di punteggio assegnato ai titoli accademici (25 punti) – (cfr. verbale n. 3) in sede di valutazione successiva alla discussione pubblica, condotta alla luce dei criteri predeterminati dalla Commissione medesima (indicati nell’ambito del verbale n. 1, del 26.06.2023) recanti altresì il riferimento – per un profilo di valutazione concernente le pubblicazioni (sul punto non oggetto di censura in ricorso) – anche la “congruenza con il settore concorsuale e con le tematiche del bando”.
I giudizi comparativi sui titoli e sui successivi colloqui risultano, pertanto, congruamente motivati oltre che alla luce dei parametri predefiniti dalla Commissione anche sulla base degli elementi oggettivi che distinguono i candidati.
Il profilo dedotto subf), concernente la mancata la verbalizzazione della prova finale di discussione in seduta pubblica dei titoli e delle pubblicazioni, non è suscettibile di determinare l’illegittimità della procedura.
In primo luogo in sede di concorso pubblico, deve escludersi che le commissioni esaminatrici siano tenute a procedere alla verbalizzazione delle singole domande rivolte ai candidati in sede di prova orale e delle relative risposte, non esistendo alcuna norma o principio logico – giuridico positivi che impongano un siffatto obbligo.
In secondo luogo non è necessario procedere alla verbalizzazione, in sede di pubblico concorso, del voto espresso da ciascun componente la commissione alla prova orale di ogni singolo candidato, poiché la votazione raggiunta è espressione della volontà collegiale, la cui unanimità è presunta dal momento in cui non vi sia qualcuno dei membri la commissione giudicatrice che abbia manifestato un parere diverso, ne è diretta conseguenza che non è necessario procedere alla annotazione del voto espresso da ogni singolo membro del collegio.
In definitiva la mancata verbalizzazione della prova orale non può minimamente incidere sulla legittimità degli esiti della gara pubblica.
Il profilo della composizione della nuova Commissione seppur sia stato oggetto di “recriminazione” all’interno del ricorso non può essere considerato uno specifico motivo di illegittimità come espressamente precisato dal ricorrente “Seppur non integrante uno specifico vizio degli atti posti in essere dalla nuova Commissione giudicatrice”.
Conclusivamente, il ricorso avente unico e generale motivo di doglianza, benché articolato sotto diversi profili specifici, deve essere rigettato.
Sussistono giusti motivi, in ragione della peculiarità della complessiva fattispecie esaminata, per disporre la compensazione integrale tra le parti in causa delle spese relative al presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2025 con l’intervento dei magistrati:
OMISSIS, Presidente FF
OMISSIS, Referendario
OMISSIS, Estensore
Pubblicato il 25 febbraio 2025